I millenari e solitari dolmen baresi: un pezzo di Storia abbandonato in campagna
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venerdì 26 febbraio 2016
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di Mina Barcone
A differenza dei menhir, i dolmen possiedono una struttura più complessa poiché composti da lastre di pietra conficcate nel terreno verticalmente e sormontate da un’altra lastra orizzontale che funge da copertura. Vengono chiamati anche “tombe a galleria” poiché formati da un corridoio che porta alla cella centrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In Puglia questo tipo di costruzione è presente soprattutto in Salento, ma tra la provincia di Bari e Bat, se ne trovano alcuni (5 per la precisione), di grande importanza e grandezza. Risalgono tutti alla media età del bronzo (1800/1400 a.C) e sono situati nelle campagne tra Giovinazzo, Bisceglie e Corato a pochi chilometri di distanza tra di loro, nei pressi di lame e grotte naturali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un patrimonio storico e culturale inestimabile, che purtroppo giace abbandonato nel silenzio delle campagne. Non siamo a conoscenza di percorsi e iniziative turistiche messe in atto per valorizzarli, alcuni non sono accessibili, altri seppur recintati sono facilmente raggiungibili dai vandali e trovarli non è affatto semplice. Noi ci siamo avvalsi di google maps per riuscire a scovarli e della pubblicazione “Dolmen e menhir di Puglia” di Paolo Malagrinò, datata 1978. Tra l’altro il libro parlava anche di un certo dolmen di Albarosa situato lungo la Bisceglie-Ruvo, che non siamo però riusciti a rintracciare.
Abbiamo però visitato e fotografato gli altri quattro dolmen presenti nel nord barese e questo è il nostro racconto. (Vedi anche foto in galleria)
Iniziamo il nostro viaggio partendo da Bari e percorrendo la statale 16 in direzione nord. Prendiamo l'uscita Giovinazzo/Terlizzi e proseguiamo sulla strada provinciale 107 per circa 5 km, fin quando sulla nostra destra appare un cancello verde. Qui è posto un cartello che recita: “area archeologica di San Silvestro II millennio a.C.”. Purtroppo il cancello è chiuso: alla zona si può accedere solo dopo averne fatto richiesta al Comune di Giovinazzo, che permette l’entrata a gruppi di scolaresche o di studiosi. Non ci resta che trovare un varco per entrare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggetto della nostra attenzione è il dolmen di san Silvestro, scoperto nel 1961. In realtà le strutture sono due, poste una di fronte all’altra. Probabilmente in origine si trattava di un unico ambiente che andò parzialmente distrutto al momento del rinvenimento. I “due” dolmen appaiono ora nella struttura classica con due lastre di roccia verticali più una terza posta orizzontalmente che funge da copertura. Il primo troncone è lungo 6 metri, il secondo 7,5 metri ed è separato al centro da lastre più piccole. Le strutture sono affiancate da ciò che resta di una specchia, realizzata con la sovrapposizione a secco di lastre calcaree.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nell’area molto curata, con un prato verde, alberi di ulivo e querce, è presente anche un pagliaro, una costruzione molto simile ai trulli utilizzata in passato per porre gli attrezzi dei contadini. Peccato che al suo interno siano presenti numerosi rifiuti. Il luogo emana comunque un senso di pace e tranquillità. Un vero peccato che sia quasi sempre chiuso al pubblico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ritorniamo indietro per andare alla ricerca del secondo dolmen. Per farlo riprendiamo la statale 16 in direzione nord e prendiamo l’uscita Bisceglie/Corato. Imbocchiamo la strada provinciale 86 in direzione Ruvo e dopo circa quattro chilometri sulla sinistra troviamo la prima indicazione per il dolmen la Chianca, il più importante della zona e forse della Puglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Percorriamo una stretta strada rurale che dopo un paio di chilometri e numerose deviazioni ci porta in uno spiazzo che somiglia a un parcheggio. Lasciamo l’auto e procediamo a piedi. Un muretto a secco delimita l’area, che è “chiusa” da un cancelletto, accanto al quale vi è però un piccolo varco dal quale è possibile accedere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il cartello posto all'entrata spiega che il megalite fu scoperto nel 1909 e durante gli scavi furono rinvenute ossa di animali in parte bruciate (probabilmente resti di banchetti funebri), frammenti di ceramica e ossa umane. Il dolmen è circondato da muretti a secco che formano una “recinzione” semicircolare dal quale affiorano erbetta e fiorellini gialli di campagna.
Alte pietre poste sul terreno formano un corridoio lungo 8 metri che ci introduce alla cella sepolcrale, composta da tre grandi lastroni verticali su cui poggia il lastrone di copertura. Il dolmen appare quindi chiuso da un lato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il megalite, considerato uno dei più antichi d'Italia e tra i più interessanti d’Europa per dimensioni, bellezza delle linee e ottimo stato di conservazione, prende il proprio nome dalla località che lo ospita: la “Chianca”, che in barese vuol dire “lastra di pietra”. Nel 2010 il sito è stato dichiarato dall’Unesco “Patrimonio testimone di una cultura di pace per l’umanità”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insomma siamo davanti a un grande esempio di storia della Puglia, eppure attorno a noi non c’è nessuno ad ammirarlo. La presenza dell’uomo è segnalata solo da nomi e frasi d’amore incise all’interno delle pareti del dolmen: chissà quanti millenni dovranno passare per far capire agli italiani il valore e il rispetto della cultura.
Torniamo indietro, riprendiamo l’auto e ripercorriamo la stretta via di campagna al contrario. Dopo un paio di chilometri svoltiamo a destra in contrada Lama D'Aglio e seguendo l'indicazione posta all'incrocio arriviamo al dolmen dei Frisari, scoperto nel 1909, che si trova qualche metro più avanti sulla destra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui i cartelli sono vecchi e sbiaditi e non facilmente leggibili. A differenza di quelle visitate prima, questa zona archeologica non sembra essere molto curata. Il dolmen è protetto da una recinzione in plastica e alluminio alquanto fatiscente, circondata da erba alta. Anche qui c’è un cancello a cui manca però una parte: è facile quindi entrare per avvicinarsi al sito. Il dolmen in questione non è messo benissimo: ci sono solo i resti di ciò che dovevano essere le lastre laterali che affiorano dal terreno inghiottite da erbacce e arbusti. Manca la lastra di copertura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta quindi che metterci alla ricerca del quarto e ultimo megalite: il dolmen dei Paladini, che si trova a qualche chilometro di distanza in territorio di Corato, al confine con Bisceglie. Torniamo sulla provinciale 86, per poi prendere la 85 per Corato. Ci dirigiamo verso lama Santa Croce, in contrada Colonnelle. Almeno così ci dice il navigatore, visto che sulla strada non sono presenti cartelli indicativi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giriamo a un certo punto a destra, ma lasciamo l’auto in un campo, visto che davanti a noi si apre più che una strada un sentiero. Lo percorriamo per circa un chilometro, quando finalmente un cartello ci indica il dolmen, scoperto nel 1919. Il sito è sulla nostra destra. L’area è recintata ma girando attorno troviamo il solito varco che ci permette di avvicinarci al dolmen.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il megalite è di modeste dimensioni e si trova accanto a un piccolo albero di ulivo, immerso nell’erba incolta e circondato da un muretto a secco. La cella sepolcrale è comunque integra e composta come al solito da tre lastre verticali e una orizzontale. Difficile risalire alla sua storia, visto che il cartello che lo identifica non accenna a nulla, se non a informazioni generali sui dolmen. Non ci resta che lasciare il megalite e terminare qui il nostro viaggio nella solitaria, abbandonata ma affascinante “Puglia millenaria”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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