La storia di Domenico Ficarella: primo pizzaiolo di Bari e "padre" dei locali di mezza città
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martedì 17 settembre 2019
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di Mattia Petrosino - foto Valentina Rosati
Si tratta di una vera e propria dinastia: la passione per la specialità napoletana è stata infatti tramandata di padre in figlio, oltre a essere stata inculcata ad allievi che puntualmente hanno poi aperto attività di successo in mezza Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dell’"onnipresenza" dei Ficarella ce ne siamo accorti ascoltando i colleghi che mandano avanti gli esercizi più longevi della città. Abbiamo così deciso di ripercorrere l’epopea di questa storica famiglia di pizzaioli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A raccontarcela sono proprio alcuni discendenti di Domenico, scomparso nel 1993. Li incontriamo a "La Vela", pizzeria del quartiere Torre a Mare capitanata dal nipote del patriarca, il 39enne Giuseppe. Assieme al titolare ci sono i figli di Domenico ancora in vita: il 77enne Angelo, la 70enne Nunzia e il 74enne Vito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Tutto cominciò nel 1936 - esordisce Angelo - quando mio padre aprì la prima pizzeria della città in piazza Mercantile. L'idea gli era venuta durante la sua precedente esperienza lavorativa, avvenuta nella pasticceria Gentile di Bari Vecchia: lì dentro aveva iniziato a preparare l'impasto della pizza in una tinozza di legno, facendoci una croce sopra e lasciandola lievitare. Vendeva solo la margherita, al prezzo di 5 lire e la romana per 6 lire. Ma il debutto durò poco, visto che allo scoppio della Seconda guerra mondiale dovette partire per il fronte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Al ritorno - prosegue il 77enne - faticò a trovare una sistemazione fissa. Nel 1945 aprì un'attività in corso Mazzini, nel rione Libertà, subito chiusa per via della posizione troppo periferica. Tre anni dopo si spostò in via Crispi, dove condivise un bar-pasticceria con Gennaro Cassano. Una convivenza che durò poco per divergenze politiche: papà era comunista, il suo socio un nostalgico del Regime. Nel 1950 così si trasferì da solo nella vicina via Fieramosca, dove tra l’altro io cominciai il mio apprendistato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Lì gli affari andarono decisamente meglio - sottolinea Vito - tant'è che nel 1956 nostro padre riuscì a inaugurare un nuovo locale in via Principe Amedeo. Fu la svolta decisiva: ogni sera una lunga fila di clienti si accalcava in attesa dell'orario di apertura, incoraggiati anche da una novità: la presenza di tavolini. Ciò consentì di aumentare i prezzi delle pizze».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I figli di Domenico ci mostrano orgogliosi le foto di quel periodo fortunato: volti e capigliature d'altri tempi, negozi segnalati da una generica insegna con su scritto solo "pizzeria". Tra le immagini c'è anche un albero genealogico delle pizzerie aperte dai Ficarella. Già, perchè da questo punto in poi l'intraprendenza della famiglia "avvolge" mezza città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«In via Principe Amedeo facemmo la gavetta io e mio fratello Giuseppe - precisa Vito -. A friggere i panzerotti ci pensava nostra madre, Maria Botta, vale a dire la prozia di Nicola Botta, attuale proprietario dell'omonima attività di via Carulli. E a imparare il mestiere c'era pure Donato Monno, il futuro fondatore della pizzeria "Da Donato", nel quartiere San Pasquale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Stiamo praticamente ricostruendo la storia della ristorazione barese, visto che anche Fabrizio Tamma dell'"Antica torre" ed Enzo e Ciro dell’omonima pizzeria possono vantare di essere stati “studenti” dei Ficarella.
«Avere dei tavolini era però diventato fondamentale - incalza Vito -. Per questo nel 1958 chiudemmo la sede di via Fieramosca e migrammo verso quella nuova di via Napoli, più spaziosa. Nel 1963 Angelo partì per il militare e nella rivendita di via Principe Amedeo l'ultimogenito Luigi prese il posto di Giuseppe».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Giuseppe inaugurò poi un suo locale in via Ravanas - continua il 74enne - dove mise in vendita anche la capricciosa, al prezzo di 200 lire. L'esperienza durò poco ma non si perse d'animo: nel 1970 avviò un altro esercizio in via Salandra, presto ceduto al cognato Antonio Troso, che lo chiamò "Antoine". Quell'attività, pur avendo cambiato nome in "Pizza e altro..." è tuttora portata avanti da suo figlio, il 59enne Nicola Troso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Antonio Troso peraltro dette vita a un altro "Antoine" in via Dante - puntualizza Vito -. Lì dentro si fecero le ossa i suoi nipoti: Antonio D'Eliso, attuale titolare del "Quadrifoglio I" di via De Gasperi e Alessandro e Dario D'Eliso, proprietari del "Quadrifoglio 2" di via Giulio Petroni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel 1970 si verifica anche un cambiamento epocale: Domenico Ficarella, colui da cui tutto ha avuto origine, va in pensione. Un evento che rimescola ancora le carte in gioco. Angelo smette di girovagare e apre in via Crispi "Il Fornaccio", pizzeria d'asporto (diretta dal 2008 da un suo allievo) che gestirà fino all'arrivo della pensione. Luigi prende invece il timone del locale storico di via Principe Amedeo e Vito dà il via a nuova avventura in via Carulli, dove ogni sera serve una quantità enorme di antipasti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«E negli anni 80 e 90 gli stravolgimenti continuano - afferma Vito -. Nel 1979 lasciai il locale di via Carulli, quello che poi diventerà la pizzeria Botta, per avviarne altri due: il "Moulin rouge" di via Ferraris, che però non ebbe fortuna e "Il mulino" di via De Giosa, che ho chiuso di recente per dedicarmi alla "Tana marina", ristorante di Polignano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Giuseppe prese in gestione il "Jez Josef" in largo Ciaia - aggiunge il signore - aprendo un omonimo negozio in viale Papa Giovanni XIII. Nel 1994 prese forma il suo "Chez Jo", in viale Einaudi, attualmente guidato da suo figlio, il 50enne Carlo. Luigi infine lasciò la sede di via Principe Amedeo ai suoi allievi (che poi la chiusero) e si tuffò in due nuove sfide, entrambe a Torre a Mare: "La banchina", oggi in mano al figlio Tommaso e "La Vela", dove oggi ci troviamo, presa in carico nel 2005 dagli altri due figli Domenico e Giuseppe».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«É un onore portare avanti la vocazione di famiglia - conclude proprio quest’ultimo -. Mi auguro che un giorno anche i miei figli possano seguire le orme di colui che ci ha formati tutti: il mitico nonno Domenico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Mattia Petrosino
Mattia Petrosino
Foto di
Valentina Rosati
Valentina Rosati
I commenti
- Gabriella - Nella foto c è anche mio padre sulla estrema destra Giovanni cellamare degno allievo dal 65 e attuale proprietario della pizzeria da gianni dal 1980.