di Giancarlo Liuzzi

La storia di Melo e del figlio Argiro: mille anni fa si rivoltarono contro il potere bizantino a Bari
BARI – Due baresi leggendari che nella loro avventurosa vita ricoprirono importanti ruoli politici e militari, guidando interi eserciti nelle principali battaglie avvenute in Puglia durante l’XI secolo. Loro sono il capitano Melo e suo figlio Argiro: figure note in città perché danno il nome a due delle più frequentate vie del quartiere Murat, ma la cui storia rimane sconosciuta ai più. Abbiamo quindi deciso di ripercorrere la vita di questi illustri (e dimenticati) condottieri. (Vedi foto galleria)

Melo da Bari – Melo nacque a Bari intorno al 970. Era di probabili origini longobarde, anche se c’è chi suppone potesse essere armeno (con il nome derivante dal termine Mleh) o persino arabo. Il suo nome è infatti più volte riportato come Ysmahel o anche Ismaheli e viene spesso descritto con indosso una tunica e un copricapo intrecciato, simile a un turbante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Crebbe nel periodo in cui Bari, sotto il dominio bizantino dall’876, era sede del catepanato d’Italia: il maggior centro politico, militare e commerciale italiano dell'Impero romano d'oriente. Nel primo decennio dell'XI secolo la città, ancora sconvolta dal duro assedio del 1002 da parte dei saraceni, si trovava in un clima di forte insofferenza popolare dovuta sia all’eccessiva pressione fiscale sia, soprattutto, a una voglia di maggiore autonomia dal governo bizantino. E a lamentare maggiormente la condizione erano le ricche e potenti famiglie baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A una di queste apparteneva Melo. Sfruttando il malcontento pubblico nel maggio del 1009, aiutato da suo cognato Datto, capeggiò il popolo in quella che fu la prima rivolta antibizantina di Puglia, riuscendo così a strappare Bari al governo greco. A questa insurrezione seguirono quelle di Bitonto, Trani, Ascoli Satriano, Binetto e Montepeloso in Basilicata. 

L’ondata di ribellione fu fermata solo nell’aprile del 1010 dal nuovo catapano Basilio Mesardonite (che sostituì Giovanni Curcuas, morto durante gli scontri), inviato in Puglia dall’imperatore Basilio II, al comando di mercenari russi, vichinghi e danesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Melo e Datto fuggirono prima in Campania per poi trovare riparo a Roma. Fu qui che, nel 1014, Melo partecipò all’incoronazione di Enrico II, imperatore del Sacro romano impero, portandogli in dono il “Mantello delle stelle”. Si trattava di una cappa da investitura di seta azzurra con fili d’oro raffigurante le costellazioni, simboli cristiani e segni dello zodiaco, ancora oggi conservata nel Museo Diocesano di Bramberga in Germania e riportante il nome di Ismaheli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E proprio in questa città Melo seguì l’imperatore, diventandone vassallo. Rientrato poco dopo in Italia formò un esercito composto da bande normanne e truppe arruolate dai principi longobardi meridionali. Tornato quindi in Puglia nella primavera del 1017 riuscì a sconfiggere in più battaglie gli avversari greci.

A fermare la rivolta fu nuovamente l’imperatore Basilio II, inviando a Bari nel 1018 Basilio Bojannes, uno dei suoi migliori generali assieme a numerosi soldati. I ribelli furono sconfitti nella battaglia di Canne il 1° ottobre 1018 con i superstiti torturati e uccisi. Brutale sorte che toccò a Datto il quale, imprigionato e condotto a Bari, fu chiuso vivo in un otre di pelle e gettato in mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Melo invece riuscì per fortuna a fuggire e ritornò a Bamberga, alla corte di Enrico II. Dall’imperatore ricevette il titolo onorifico di dux Apuliae (duca di Puglia), riprendendo a progettare una nuova spedizione militare contro i bizantini. Scontro che però non avvenne mai, visto che morì improvvisamente il 23 aprile 1020.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il capitano venne sepolto in una tomba monumentale posta nella cattedrale della città tedesca. Del suo sarcofago però, citato da vari cronisti nell’XI secolo, non resta oggi più traccia. L’unico riferimento a esso è un necrologio, scovato nella chiesa di Bamberga dallo storico barese Vito Melchiorre, e riportato nel suo libro “Bari nel tempo”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il documento, risalente al XIII secolo, riporta un elenco di nove personaggi illustri, il loro luogo di sepoltura e il giorno della commemorazione religiosa. Il secondo dell’elenco è proprio un certo “Ysmahel, che San Enrico nominò duca di Puglia, sepolto vicino all’altare di Maria Maddalena”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il volume di Melchiorre mostra anche un dipinto secentesco, di autore ignoto, che ritrarrebbe Melo con volto barbuto e con in testa un turbante: se fosse vero si tratterebbe dell’unica raffigurazione del barese che si ribellò al dominio bizantino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Argiro - Una vita altrettanto avventurosa fu quella del generale Argiro, figlio di Melo, nato a Bari verso l’anno 1000. Nel 1011, a seguito della fuga del padre dopo la rivolta, fu condotto assieme alla madre Maralda come ostaggio a Costantinopoli. Qui crebbe e venne educato alla corte imperiale guadagnandosi la fiducia dell’imperatore d’Oriente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Rientrato a Bari nel 1029, si impegnò per ricostruire la ricchezza e il prestigio che godeva suo padre. Tra il 1038 e il 1040, approfittando di una nuova insurrezione in Puglia contro il governo greco, Argiro si mise a capo dei rivoltosi ritrovando anche l’appoggio dei normanni, che avevano sostenuto un tempo la ribellione di Melo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questi ultimi, il cui potere nella regione stava diventando sempre maggiore, lo proclamarono nel 1042 duca di Puglia nella chiesa di Sant’Apollinare (i cui resti si trovano oggi nel sottosuolo del Castello di Bari). Argiro capeggiò così le principali rivolte antibizantine tra Trani e Giovinazzo innalzando anche un castello nella vicina Santo Spirito. Di questo edificio sono oggi ancora visibili alcune lastre in pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Argiro divenne in quegli anni il principale protagonista delle lotte geopolitiche del tempo tra i due imperi, il papato e i normanni. Ritornò fedele all’Impero d’Oriente solo quando Costantino IX Monomaco se lo ingraziò, offrendogli oro e titoli prestigiosi, e nominandolo nuovo catapano d’Italia dal 1051 al 1058.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Col rinnovato potere si schierò contro i normanni, assassinandone il capo Drogone d’Altavilla, e stringendo accordi col papa Leone IX per contrastare questi ultimi. Nei due anni successivi le sconfitte del suo esercito a Civitate e Siponto lo costrinsero a rifugiarsi a Vieste e a rientrare a Costantinopoli nel 1055.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La dominazione bizantina in Italia era però ormai giunta alla sua ultima fase. A seguito dello Scisma tra le Chiese d’oriente e d’occidente, il nuovo papa Niccolò II nel 1059 si schierò coi normanni riconoscendo il loro potere ormai consolidato nell’Italia meridionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1061 Argiro venne così destituito dal suo ruolo di catapano, facendo perdere le sue tracce. Di lui si sa solo che donò all'abbazia di Farfa, vicino Rieti, una grande quantità di denaro e la veste da cerimonia. Morì nel 1068, probabilmente in Paflagonia (regione della Turchia): lontano, come il padre Melo, dalla sua Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Sono pochi i ricordi giunti fino ai giorni nostri di Melo da Bari. Tra questi il “Mantello delle stelle”: una cappa da investitura donata dal condottiero a Enrico II, imperatore del Sacro romano impero (foto di Allie Caulfield)
Il mantello, di seta azzurra con fili d’oro raffigurante le costellazioni, simboli cristiani e segni dello zodiaco, è ancora oggi conservata nel Museo Diocesano di Bamberga in Germania e riporta il nome di Ismaheli (foto di Allie Caulfield)
Del sarcofago di Melo non resta oggi più traccia. L’unico riferimento a esso è un necrologio, scovato nella chiesa di Bramberga dallo storico barese Vito Melchiorre e riportato nel suo libro “Bari nel tempo”
Il volume di Melchiorre mostra anche un dipinto secentesco, di autore ignoto, che ritrarrebbe Melo con volto barbuto e con in testa un turbante: se fosse vero si tratterebbe dell’unica raffigurazione del barese che si ribellò al dominio bizantino
Dal canto suo Argiro, il figlio di Melo, capeggiò le principali rivolte antibizantine tra Trani e Giovinazzo innalzando anche, nella vicina Santo Spirito, un castello nella vicina Santo Spirito
Di questo edificio sono oggi ancora visibili alcune lastre in pietra



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