Bari ha smesso di fare rock: «Lontani i tempi di Cure e Duran Duran»
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martedì 7 aprile 2015
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di Nicola Paparella
Parliamo al passato perché nel frattempo il capoluogo pugliese ha perso di attrattività per i gruppi rock o meglio ha deciso di non andarli più a cercare, lasciando ad altre città il privilegio di ospitare grandi nomi. Di fatto a Bari, a parte i soliti cantanti italiani (di successo e non), è difficile assistere a un Evento con la E maiuscola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Certo, qualcuno potrebbe affermare “ma Bari è una città non grande e fuori mano”. Ma allora che dire, giusto per fare un solo esempio, di Udine (un quarto degli abitanti di Bari al confine con la Slovenia), dove negli ultimi anni si sono esibite star come i Sigur Rós, i Franz Ferdinand, Bob Dylan e addirittura Bruce Springsteen? Springsteen che ha suonato in piccole città come Perugia e Caserta, Dylan che è andato addirittura a Pescara e Foggia, i Franz Ferdinand che sono scesi fino a Catania. Insomma in Italia si suona ovunque tranne che a Bari. Ma perché questa città a un certo punto ha smesso di “fare rock”?
«Perchè noi imprenditori della musica non vogliamo più rischiare – ammette Daniele Quarto, amministratore di Cube Comunicazione, società barese che organizza e produce eventi -. Si preferisce far venire i Vasco Rossi, Caparezza e Subsonica, artisti che assicurano il tutto esaurito a un costo contenuto rispetto a una star di livello internazionale. I tempi dei Duran Duran a Bari (nel 1987) sono ormai lontani. Come anche quelli dei Living Colour e di gruppi come i Mogwai che vennero qui alla metà degli anni 90».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Sì è questione di soldi – conferma Manuel, addetto stampa di Piemme Eventi, agenzia organizzatrice di spettacoli -. Vista anche la crisi, noi privati preferiamo non esporci più di tanto economicamente, anche se in questo non veniamo invogliati dagli Enti pubblici locali, che magari potrebbero collaborare per portare dei grossi eventi a Bari, puntando sulla visibilità della città che amministrano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Però non può essere solo questione di mancanza di denaro, ma forse, come dice Cesare Veronico, politico che in passato si occupava di organizzare concerti, «la differenza tra gli anni 80 e oggi sta nella mancanza di energia degli organizzatori, prima più motivati e attenti al panorama musicale estero. Allora c’era più voglia di fare e di stupire». «Ricordo ancora - continua Veronico - quando riuscimmo a portare i Cure allo Stadio della Vittoria, il 2 giugno del 1989: una serata indimenticabile. Poi ci fu Nina Simone al Petruzzelli, Pat Metheny che suonò per la prima volta allo stadio a Bari nel 1990, i Psychedelic Furs, che all’epoca erano tra i massimi esponenti del post-punk inglese. Venne gente addiritura da Modena, Pisa, da Vienna, perché la serata rock era tra le migliori».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Michele Casella, vicepresidente del Distretto Produttivo 'Puglia creativa', punta il dito sui “problemi del Sud”: «Il nostro territorio sconta una distanza dal Centro Europa che spesso fa lievitare i costi di spostamento delle grandi produzioni. A ciò si deve aggiungere che in Puglia non tutti i promoter lavorano professionalmente, ma soprattutto mancano le location adeguate a contenere eventi di spessore. A Bari abbiamo un meraviglioso teatro in pieno centro, ma i costi di accesso per il suo utilizzo spesso sono insostenibili per gli organizzatori. E nel frattempo il capoluogo è fuori da tutte le mappe della nuova musica elettronica, perché non c'è neppure un club che ambisca a presentare le nuove proposte digitali o indie rock. Oggi è assolutamente necessario guardare avanti, avere una visione realmente contemporanea, aprirsi alle esperienze internazionali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E se si parla di musica a Bari non si può non interpellare Gianluigi Trevisi, anima di Times Zones, il festival delle “musiche possibili” che più di ogni altro ha reso, appunto, possibile l’arrivo a Bari di musicisti di spessore. Time Zones ora continua a proporre buona musica, ma senza i grandi nomi del passato. «Tutto è cambiato – afferma Trevisi -. Le amministrazioni locali non forniscono una politica di sostegno adeguata, i promoter di una volta non esistono più e non si investe sulla musica. A Bari c’è giusto qualche eccezione come il Teatroteam, il cui fondatore, Bartolomeo Pinto, è uno dei pochi reali imprenditori della città».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Eppure nel 98 riuscimmo al portare Lou Reed al Palatour di Bitritto – rievoca Trevisi – mentre sua moglie Laurie Anderson aveva già suonato al Petruzzelli nel 1986 (vedi foto di Giancarlo Velluso). In quegli anni il Comune investiva molto in cultura e c’erano spazi adeguati dove far esibire gli artisti, come le ex discoteche della città. In più come detto i privati azzardavano. Ecco perché è stato possibile portare artisti come Stranglers, Echo & Bunnymen, Ultravox, Polyrock e addirittura Fela Kuti, il miglior musicista africano, inventore della afro beat. Ricordo ancora quel fantastico concerto: era il 1988 e sul palco del vecchio Imperium di Bari c’erano a suonare 55 persone. Tempi che non ritorneranno più».
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Nicola Paparella
Nicola Paparella
I commenti
- Rachel O'Neill - 1) Cure e Duran Duran non sono "rock". 2) Bari FA e ASCOLTA rock. Basta farsi un giro nei VERI posti in cui la musica vive. Time Zones non è una VERA realtà musicale. E' una rassegna di musica che non importa a nessuno, se non ai radical chic. Mi dispiace, ma questo articolo è assolutamente infondato e getta cattivissima luce su una scena musicale che è viva e vegeta e che picchia più forte di tutte le altre scene musicali italiane.
- francesco quarto - Non entro nel merito dell'articolo, salvo che per apprezzare anche la capacità di berinedita di rievocare fatti e vicende di un passato non eccessivamente remoto e su temi che non sono soltanto di natura politica, ecologicistica, ma anche sociela, ma di un sociale "nazional popolare". voglio invece ricordare che a cavallo tra sessanta e settanta la nostra città ha ospitato, sia pure sporadicamente, gruppi musicali "rock" (tra parentesi perché lo intendo in una accezione piuttosto allargata), italiani ma anche stranieri. tra gli italiani ricordo edoardo bennato e francesco de gregori, i primo osannato (cinema ambasciatori) e il secondo contestato duramente, nonché alan sorrenti, prima della svolta canzonettistica di figli delle stelle. tra gli stranieri ricordo gli amazing blondel (cercateveli sulla reta chi sono), e una formazione britannica di jazz/rock o rock progressivo (la cosidetta scena di canterbury), non ricordo il nome della formazione e chiedo anzi a chi legge e ricorda di scriverlo. si trattava di musicisti che operavano con formazioni più blasonati quali soft machine, king crimson, ma anche nucleus, caravan, robert wyatt, matchin mole, centipede, keith tippett, ecc. E infine il concerto di John Mayall! mi fermo qui perché mi vengono le lacrime agli occhi! insistete su queste memorabilia!!!
- AndreaPària - Dai commenti: I Cure non sarebbero rock? Il post-punk, il rock gotico, la new wave con basso chitarra e batteria costituiscono forme di rock, intendere per "rock" solo guns n roses e Ac/dc (o magari Carmen Consoli) è la principale ragione per cui a Bari e in Italia stiamo musicalmente frecati. Comunque quanto a scena musicale "che picchia durissimo" a Bari c'è da anni la solita proporzione 99% di gruppi extreme metal liceale/rap/indie/folk con chitarrine (sempre la solita sbobba insomma) e 1% di gruppi di generi meno noti o più sperimentali, snobbatissimi. Ammazza, che scena musicale eh!