Bari, maggio 1964: due balene si arenano nel porto. Verranno uccise con il tritolo
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martedì 30 gennaio 2018
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di Rossella Brunetti e Salvatore Schirone
E’ l’alba del 22 maggio, un venerdì, quando il 42enne pescatore Giuseppe Lucchese di ritorno con la sua barca avvista un grande animale in mare, nei pressi del molo San Cataldo. E’ una balena: un esemplare maschio del peso di una tonnellata e lungo circa 10 metri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’uomo si spaventa e chiama in soccorso i due colleghi Clemente Cinquantasei e Michele Costanzo. I tre decidono di fare di testa loro e come il capitano Acab cercano di catturarla servendosi di reti e arpione. Ma i loro sforzi sono vani, il cetaceo è troppo grosso per gente abituata a pescare saraghi e orate, non certo mammiferi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Purtroppo per “Moby Dick” però la voce che un “mostro” si trova nelle acque di Bari si sta ormai diffondendo. Intervengono così il vigile notturno Vito Ruggieri e il brigadiere Domenico Zambetti, munito di una pistola di servizio. Vengono sparati dei proiettili contro l’animale, fin quando alcuni agenti di pubblica sicurezza mettono fine all’avventura barese del cetaceo, che viene freddato a colpi di moschetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Avevo 12 anni – ricorda l’oggi 66enne barese Francesco Loseto -. Mio padre mi venne a prendere da scuola prima, verso le 11. “C’è una sorpresa”, mi disse. Lui lavorava nel porto e aveva assistito alla scena dell’abbattimento. In quegli anni il molo San Cataldo era accessibile direttamente dalla strada e mi fu facile, svalcando un muretto, raggiungere il cetaceo che era riverso su una discesa per le barche. Salii sul suo dorso: si scivolava da tutte le parti, era divertente. Ma quando alzai lo sguardo vidi uno spettacolo ben più terrificante, che non dimenticherò mai. A una cinquantina di metri, perpendicolarmente al molo, una seconda balena era intrappolata tra gli scogli. Era ancora viva, si dimenava e sbuffava acqua».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si perché dopo poche ore dall’uccisione del primo cetaceo, un'altra balena, del peso di oltre 6 tonnellate e della lunghezza di 12 metri, viene avvistata nelle acque del porto (vedi foto della Gazzetta del Mezzogiorno).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’animale, una femmina, ha la testa incagliata tra due scogli: non riesce a muoversi. Gli agenti si chiedono come agire: catturarla è impossibile, bisogna ucciderla. Ma come? Seguono ore di trepida attesa. In migliaia di baresi si riversano al molo San Cataldo per guardare il “mostro” e i giornali titolano “Balenottero in porto: ucciso”. Si dà ancora la caccia al suo compagno di viaggio”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Passa tutto il giorno e il sabato mattina si decide di mettere “finalmente” fine alla vicenda. La balena viene fatta saltare in aria, letteralmente, con chili e chili di tritolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Questo fu il triste destino dei due rari animali provenienti dal Nord Europa e capitati per sbaglio nel Mar Mediterraneo. Un’uccisione a cui scamparono altre due balene avvistate nei pressi della “Iasi Constanta”, la nave arenatasi a Bari nel 1962 e all’epoca non ancora rimossa. I cetacei riuscirono a risalire la corrente, scampando fortunatamente a un’inutile e crudele mattanza.
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Scritto da
Rossella Brunetti
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Salvatore Schirone
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