Bari, le donne georgiane: «Qui come badanti per aiutare la famiglia rimasta in Patria»
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giovedì 4 aprile 2019
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di Marianna Colasanto
È il caso di Maja, Pelaja e Lela (nella foto) donne che hanno lasciato il proprio Paese per venire a vivere qui, così da guadagnare quel denaro da spedire poi alle famiglie rimaste in Patria.
«In Italia veniamo pagate bene – ci riferisce la 38enne Lela, laureata in biologia ma a Bari da 14 anni per fare la badante -. Per l’assistenza a un anziano che necessita di cure continue riusciamo anche a percepire a 1.200 euro al mese. E considerando che spesso abbiamo vitto e alloggio gratis, possiamo spedire l’intera somma ai mariti e ai figli che vivono ancora in Georgia, da cui un giorno vorremmo tanto tornare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le georgiane, così come le rumene, sono ben organizzate. In città c’è addirittura un’associazione (con sede in via Melo) che si occupa di mettere in contatto la domanda e l’offerta di lavoro, fornendo anche assistenza a chi arriva in Puglia. Questo ha permesso che nel capoluogo si sia creato un nucleo compatto di connazionali, che riescono così a perpetuare le proprie tradizioni nonostante i migliaia di chilometri che li separano dal loro Paese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ad esempio si riuniscono il 26 maggio per il “Giorno dell’indipendenza della Georgia”, che celebra l’istituzione della repubblica democratica avvenuta nel 1918 a seguito della Rivoluzione Russa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Quel giorno ci vediamo tutti a Piazza Umberto – ci dice la 42enne Maja, ex psicologa, a Bari da 11 anni -. Organizziamo una manifestazione dove primeggiano i vessilli nazionali nell’ambito della quale è commemorata la giornata, con racconti sulla storia del nostro Paese. Ci raggiunge anche un prete ortodosso per la benedizione, al termine della quale ci scateniamo con i nostri balli nazionali quali il qartuli, l’acharuli o il mtiuluri. Il tutto al ritmo del nostro pandori che uno strumento simile al mandolino».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le donne ci mostrano proprio un pandori, assieme a un tipico copricapo (lo khevsureti) e piatti e ceramiche che riproducono scorci della capitale Tbilisi. «Le nostre feste si concludono però sempre con una bella tavolata a base di nostri piatti tradizionali», aggiunge sorridente Pelaja, 64enne ex ingegnere a Bari da 12 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra i piatti che le donne riescono a preparare anche in Puglia ci sono lo khachapuri (una sorta di pizza chiusa ripiena di formaggio e uova), il mcvadi (maiale al forno che si cucina in particolare a Capodanno), gli xinkali (ravioli ripieni di carne e spezie), il sacivi (pollo e tacchino con salsa di noci), i tolma (involtini in foglie di vite con carne o verdure) e infine i badrijanim, ovvero involtini di melanzana fritti e con salsa di noci.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I pranzi infiniti ci accumunano ai baresi – scherza Pelaja -. In voi poi ritroviamo il nostro stesso calore e lo stesso senso della famiglia. E poi avete San Nicola, santo la cui fede che ci accomuna: è uno dei motivi per il quale molti di noi cercano di trasferirsi a Bari. Tra l’altro noi siamo assidue frequentatrici della Basilica: nella cripta il giovedì e la domenica si celebra il rito religioso ortodosso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di lasciare le tre simpatiche donne non possiamo non chieder loro cosa pensano degli uomini che qui si sono fatti la nomea di “geni” dello scasso. «Non neghiamo che sia vero – ci rispondono all’unisono – ma rappresentano una minoranza, dei cattivi esempi che ci fanno vergognare e rovinano la nostra reputazione. Perché noi georgiane siamo donne coraggiose: ci siamo rimboccate le maniche per dare un futuro ai nostri figli, che ci mancano tanto».
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Scritto da
Marianna Colasanto
Marianna Colasanto