di Stefania Buono

I tifosi della Nazionale: «Né Juve, né Milan, noi gridiamo solo
Ve li ricordate i migliaia di colorati e allegri irlandesi e scozzesi che invasero Bari qualche anno fa? Erano venuti in massa nel capoluogo pugliese per tifare la loro nazionale, impegnata contro l’Italia allo stadio San Nicola. Arrivavano dalle più disparate città e tra di loro c’erano fan sfegatati del Celtic e dei Rangers, del Cork e dei Rovers: antiche squadre rivali appartenenti ai campionati scozzesi e irlandesi. Eppure a Bari erano tutti uniti sotto un unico colore: quello verde e dell’Eire e quello bianco e blu della Scozia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un qualcosa che in Italia appare impossibile. Da noi si è prima tifosi della Juventus, del Milan, dell’Inter e dopo, ma molto dopo, fan degli Azzurri. Della Nazionale ci si ricorda solo agli Europei e ai Mondiali: poi per il resto dell’anno si ritorna a seguire e parlare solo ed esclusivamente di campionato e Champions league. Un vero peccato, visto che non c’è nulla che unisca un popolo come una stessa bandiera, un inno e dei colori comuni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci sono però degli italiani “diversi”: persone che seguono sì il calcio, ma che a una trasferta della squadra della propria città preferiscono quella degli Azzurri, magari impegnati in una partita ai confini dell’Europa, come in Norvegia o Azerbaijan. Sono in pochi, qualche centinaia di fedelissimi, ma esistono e sono presenze stabili nelle curve degli stadi di mezzo mondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra di loro c’è il 47enne Antonio Scarangella, presidente del Coordinamento sostenitori azzurri di Casarano, in provincia di Lecce. Un gruppo in realtà balzato agli “onori” della cronaca per via di un saluto fascista effettuato durante Israele-Italia, match disputatosi lo scorso 5 settembre ad Haifa. Un gesto da cui però i tifosi pugliesi hanno preso le distanze, attribuendolo a giovani non facenti parte del loro coordinamento ma che si trovavano in quel momento vicino al loro striscione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per dovere abbiamo riportato l’episodio, anche se oggi non vogliamo parlare di questo, ma solo raccontare la storia di chi gira il mondo per gridare “Forza Azzurri”.  

«Tutto è iniziato nel 1994 – racconta Antonio -. Si decise di organizzare una sorta di lotteria per permettere a tre compaesani di assistere ai Mondiali negli Stati Uniti per tutta la loro durata. Da allora si è creato un spirito azzurro nel nostro Paese e c’è chi ha voluto imitare i tre fortunati cominciando a seguire l’Italia durante le sue partite. Negli anni si sono susseguite una sessantina di persone e oggi siamo una decina a portare il tricolore con su scritto “Casarano” in giro per il mondo». (Nella foto)
 
Antonio non fa parte del gruppo di ultras della squadra del suo paese, anche se ci spiega che la situazione è molto variegata. «Nel resto dell’Italia ci sono anche ultrà della propria città che però riescono a lasciare nel loro cuore uno spazio per gli Azzurri – sottolinea Scarangella -. Come spesso ci si ritrova a condividere un’esperienza con famiglie e amici che si organizzano per conto loro godendosi la partita in maniera indipendente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Insomma nel Belpaese non c’è un gruppo “ufficiale” che segue la Nazionale, ma varie realtà che poi si ritrovano tutte in curva a tifare bianco, rosso e verde. E spesso nascono amicizie e “gemellaggi”: nel caso di Casarano si è sviluppato un rapporto più stretto con i sostenitori di Angri, in provincia di Salerno. «Anche se a dirla tutta è quasi impossibile ritrovare sempre le stesse persone sugli spalti – ammette Antonio -. Del resto anche noi non ci muoviamo sempre tutti assieme. Nell’ultima trasferta in Israele ad esempio solo un casaranese è potuto partire: era piuttosto proibitiva come meta sia per lontananza sia per motivi di sicurezza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Spesso però seguire la Nazionale si rivela essere una “scusa” per poter visitare Paesi mai visti prima.  «Sì – conferma il tifoso azzurro - la trasferta è anche un’occasione per poter viaggiare e confrontarsi con realtà completamente diverse. In questo senso il luogo che mi ha colpito maggiormente è stato il Giappone, con le sue tradizioni così particolari. Ma mi hanno anche sorpreso metropoli ultra sviluppate come Johannesburg e Durban, cosa che non ti aspetteresti di trovare in Sudafrica».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

C’è poi una cosa che differenzia i tifosi azzurri da quelli delle squadre di club: l’assenza di rivalità con le tifoserie avversarie. «Anzi, è bellissimo conoscere i fan di altre nazionali – conferma Scarangella -. Alcuni ti impressionano per il loro calore, come i colombiani, i brasiliani e i sudafricani. Certo, c’è chi anche ti spaventa  per il suo eccessivo nazionalismo, come nel caso dei gruppi organizzati dell’ex Jugoslavia. Vi racconto un aneddoto: nel 2004 ero al Marakana di Belgrado in tribuna centrale con alcuni tifosi italiani residenti lì. A causa di presunto rigore non assegnato, un tifoso serbo seduto vicino a noi, tra l’altro giornalista, gettò l’unico striscione con su scritto “Forza Azzurri” giù verso il campo. Fu davvero spiacevole».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
Ma a volte il nazionalismo non è una cosa negativa: in Paesi come l’Islanda, la Scozia o la Svezia ci si ritrova in massa allo stadio per tifare insieme la propria rappresentativa. «La nostra curva è davvero triste se confrontata con quelle di altre parti del mondo –commenta amaro Antonio -. Spesso mi ritrovo accanto persone che indossano maglia e sciarpa della propria squadra di club, che con la Nazionale, in quel momento, non dovrebbero centrare nulla. In Italia purtroppo siamo ancora ancora troppo divisi per riuscire veramente e sinceramente a unirci sotto l’unico colore che ci dovrebbe rappresentare tutti: il bellissimo azzurro».


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