Bari: la cancellata di Giurisprudenza? E' un'opera d'arte, degradata
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martedì 7 luglio 2015
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di Katia Moro
La cancellata delimita l’atrio della facoltà intitolata a Aldo Moro e corre ininterrottamente per 76,6 metri fra i pilastri dei prospetti di via Crisanzio, piazza Cesare Battisti e via Garruba. E’ alta 2,15 metri ed è fatta di bronzo fuso e patinato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fu il rettore dell’Università di Bari, Ernesto Quagliarello, anch’egli artista e promotore di iniziative culturali a decidere di sistemare degnamente la facciata della nuova facoltà di Giurisprudenza, indicendo un concorso pubblico per la realizzazione di una cancellata artistica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«L’aspetto più interessante che emerge dal bando - ci spiega Christine Farese Sperken, docente di Storia dell’arte contemporanea e autrice di un saggio sulla cancellata - è l’esplicita richiesta non solo di realizzare un’opera graficamente impostata in armonia con l’ordine architettonico del moderno edificio dell’università, ma soprattutto di comunicare visivamente un messaggio di sistematicità tipico dello studio metodico delle materie legali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A vincere il concorso fu proprio Capogrossi che, all’epoca 71enne, realizzò l’unica sua creazione a scopo architettonico, regalandole il suo marchio inconfondibile della “forchetta rovesciata”. «Articolata su un ritmico alternarsi di elementi fissi e mobili, che dividono la cancellata in grandi pannelli, quasi monumentali, di due tipologie diverse a seconda della loro funzione di elemento stabile o di cancello di ingresso, la bronzea ringhiera dentellata crea un continuo gioco di luce e di ombra, di vuoto e di pieno, di negativo e di positivo in un serrato dialogo con l’architettura che la ingloba», ci spiega la Sperken.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In realtà la recinzione non fu ideata e realizzata solo da Capogrossi ma anche da altri due artisti romani: l’architetto Maurizio Sacripanti e lo scultore Alfio Castelli. Presentatisi in gruppo sotto il motto “San Michele”, i tre contribuirono alla progettazione ciascuno secondo la propria specifica formazione e diversità di linguaggio artistico. E anche se è fuori di dubbio che Capogrossi abbia impresso in maniera preponderante il suo marchio distintivo, il ruolo degli altri due artisti fu fondamentale, anche perché l’artista romano, stroncato improvvisamente da un infarto il 9 ottobre del 1972, non potè concludere la recinzione, che fu collaudata solo il 13 dicembre dello stesso anno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da allora sono passati più di quarant’anni e nel frattempo gli studenti e gli avventori di piazza Cesare Battisti hanno pensato di utilizzare la cancellata per deporre scritte di natura politica e privata, mentre grosse macchie di dubbia natura sottraggono buona parte della bellezza dell'opera. Solo rimirando la recinzione dall'interno dell'atrio dell'università, maggiormente controllata e preservata dalle incontinenze grafiche dei frequentatori e passanti, riusciamo ancora a godere del luccicore bronzeo della creazione e della sua veste originaria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Solito vandalismo certo, ma magari la semplice affissione di una targa indicativa potrebbe indurre i giovani a riflettere su ciò che stanno deturpando e ignorando. Del resto a nulla sono valse le denunce dello stato di degrado presentate dalla Sperken alla Soprintendenza per i beni artistici e ai vari rettori susseguitisi negli anni: l’opera (e in realtà tutto l’edificio) attende da decenni un’adeguata ripulitura che tarda a giungere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Scritto da
Katia Moro
Katia Moro