di Marianna Colasanto

L'ex filanda Costantino: una"cattedrale nel deserto" che si staglia su Bari da 150 anni
BARI – Siamo nella stretta via Mario Pagano di Bari, quella che conduce dal cimitero in via Brigata Regina e che scorre parallela a via De Crescenzio, la “strada delle lapidi”. Qui, sulla destra, si staglia un vero e proprio monumento all’archeologia industriale: lo scheletro di una grande struttura ottocentesca che appare a chi la osserva quasi come una cattedrale romanica, con tanto di rosone, facciata a capanna e finestre monofore.  (Vedi foto galleria)

Si tratta dell’ex Filanda Costantino, risalente addirittura al 1865. Un’industria che nel secondo dopoguerra è diventata prima deposito della birra Dreher e dopo di mobili, per poi essere abbandonata nel corso degli ultimi decenni. Nel 2008 fu annunciata la realizzazione di loft al suo interno, ma dopo alcuni mesi i lavori si interruppero e la “cattedrale” è così rimasta lì, inutilizzata e in mezzo al deserto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’unico accesso alla struttura è infatti un cancello (chiuso) su via Mario Pagano, da cui si può intravedere il cantiere abbandonato. Per il resto l’edificio è circondato da un alto muro da una parte e dai palazzi dall’altra. Per avvicinarci alla struttura è necessario entrare nei garage che si trovano intorno all’area: in questo modo riusciamo ad arrivare fin sotto il “monumento”, lì dove sono parcheggiate alcune auto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da questo punto si è in grado di comprendere la grandezza dell’ex filanda, che si estende su più di mille metri quadri e su due piani dal soffitto molto alto, visto che per la lavorazione della seta e del cotone c’era bisogno di molta illuminazione. La luce entrava da ben 17 finestre poste sui lati. Il suo colore terra cotta appare sbiadito e come per l’abbazia di Galgano, è “a cielo aperto”, visto che il tetto non è più presente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


All’interno sono presenti delle impalcature, poste probabilmente nel 2008, quando come detto si pensò di riutilizzare l’ex filanda per realizzare abitazioni e uffici. Del resto un cartello di inizio lavori posto dietro il cancello parla esplicitamente di “progetto di recupero funzionale. Realizzazione loft”. Una realizzazione che però non è andata a buon fine. «E’ tutto fermo – ci conferma la ditta di costruzioni proprietaria del suolo - . I lavori di consolidamento iniziarono il 25 settembre di 8 anni fa, sono andati avanti per alcuni mesi ma poi si sono interrotti a causa di cambiamenti al vertice dell’azienda e soprattutto perché il mercato immobiliare si è fermato a causa della crisi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Gli operai lavoravano notte e giorno, anche quando pioveva – ci racconta il 43enne Nicola, meccanico che lavora in via Pagano -. So che qualcuno acquistò anche delle quote, ma poi dalla sera alla mattina tutto si fermò e scomparvero anche le gru».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E quindi l’ex filanda è rimasta sola: spoglia, vuota, persa nei ricordi di quando 150 anni fa al suo interno  decine di “filerine” cantavano in coro “Perché perché, nella mente del padrone, ha il cuore di cotone, la gente come me”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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L’edificio su via Mario Pagano è circondato da un alto muro
L’unico accesso alla struttura è un cancello (chiuso) su via Mario Pagano, da cui si può intravedere il cantiere abbandonato
Per avvicinarci alla struttura è necessario entrare nei garage che si trovano intorno all’area: in questo modo riusciamo ad arrivare fin sotto il “monumento”, lì dove sono parcheggiate alcune auto
La facciata a capanna dell'ex filanda
Da questo punto si è in grado di comprendere la grandezza dell’ex filanda, che si estende su più di mille metri quadri e su due piani dal soffitto molto alto, visto che per la lavorazione della seta e del cotone c’era bisogno di molta illuminazione. La luce entrava da ben 17 finestre poste sui lati
Il suo colore terra cotta appare sbiadito e come per l’abbazia di Galgano, è “a cielo aperto”, visto che il tetto non è più presente
All’interno sono presenti delle impalcature, poste probabilmente nel 2008, quando come detto si pensò di riutilizzare l’ex filanda per realizzare loft
Un cartello di inizio lavori posto dietro il cancello parla esplicitamente di “progetto di recupero funzionale. Realizzazione loft”. Una realizzazione che però non è andata a buon fine



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