Mola: la piccola e nascosta Cappella di San Giacomo, eretta in memoria della peste
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martedì 31 maggio 2016
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di Ilaria Palumbo
«Io abito nella via parallela e non l’ho mai notata– afferma un’anziana – anzi non sapevo nemmeno fosse una chiesa». Questa è la comune risposta che riceviamo da tutti coloro che interroghiamo sull’edificio. Effettivamente percorrendo via San Giacomo si rischia di non notarlo affatto, così com'è nascosto, anche se un occhio attento può coglierne la diversità e la sobria bellezza rispetto ai palazzi adiacenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
D’altronde se fino agli inizi del Novecento questo piccolo scrigno era centro attivo della vita religiosa del paese, nel corso degli anni la sua apertura è stata limitata ai soli 25 e 26 luglio, giorni in cui si festeggiavano i due santi a cui è dedicato (Giacomo e Anna), fin quando la Curia ha deciso di chiuderla definitivamente, lasciandola in uno stato di totale abbandono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Eppure la storia di questa chiesa è particolare, visto che è arrivata a noi “grazie” alla peste. Siamo alla fine del 1690, un anno molto caldo e di grande siccità e carestia, quando il morbo inizia a diffondersi nelle città del Regno di Napoli e in particolare in Puglia, fra cui Bari, Conversano e Mola, in un periodo storico in cui la scarsa attenzione alla pulizia dell’acqua e all’igiene personale apriva un pericoloso e rapido canale alla diffusione della malattia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quando nella primavera del 1692 viene dichiarato cessato il pericolo di contagio, il giovane canonico Giovanni Antonio Susca, unico superstite di un’importante e ricca famiglia molese, decide di costruire la chiesa di San Giacomo come monumento alla memoria dell’evento forse più tragico della storia molese. L’edificio servirà anche a dare ai Susca degna sepoltura al suo interno e per Antonio diventerà un modo per ringraziare i santi a cui era devoto: Sant’Anna e San Giacomo, invocati spesso durante l’epidemia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a dare un’occhiata alla cappella, approfittando della sua apertura, più unica che rara, avvenuta in occasione di un incontro organizzato dalla scuola media “Alighieri – Tanzi”. (Vedi foto galleria)
Il prospetto, semplice ed elegante, si inscrive nel repertorio delle cappelle rurali e presenta, assieme alla tipica muratura in tufo, due lesene che fanno da cornice a un imponente portone architravato capeggiato da un timpano. L’intero edificio si chiude poi con una cornice coronata da un campanile a vela.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Appena varcato il portone e dopo aver salito alcuni gradini, ci ritroviamo in un unico ambiente. Di fronte a noi si erge l’altare in legno, dedicato a Sant’Anna, dipinto con motivi floreali stilizzati, al cui centro spicca un rombo con una croce greca. L’altare è confinato da una cornice, anch’essa in legno, ornata da due angeli in evidente stato di gravidanza, avvalorando così la devozione alla santa, protettrice delle partorienti, ma anche la volontà di rinascita demografica del paese. Il tutto è sormontato da un baldacchino di colore rosso scuro. Di fianco all’altare è posta la piccola cripta dove trovano sepoltura i membri della famiglia Susca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il vano in cui ci troviamo è davvero molto piccolo, può contenere non più di dieci persone. «Quando il sacro edificio era aperto al culto - afferma Martino, anziano molese appassionato di storia locale –, si amministravano i sacramenti alla presenza di pochi fedeli e in particolare venivano celebrati i “matrimoni riparatori” alle 4 di mattina: una specie di punizione per quelle coppie che si erano amate prima del sacramento ufficiale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le pareti affrescate, il grigio e l’oro dominanti e i lievi rimandi barocchi contribuiscono a rendere il tutto armonioso e affascinante. I dipinti murali anche se in parte cancellati e rovinati dall’umidità lasciano intravedere alcune scene religiose che nell’insieme formano un ciclo pittorico: “San Giacomo pellegrino” sul frontespizio, “Il martirio di San Giacomo”, “La vestizione della novizia” e “La crocifissione” sulle pareti destra e sinistra. Sul soffitto invece spuntano angioletti, foglie di acanto e motivi a conchiglia. Il martirio rimanda dunque alla pestilenza, allo stesso modo la presenza di Sant’Anna e degli angeli dalle forme piene rappresentano un inno propiziatorio alla vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La parte conservata meglio è quella del frontespizio, al di sopra del portone, su cui compare un’epigrafe retta da due putti in cui il committente ringrazia i santi protettori e accanto a essa si distinguono gli stemmi della sua famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La parete centrale accoglieva fino a una ventina di anni fa una pala d’altare: un dipinto a olio su tela che raffigurava sia i due santi Giacomo e Anna sia la Vergine e San Giovanni evangelista. La tela, dopo essere stata restaurata, è stata però trasferita nella Chiesa Matrice di Mola. Peccato, perché proprio il restauro di questo importante dipinto, la cui composizione si rifà alla cultura pugliese del 1600, sarebbe potuto essere il punto di partenza per riabilitare la chiesetta, importante pagina della storia molese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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