Il metodo Edwards: «Tutti possono disegnare, basta usare la parte destra del cervello»
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martedì 27 marzo 2018
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di Veronica D'Elicio
Questo però solo a parole, perché spesso proprio nei confronti dell’arte si tende ad avere un approccio fin troppo razionale e “lineare”, finendo così per reprimere il proprio lato creativo. Ne è convinta la scrittrice americana Betty Edwards, che nel 1979 ha pubblicato il libro “Disegnare con la parte destra del cervello”, in cui ha illustrato il metodo con cui ritornare a sfruttare quella zona della mente «inibita dalla cultura verbale e dal sistema educativo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E in Italia c’è chi, seguendo l’insegnamento della Edwards, sta portando avanti questo metodo attraverso corsi e laboratori. E’ il caso della 65enne barese Lucia Albanese, diplomata all’Accademia delle belle arti di Bari e docente nella scuola primaria, che da vent’anni insegna a bambini e adulti come riuscire a “liberare” il proprio potenziale artistico. L’abbiamo intervistata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Che cosa vuol dire “disegnare con la parte destra del cervello”?
E’ un metodo che ha il pregio di tirare fuori la creatività che è in ognuno di noi, facendoci “accedere” in maniera cosciente alle nostre facoltà inventive e immaginative. Si rivolge soprattutto a chi è convinto di non saper disegnare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma per realizzare un disegno non bisogna anche avere un approccio razionale e logico?
Sì è vero, è necessario mettere in atto capacità basilari percettive che permettono di individuare i contorni, gli spazi, i rapporti, le luci e le ombre. Ma se ci si limita a questo ciò che ne verrà fuori sarà solo un disegno realistico, senza “poesia”. L’arte ha bisogno invece di creatività e questa può venir fuori solo se si “addormenta” per un attimo la parte sinistra del cervello, quella della razionalità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In che modo?
Attraverso degli esercizi specifici: ad esempio quello di riprodurre un’immagine guardandola capovolta o parzialmente nascosta. In questo caso si è costretti a disegnare ciò che si vede, senza far riferimento a stereotipi e “giuste” proporzioni. Ci si ritrova quindi davanti a qualcosa di nuovo e a quel punto si riparte da zero, rivoluzionando lo schema messoci in testa fin da bambini per cui un dato oggetto come la casa o l’albero si disegna in un dato modo, sempre uguale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insomma si crea un’immagine decontestualizzandola…
Sì e così sottoponendo l’emisfero sinistro a compiti “irrazionali” che si rifiuta di svolgere, lo si “mette a tacere”. Ciò che ne deriverà sarà un ritratto fedele, la perfetta riproduzione di ciò che abbiamo davanti: una cosa che non saremmo mai riusciti a fare se avessimo riconosciuto in precedenza in quella forma un qualcosa di già visto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di approcciarsi al “metodo” bisogna prepararsi in qualche modo?
Io faccio sedere tutti in cerchio e con un sottofondo musicale opero un rilassamento guidato che serve a liberare la mente da tutti quei pensieri che fino a quel momento l’avevano irretita. Questo momento di raccoglimento dura più o meno dieci minuti e poi si parte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
C’è un limite di tempo da rispettare per portare a termine l’opera?
No al contrario: quando si disegna lo si fa lentamente, senza prestare attenzione al tempo che scorre. Ci si “perde” ed entrando a contatto con il proprio “profondo” si riesce a tirar fuori una creatività di cui non conosceva nemmeno l’esistenza.
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Veronica D'Elicio
Veronica D'Elicio