La Basilica rivelata: viaggio tra i tesori nascosti del monumento simbolo di Bari
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venerdì 9 novembre 2018
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di Ilaria Palumbo - foto Antonio Caradonna
La grande chiesa si trova in piazza San Nicola. Semplice ma maestosa, si presenta con una pianta a croce latina e un impianto architettonico romanico-pugliese. La sua costruzione iniziò nel luglio del 1087 allo scopo di ospitare le reliquie del patrono appena traslate da Myra da 62 marinai baresi, ma fu definitivamente realizzata e consacrata il 22 giugno del 1197.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ammiriamo la solenne facciata, tripartita da robuste lesene e incorniciata da due possenti torri spezzate. È caratterizzata da tre portali rettangolari, di cui quello centrale finemente decorato, con dei particolari buoi stilofori che adornano l’ingresso. Il pezzo più pregiato è però il protiro, costituito da un archivolto fastosamente scolpito con ricche scene di animali, foglie di lauro, grappoli d’uva e figure umane che fungono da personificazione di vizi e virtù.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di entrare diamo uno sguardo alla destra del portale, dove è incisa una linea di 58 centimetri. Si tratta del leggendario “braccio lineare”, forma di misura utilizzata nel Medioevo per il commercio dei tessuti calcolata sulla distanza fra il gomito e l’estremità del dito medio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varchiamo a questo punto la soglia, avvolti dalla semioscurità. Tutto intorno a noi è un tripudio di colonne di granito grigio e capitelli bizantineggianti, mentre in alto tre arcate a tutto sesto sfilano una dopo l’altra nella navata centrale. Camminiamo con il naso all’insù, rapiti dalle splendide immagini che si rincorrono e decorano il soffitto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Raggiungiamo la fine della navata dove si trova l’arco trionfale formato da tre volte a sesto tondo. Il nostro viaggio inedito sta per iniziare. Perché qui, nella parte posta in fondo alla chiesa si trova il presbiterio, la zona più ricca di tesori. Riservata unicamente al clero, è separata dal resto dell’ambiente da lunghi cordoni rossi. Ma noi come detto abbiamo il permesso per superarli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Attraversiamo l’area e volgendo lo sguardo in alto scopriamo subito la prima particolarità: una tela dalla forma ottagonale non visibile dalle navate, in cui è ritratta una visione del Paradiso illuminata dalla figura del Padre Eterno, retto da alcuni cherubini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di fronte a noi ecco il ciborio: un piccolo tempietto in marmo risalente al XII secolo: il più antico di tutta la Puglia. È caratterizzato da quattro colonne di breccia rossa e viola che terminano con capitelli decorati da angeli, arieti, uccelli e motivi vegetali.
Il baldacchino custodisce l’altare e nasconde dietro di sé, nell’abside centrale, una delle punte di diamante della scultura romanico-pugliese, realizzata nella prima metà del 1100: la “Cattedra di Elia”. Si tratta della preziosa sedia del Priore, dallo schienale monocuspidato e il cui sedile rosso è retto da colonnine e schiavi, la cui interpretazione rimanda simbolicamente al trionfo della Chiesa sui Saraceni.
Si trova posta al centro di un pavimento finemente decorato a mosaico, con forme geometriche dai colori accesi in cui sembra ripetersi, nel motivo ornamentale, il monogramma cufico di “Allah è grande”. C’è chi ritiene che sia un segno lasciato proprio dalle maestranze saracene che contribuirono alla costruzione della Basilica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alle sue spalle, non meno imponente, ammiriamo il monumento sepolcrale di Bona Sforza, realizzato a Napoli fra il 1589 e il 1595, innalzato in memoria della duchessa di Bari di cui ospita le spoglie. La Sforza è qui rappresentata da una statua di marmo bianco immacolato mentre è in ginocchio e con le mani giunte in atto di preghiera. Su di lei vegliano San Stanislao e San Nicola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A destra e a sinistra del ciborio, negli absidi laterali, sono ospitati poi due altarini sormontati da due tele della metà del 400: si tratta di una tavola raffigurante la “Madonna col Bambino tra santi” di Bartolomeo Vivarini e un trittico in cui figurano la Madonna della Passione, San Giovanni Evangelista e San Nicola, attribuito ad Andrea Rico de Candia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E alle spalle di quest’ultimo uno splendido affresco trecentesco: è la raffigurazione del Crocifisso con la Vergine Addolorata, affranta, fra donne e santi. Un’opera di Giovanni Tarantino che è sopravvissuta nel corso dei secoli, a differenza del resto delle decorazioni che ricoprivano l’interno della Basilica, scrostate per permettere l’installazione di suppellettili e poi ricoperte da stucchi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma non abbiamo ancora visto nulla. Perché nel transetto destro, sormontato dalla tela ad olio di "San Nicola nero", si erge lo splendido Altare del Patrocinio: una cattedra trecentesca che nel 1684 fu ridisegnata dagli orafi napoletani Ennio Avitabile e Domenico Marinelli su lamine d’argento. Ogni centimetro di superficie è ricoperto da minuziose incisioni barocche che lasciano a bocca aperta: rappresentano la vita del nostro santo, dalla nascita alla morte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Curiosità. Quest’altare nasconde una lastra composta da 624 caratteri latini incisi su sei righe: una scritta enigmatica che incredibilmente mai nessuno è riuscito a tradurre.
Usciamo ora dal presbiterio per fare un salto in un’area della chiesa accessibile a chiunque ma che non possiamo non visitare: la cripta. Scendiamo così alcuni scalini per ritrovarci in un ambiente suggestivo e dai colori caldi, diviso in quattro navate e dominato da ben 26 colonne in marmo, i cui capitelli sono variamente decorati in stile romanico e bizantino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sulla destra si trova la “Colonna miracolosa”, che attira la devozione di numerosi fedeli, legata com’è ad alcune leggende popolari, come ad esempio quella riservata alle “zitelle” che fino al 2007 (anno in cui il monumento è stato protetto da una gabbia in ferro) ci giravano intorno e la toccavano nella speranza di trovare marito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’esplorazione della cripta ci permette infine di scoprire l’altare sobrio e austero in cui sono deposte le reliquie di San Nicola, protette da un’urna e da cui ogni anno trasuda la “sacra manna”, un liquido considerato dai fedeli un segno di benedizione da parte del patrono sulla città di Bari. Infine ecco la Cappella Orientale, decorata dall’artista croato Zlatko Latković, lì dove anche i cristiani ortodossi possono pregare e celebrare la propria liturgia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È ora arrivato il momento di risalire in superficie per raggiungere l’ultima tappa del nostro viaggio, preclusa a fedeli e turisti: i matronei. Ci dirigiamo così verso il portale d’ingresso, lì dove si trova una porticina in legno. La apriamo e ci ritroviamo di fronte ad alcuni gradini in pietra che percorrendo la torre sinistra ci permettono di accedere al piano superiore della Basilica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In passato avevamo già visitato questa parte della chiesa, con i suoi esaforati e matronei di fatto adibiti a magazzini, ma oggi cogliamo l’occasione per ammirare l’incredibile soffitto che ricopre la navata centrale. È dominato dalle tele seicentesche dipinte dal bitontino Carlo Rosa, decorate con intagli dorati e cornici dei maestri Michele Morenzio, Cesare Villani e Catarino Casavecchio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra scene che ritraggono i più importanti episodi della vita di San Nicola e stemmi dei re di Spagna, si rimane senza fiato nel tripudio di colori che donano sfarzo e lusso alla Basilica: antico tempio all’apparenza sobrio, ma nei suoi angoli più nascosti scrigno inesauribile di tesori.
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