Alla scoperta di Massafra, ''piccola Matera'' abbarbicata su un'aspra gravina
Letto: 15219 volte
mercoledì 21 giugno 2017
Letto: 15219 volte
di Barinedita
Noi però abbiamo fatto uno strappo alla “regola” e ci siamo addentrati in questa località ricchissima di storia (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il nostro punto di partenza è via Caduti della Nave Roma: l'ottocentesco ponte che permette l’attraversamento della gravina San Marco. Da qui si gode un notevole panorama: sul precipizio, ricoperto da una vegetazione rigogliosa, sono letteralmente abbarbicate alcune antiche abitazioni, molte delle quali costruite nella roccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E a dominare il “canyon” ci pensa poi l’imponente castello cittadino, che raggiungiamo approdando prima nella centrale piazza Garibaldi, per poi infilarci in via Lo Pizzo. Questa stradina è una delle tante che costeggiano il canyon: si tratta di viuzze tortuose dal pavimento formato da antiche basole e percorse da pittoreschi lampioncini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sembra di trovarsi in pieno Medioevo: una sensazione rafforzata dalla vista della fortezza eretta attorno all'anno 1000 dai Normanni. Ha una pianta quadrangolare contraddistinta da quattro massicce torri: tre circolari e una, quella innalzata sotto il dominio angionio, di forma ottagonale. L'ingresso è preceduto da due archi laterali che introducono in altrettanti ambienti il cui tetto è oggi però crollato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si narra che sotto l'edificio vi fossero anche dei tunnel collegati con il castello di Taranto, fantomatiche vie di fuga a disposizione dei nobili in caso di pericolo. Quel che è certo però è che dal cortile della roccaforte si possono ammirare le tante cavità rupestri che si aprono in modo spettacolare sulla gravina: furono abitate sin dall’VIII secolo, quando vennero scelte come nascondiglio dai monaci accusati di iconoclastia, per poi spopolarsi nel 1600 a causa di due alluvioni disastrose che colpirono l’area.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ed è proprio la Massafra sotterranea la prossima nostra tappa. Torniamo infatti indietro per raggiungere piazza Garibaldi, dove incontriamo l'esperto speleologo locale Cosimo Mottolese: è lui a guidarci in via Messapia, verso la chiesa rupestre di Sant'Antonio Abate, situata sotto l'ex ospedale Pagliari e risalente al X secolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«L'ipogeo è costituito da due stanze comunicanti - spiega Cosimo - dove un tempo erano dislocate due chiese distinte, una in stile paleocristiano e l'altra in stile greco. La prima ospita un altare barocco e un affresco di Sant'Antonio vestito di rosso: alla sua sinistra è rappresentato il beato Umberto V che tiene tra le mani una tavolozza raffiguranti san Pietro e san Paolo, alla sua destra è disegnato San Giacomo con in mano una campanella e il bastone a Tau, simbolo di salute e sanità. Nella seconda - prosegue lo studioso - è ancora visibile il bema, la zona riservata a chi officiava la messa e i due affreschi di Santa Caterina e San Nicola, realizzati addirittura in epoca bizantina».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Usciamo ora dalla cripta e raggiungiamo l'incrocio con via Zuccaretti per proseguire sull'affascinante via Muro, la strada che nel suo nome rievoca l'antica cinta che proteggeva il centro storico. È forse la viuzza più suggestiva: attraversa infatti la cosiddetto quartiere di Gesù Bambino, quello caratterizzato dalle "vicinanze", vecchie abitazioni scavate nella roccia grezza. Dalla via poi si insinuano graziose scalinate che scendono e salgono protendendosi nei vicoli vicini, come la "Lupis", rampetta proveniente da via Fanelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le casette qui presenti sono forse uniche in tutta la Puglia. Circondate da lampioncini che di sera ne risaltano la calce bianca, vennero costruite per i ceti meno abbienti attorno al V secolo. Consistono in uno o due vani posti circa cinque metri sotto il livello stradale e hanno una superficie non superiore ai 30 metri quadri. Le dimensioni così ridotte assieme all'assenza di finestre ne decretarono un lento spopolamento simile a quello avvenuto per i Sassi di Matera, conclusosi solo nei primi decenni dell'800.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Via Muro costeggia la possente chiesa di Sant'Agostino, edificio cinquecentesco sconsacrato e oggi utilizzato per riti civili, per poi confluire in via Laliscia. Da qui la strada sale sull'altro lato del precipizio e si tuffa nella zona dei Santi Medici, che prende il nome dalla chiesa rupestre presente al suo interno e costituisce la tappa finale del nostro viaggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui ritroviamo il bianchissimo scenario delle vicinanze, interrotto solo dalle strette finestre buie ricavate nella pietra e dal verde delle piante che si inerpicano a fatica sulle forme irregolari di queste dimore. Un posto "primitivo" dove la modernità è riuscita a ritagliarsi qualche nicchia solo con l'apertura di piccoli ristoranti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci regaliamo infine un'ultima vista sulla gravina e il suo ponte, sovrastato in lontananza dalla sagoma del duomo di San Lorenzo. Uno spettacolo arcaico di cui può godere solo colui che ha l'arguzia di abbandonare per qualche ora la "solita" statale 100. Un po' come scriveva il poeta statunitense Robert Frost: "Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica di Nicola Imperiale)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita