La storia del Palazzo della Motta: il discusso e iconico grattacielo che svetta nel cuore di Bari
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martedì 8 febbraio 2022
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di Giancarlo Liuzzi
Un colosso di cemento che venne eretto anche per ospitare la sede della famosa ditta di dolciumi milanese da cui prende il nome. Proprio la sua “zuccherosa” vocazione (portata avanti sino agli anni 90), unita al fatto che fu il primo (e per molto tempo l’unico) grattacielo della città, lo hanno trasformato nel tempo in un simbolo del capoluogo pugliese. Del resto anche la posizione in cui si trova, all’incrocio tra due delle principali arterie del centro, non fa che rimarcare la sua strategica importanza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Certo, va detto che l’edificio costituisce uno degli “sfregi” perpetrati ai danni della Bari Ottocentesca. Il “Motta” fu realizzato infatti al posto della più antica dimora del murattiano (Palazzo Barbone), non tenendo conto, anche nell’altezza, del contesto architettonico circostante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma andiamo con ordine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il grattacielo dalla curiosa forma a L (un corpo di fabbrica più basso si estende sino in via Melo) e dai colori grigio, ocra e bianco, fu disegnato dagli ingegneri Vincenzo e Luigi Rizzi. Erano anni in cui gli amministratori parevano ossessionati dalla voglia di rendere Bari una città moderna e monumentale: un desiderio che spinse molti tecnici a proporre grandiosi progetti di alti e sontuosi palazzi che però rimasero perlopiù irrealizzati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per innalzarlo venne demolito il succitato Palazzo Barbone, la prima palazzina costruita al di fuori della città vecchia nel 1816, sul suolo dove il 25 aprile del 1813 il re Gioacchino Murat aveva posto la pietra iniziale della “nuova” Bari. Assieme all’edificio fu distrutta anche la lapide affissa nel 1913 in occasione del centenario della fondazione del borgo. Quest’ultima verrà poi ripristinata nel 1963 con una più nuova, ancora oggi visibile sulla parete ad angolo tra corso Cavour e corso Vittorio Emanuele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La sede della Motta fu così inaugurata il 5 settembre 1956, con tanto di maestosa insegna luminosa posta sul tetto del fabbricato. Il logo comprendeva la scritta dell’azienda e sopra un’enorme “M”, i cui resti arrugginiti sono stati smantellati soltanto nel luglio del 2019.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
C’è da dire che i dolciumi dell’azienda milanese erano in realtà già acquistabili in questo punto grazie alla presenza della celebre pasticceria “Sem” (acronimo dei proprietari Semeraro e Messinese): un locale commerciale che dagli anni 30 aveva trovato posto all’interno di Palazzo Barbone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra i prodotti più famosi ricordiamo il piccolo panettone Mottino, i gelati da passeggio Mottarello, la coppa del Nonno, le colombe di Pasqua e le uova di cioccolato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma l’intento della Motta era quello non solo di smerciare ma anche di produrre alcune delle sue golosità a Bari, entrando così in concorrenza con altre industrie dolciarie presenti in città, quali Sica, Aida e Alemagna. Per fare questo occupò buona parte dell’edificio appena innalzato per dedicarsi alla creazione di leccornie zuccherate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Ben tre livelli era infatti occupati dalla ditta – ricorda l’80enne Benito Ladisa, uno dei primi pasticcieri a lavorare per la Motta -. Al piano terra c’erano i banconi del bar-caffetteria e dei dolci, inseriti in locale decorato con legno, cristallo, pareti a specchio e tende. Al primo piano era posta invece la sala da tè, mentre al secondo gli uffici e il laboratorio per la preparazione delle tante varietà di dolci».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Bontà che si potevano gustare anche all’esterno. Lungo il marciapiede di corso Vittorio Emanuele erano infatti disposti tavolini, sedie con fioriere e tende da sole avvolgibili che proteggevano i prodotti posti dietro le vetrine espositive dominate dall’insegna dell’azienda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E così in poco tempo il Motta divenne, soprattutto nel fine settimana, il luogo più ambito dove assaporare ricchi aperitivi e acquistare dolci. «Alla fine degli anni 50 la domenica con mio nonno andavamo sempre lì per acquistare le paste», ricorda la barese Melina. «Stupenda pasticceria e piccola rosticceria con le sue deliziose tartine: quante ne ho mangiate», aggiunge Mariella. «Si consumava l’aperitivo preparato da barman straordinari e di una gentilezza unica. C’era anche una sala ricevimenti appena sopra il bar», racconta Antonio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Motta che aveva anche un chiosco di vendita in Fiera, rimodernato nel 1956 su progetto dell’architetto Melchiorre Bega (che aveva anche curato gli interni del bar del centro). Il nuovo edificio, tuttora esistente, aveva la forma di una cappelliera di un panettone ed era adornato da pennoni con bandiere a guidone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La fama barese della Motta continuò per diversi decenni, superando anche crisi finanziarie, cessioni e acquisizioni, sino a quando nel 1993 l’azienda (nel frattempo diventata statale) venne venduta alla multinazionale svizzera Nestlé.
Questo portò alla chiusura della storica sede barese, i cui locali vennero prima ceduti alla catena di ristorazione Spizzico, poi a Burger King e in seguito al negozio di abbigliamento Imperial. E infine, dopo essere stato vuota e sfitta per diversi anni, nel 2019 il gruppo di fast food americano Mc Donald ha firmato l’accordo per l’apertura lì del suo nuovo punto vendita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Così oggi l’antico odore di dolci, paste e cioccolate è stato sostituito da quello di hamburger e patatine fritte. Ma nonostante ciò, pur senza la sua iconica insegna, quel grattacielo non ha cambiato nome nemmeno per un giorno, continuando a essere chiamato da tutti i baresi “Palazzo della Motta”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Con la collaborazione di Mariano Argentieri
Foto di copertina di Adriano Di Florio
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Carmine Panella - Grazie Gianfranco per il ricordo della annosa polemica che all'epoca vide il prpotere dei capitali dell'onnipotente meneghino.
- Emanuele Zambetta - L'abbattimento del Palazzo Barbone fu un atto vergognoso.
- Antonio Colavitti Arkydesign - quello sfregio alla Storia con tutto quanto comporta è stato, e lo è tutt'oggi, l'inizio del depauperamento cittadino: nel nome di una presunta modernità si è cancellato un passato testimone della Bari "Murattiana" che tanto volle Gioacchino Murat. La lapide ivi posta non è che un insulto, una excusatio non petita.
- Mariano Argentieri - Come detto, l'edificio doveva occupare l'intero isolato e nel portone della sezione su via Piccinni n.11 c'è un'opera a graffito su superficie rossa e nera con raffigurati soggetti pugliesi ed al centro San Nicola l'opera porta la firma del decoratoe Lorenzo Perrelli nato e vissuto a Bari tra l'800 e il '900. Decorò La chiesa di S. Maria della Pietà di Ceglie del Campo
- Marcella Maselli - dove posso trovare qualche notizia in più su palazzo Barbone (poi Motta) Mi servono info sui primi edifici costruiti nel murattiano Grazie