Le ''cazzavun'': le piccole lumache che i baresi non raccolgono più
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venerdì 4 luglio 2014
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di Alessandra Anaclerio
Ogni nonno che si rispetti è andato almeno una volta nella sua vita nei campi a raccogliere (magari dopo un acquazzone) questo tipo di chiocciole dal guscio bianco con delle strisce marroni, che in italiano vengono chiamate “rigatelle”. Che seppur non prelibate quanto le francesi escargot o le salentine “municeddhe” , hanno sempre fatto la loro bella figura sulle tavole di Bari e provincia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Solo che ora i tempi sono cambiati, il cemento ha preso sempre più il posto delle campagne ed è difficile trovare ragazzi che per passione vadano in cerca di lumache. In più si aggiunga che non esistono in Puglia allevamenti di chiocciole di questo genere, visto che il loro prezzo è basso e per arrivare a un chilogrammo di peso occorre raccoglierne in quantità industriale: all’incirca 250, visto che si tratta di animaletti molto piccoli e leggeri. Risultato: riuscire a mangiare un piatto di “cazzavun” risulta sempre più difficile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo girato per parecchi negozietti alimentari del barese e solo dopo una lunga ricerca abbiamo trovato chi ha le rigatelle (vedi foto galleria). «Le vendo a 5 euro al chilo – ci dice Nicola, fruttivendolo di Modugno -, che ci mostra un intero bustone pieno di piccole lumache. Qui però non se ne trovano più: io le vado a prendere sulla Murgia. Sei persone vanno in spedizione e tornano dopo due giorni con 100-120 chili di lumache. Insomma è un lavoraccio, ma i miei clienti apprezzano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quindi chi ama questo tipo di piatto non ha altra possibilità che trovare qualcuno che abbia la “pazienza” di venderle, oppure andare negli ipermercati, dove le chiocciole ci sono, «ma provengono dalla Grecia o dal Marocco», come conferma Leonardo Dicorato, presidente dell'Istituto nazionale di elicicoltura presente a Barletta. Oppure chiedere a qualcuno di andare a coglierle in campagna dopo la pioggia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Se potessi lo fare io – dice la 68enne barese Tonia – ma purtroppo non ho più l’età. Per la prima volta ho raccolto le lumache con mio padre: noi vivevamo in campagna a Mola e lì, dopo la pioggia, le “cazzavun” uscivano come funghi. Mi divertivo a metterle nel secchio e, ancor più, nel vederle mentre provavano a scalare le pareti del recipiente per scappare, ma papà le copriva sempre con un coperchio bucherellato. Poi, quando arrivavamo a casa, davamo inizio al loro "spurgo"».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con il termine "spurgare" si indica la fase in cui le lumache vengono lasciate in un secchio (senza cibo) per qualche giorno per espellere gli escrementi. Solo dopo questa operazione le rigatelle sono pronte per essere cucinate. Come? Molto semplicemente: bollite con un po’ di prezzemolo e aglio. «Ricordo ancora il loro sapore – afferma con nostalgia Tonia - erano veramente fenomenali».
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Scritto da
Alessandra Anaclerio
Alessandra Anaclerio