di Nicola Imperiale

Bari, viaggio tra i buddhisti della Soka Gakkai: «Non siamo una setta»
BARI - Passeggiando per via Amendola a Bari, se tendete l’orecchio, sentirete venire da un appartamento al numero 10 uno strano mormorio che si confonde con i rumori della strada. Quel bisbiglìo altro non è che la preghiera dei buddisti  dell’Istituto Soka Gakkai, che ripetono incessantemente le parole “Nam-myoho-renge-kyo” nella speranza di trovare la “buddità”, che permetterebbe loro il raggiungimento di uno stato di felicità e di armonia con la vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In passato vi avevamo parlato dei buddisti presenti a Bari, ma ci eravamo limitati a illustrarvi il mondo del buddhismo tibetano, quello classico e più antico. Ultimamente però sta prendendo sempre più piede un nuovo tipo di buddhismo, di matrice giapponese, che è separato dalla scuola tibetana (e dall’Unione buddhista italiana) a causa di una diversa interpretazione del testo sacro “Sutra del Loto”. E’ appunto quello che fa riferimento all’Istituto Soka Gakkai e che viene praticato in ogni città nei centri culturali chiamati “Kaikan”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Bari ce n’è uno in via Amendola, che conta all’incirca cinquecento membri. Noi siamo andati a visitarlo (vedi foto galleria), soprattutto per capire qualcosa in più rispetto a questa forma di religione, che il 27 giugno scorso ha visto il suo riconoscimento da parte del Governo Italiano con l’ingresso nella ripartizione dell’8 per mille.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una decisione criticata, visto che in molti considerano il Soka Gakkai una setta. C’è chi li rimprovera di aver creato un business milionario grazie alla vendita di oggetti sacri che il credente deve assolutamente possedere, chi invece afferma che i responsabili riceverebbero dei vantaggi nel caso in cui riescano a far proselitismo convincendo nuove persone a entrare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma la principale accusa che viene loro mossa riguarderebbe l’affermazione secondo la quale ci sarebbe la possibilità di ottenere il raggiungimento dei propri obiettivi nella vita, semplicemente recitando l’invocazione “Nam-myoho-renge-kyo” davanti all’oggetto sacro chiamato “Gohonzon”, riproduzione di un’antica pergamena. Niente di nuovo in fondo, la maggior parte delle religioni sono fondate sulla speranza che le proprie richieste vengano esaudite da un qualsiasi dio, anche se proprio il Buddhismo era riuscito a farsi apprezzare per la sua capacità di distaccarsi dalle “cose materiali”. 

Al Kaikan di Bari ci hanno accolto Nino, Roberto e Rosy, tre dei responsabili del centro.  Tra Gohonzon (che l'Istituto vieta di fotografare), rosari buddisti (chiamati Juzu), ritratti di Daisaku Ikeda (presidente della Soka Gakkai International), libri di preghiere, riviste e ventagli giapponesi, li abbiamo intervistati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Che cosa fate in questo centro?

Chi vuole può venire qui e pregare davanti al Gohonzon, liberamente. Due volte al giorno invece vengono letti i testi sacri da un fedele. Diversa è l’organizzazione dei “meeting di discussione”, che si svolgono due giovedì al mese, ma nelle case dei vari credenti. Ci riuniamo a gruppi di 10-15 persone: ognuno parla di quelle che sono le proprie esperienze. In questo modo ci sosteniamo l’un l’altro: è questo il fulcro della nostra fede. Noi pratichiamo per la ricerca della nostra felicità interiore ma abbiamo la piena consapevolezza che non possiamo essere felici da soli. Siamo fermamente convinti che attraverso la condivisione e il dialogo possiamo veramente puntare a costruire un mondo diverso, pacifico. Per questo siamo impegnati nel sociale con le nostre campagne a favore dei diritti umani, contro la pena di morte oppure per il disarmo nucleare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come funziona la vostra organizzazione?

Daisaku Ikeda, attuale presidente della Soka Gakkai International, è quello che consideriamo il nostro maestro. Molti dei libri della nostra biblioteca sono scritti da lui, come del resto gli editoriali che ogni mese si sforza di inviarci. La nostra organizzazione è effettivamente piramidale, con un vertice e via via gli altri componenti. Però è una piramide rovesciata, perché la cosa più importante sono proprio i membri. Naturalmente è logico che ci siano delle persone che coordinano, ma semplicemente per una migliore gestione delle attività: il singolo praticante resta la cosa fondamentale. Il responsabile nell’ottica della Soka Gakkai si prende cura delle persone che ha deciso di seguire, incoraggiandole e sostenendole nella fede.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


E si dice che i responsabili ottengano dei vantaggi se mettono in pratica lo “Shakubuku”, cioè se avvicinano altre persone alla Soka Gakkai.
 
No, in realtà lo Shakubuku non ci permette di avere premi o di salire di livello. Parli agli altri della pratica, semplicemente per condividerne i benefici. Per spiegare lo Shakubuku noi usiamo un esempio. C’è il pescatore, gli si avvicina un uomo e gli chiede un pesce, il pescatore anziché dargli il pesce, gli dà la canna. Gli fornisce cioè lo strumento grazie al quale egli stesso può pensare al suo sostentamento. Noi forniamo agli altri lo strumento per imparare a diventare persone felici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È vero che una volta entrati nella vostra comunità non è così facile uscirne?
 
Non siamo una setta, quando si entra nell’Istituto si fa semplicemente una domanda di adesione all’Ente religioso e si riceve il Gohonzon. Ma in qualsiasi momento è possibile uscirne: basta restituire il Gohonzon e scrivere una lettera di dimissioni. Noi non costringiamo nessuno a rimanere all’interno dell’associazione. Tutto è fatto su base volontaria. Lo spirito dell’offerta, il mettere a disposizione la propria casa e il proprio tempo per l’attività, non è un obbligo, è una scelta. 

Perché la vostra scuola si è separata dal buddhismo tibetano?

Perché crediamo fermamente che la “buddità” non derivi da una divinità esterna: è invece una condizione vitale inerente a tutti gli esseri umani. È la massima felicità, massima saggezza e massima compassione. Purtroppo viviamo in un’epoca che ci ha oscurato la mente, facendoci perdere la consapevolezza di questa presenza. Abbiamo necessità di avere un mezzo e una preghiera che ci permettano di attingere a questa forza e a questa saggezza. La nostra preghiera è Nam-myoho-renge-kyo e l’oggetto di culto che noi utilizziamo e il Gohozon.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Se la buddità viene dall’interno, perché avete bisogno di un oggetto di culto?

E’ una visione un po’ occidentale la separazione tra interiorità ed esteriorità. Dal nostro punto di vista questa divisione netta non esiste. Il Gohonzon è uno specchio che ci permette di catalizzare e tirare fuori quella condizione vitale che è presente al nostro interno. È la trascrizione perfetta del funzionamento della vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Invece qual è il significato dell’invocazione Nam-myoho-renge-Kyo?

Myoho renge kyo è il titolo del Sutra del Loto in cinese, che significa “sono un devoto al Sutra del Loto della Legge meravigliosa”, però se andassimo a tradurre i singoli ideogrammi entreremmo in una sfera infinita di significati. Ad esempio myoho significa “aprire”, “rivitalizzare”. Nam invece è il titolo onorifico anteposto a Myoho renge kyo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
E questa preghiera servirebbe a raggiungere qualsiasi obiettivo e risultato nella vita…

Rappresenta lo strumento che ci permette di innalzare il nostro stato vitale: ha un potere enorme.  Ciascuno di noi deve prendere coscienza di quelle che sono le sue tendenze interiori e lo può fare attraverso la preghiera. Il Buddhismo dice: “Più importante dei tesori del forziere sono i tesori del cuore”. Coltivare “i tesori del forziere”, raggiungere le proprie mete, è importante, ma ancora più importante è la crescita interiore, “i tesori del cuore” appunto. E raggiungendo la consapevolezza di sé si realizzano anche i propri propositi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nell'immagine "Gohonzon" di un'altra scuola: il Soka Gakkai vieta di fotografarlo.

(Vedi galleria fotografica)

Nel video, l'invocazione “Nam-myoho-renge-kyo”:


 


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Libri di preghiera, il rosario buddhista (chiamato Juzu) varie riviste e un ventaglio giapponese presenti nella sede della Soka Gakkai
Un ritratto del maestro giapponese Daisaku Ikeda, attuale presidente della Soka Gakkai International
Una libreria con alcuni dei testi sul buddhismo, molti dei quali scritti da Daisaku Ikeda
Il Gohonzon, la riproduzione di un'antica pergamena davanti a cui i fedeli pregano, recitando l’invocazione “Nam-myoho-renge-kyo” (immagine presa dal web)



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  • Andrea - Ma dunque perché mettere la foto dell'oggetto di culto di un'altra scuola per parlare della Soka Gakkai? È come parlare di Roma e della sua storia e mettere la foto della Torre Eiffel...
  • Maria Giovanna - Infatti, Andrea, ho pensato la stessa cosa...


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