Fabbriche in disuso, antiche case disabitate, silenzio: è la spettrale Bari della Fibronit
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giovedì 3 novembre 2016
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di Stefania Buono
Siamo all’inizio di via Caldarola, in un tratto di strada lungo un chilometro che collega via Oberdan a via Magna Grecia. E’ da qui, alla discesa del ponte Padre Pio, che decidiamo di iniziare il nostro viaggio alla scoperta della Bari più spettrale che ci sia. (Vedi foto galleria)
Quella che percorriamo è una via che presenta sul lato destro numerosi palazzi e condomini e sul lato sinistro un muro in pietra (in alcuni tratti più basso in altri molto alto), che di fatto divide l’asfalto da enormi edifici industriali. Il primo lo troviamo dopo qualche metro: è un capannone blu di forma rettangolare sui cui dei writers hanno disegnato alcuni graffiti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Presenta due porte e qualche finestra di piccole dimensioni. Ci risulta impossibile avvicinarci a causa della recinzione che lo avvolge e sulla quale sono appesi cartelli con su scritto “pericolo di morte”. L’edificio è infatti circondato da numerosi tralicci dell’alta tensione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proprio accanto a questo stabilimento si trova una villetta antica a due piani. Nonostante sia disabitata e trascurata (qualche finestra è addirittura murata), mantiene una certa particolarità data dal tetto spiovente, dalle persiane verdi e da una vetrata che fa da cornice alla porta d’ingresso. Difficile non percepire l’evidente contrasto tra questo edificio e i tralicci che lo affiancano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Superata una vetusta struttura dove sono ubicati alcuni uffici dell’Enel, all’altezza dell’incrocio con via Aristosseno, giungiamo davanti a un grande capannone a due piani di colore bianco e giallo sul quale sono disegnati anche qui dei graffiti. La forma del tetto è particolare: partendo dal basso i cateti sembrano voler disegnare un classico triangolo isoscele, ma a metà ecco che la sagoma cambia, finendo col comporre un rettangolo. Non ci sono dubbi su ciò che si trovava all’interno della struttura ora abbandonata, visto che su tutto il muro di cinta campeggia per ben tre volte la scritta blu a caratteri cubitali “Bricorama”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Sì qui sorgeva un grande negozio di bricolage – ci conferma Katia, che è ferma lì vicino con la sua auto-. Aveva aperto alla fine degli anni 80. Ha resistito una quindicina d’anni, fino agli inizi del nuovo millennio. Poi ha chiuso ed è subentrato “Faville”, un negozio che vendeva prodotti per la casa, ma è durato giusto qualche mese. Da allora nessun altro ha voluto più metter piede qui».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Probabilmente le terribili verità emerse sulla Fibronit hanno cominciato a far paura a chi aveva un’attività commerciale da queste parti. Del resto la “fabbrica della morte” si trova proprio qui accanto. E’circondata da piante altissime lasciate crescere selvaggiamente dopo la chiusura dell’impianto avvenuta nel 1985. Sui muri esterni sono ancora attaccati dei vecchi manifesti di un circo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I capannoni, anch’essi della stessa forma di quello di Bricorama, sono di colore bluastro, anche se la vernice non più uniforme lascia intravedere un originario beige. Sembra di essere davanti a delle spettrali “cattedrali”: senza tetto e finestre ma di una silenziosa e inquietante bellezza. Del resto si tratta di una fabbrica quasi centenaria, fondata nel 1932. Queste strutture nei prossimi mesi saranno probabilmente abbattute, oppure potrebbero essere riqualificate per regalar loro una nuova vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lasciamo la Fibronit e proseguiamo per altri duecento metri, fin quando incredibilmente giungiamo davanti a un’attività ancora aperta: si tratta di un’autocarrozzeria dell’Alfa Romeo. Entriamo e parliamo con il proprietario, l’anziano signor Nicola. «Siamo aperti da cinquant’anni – afferma -. Prima c’era molta più vita in questa zona: qui sorgevano anche gli impianti della Feltrinelli legnami e della Sacelit. Insomma nella via si concentrava molta industria barese. Ora siamo rimasti solo noi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’officina si trova proprio accanto a un altro reperto storico della zona. Si tratta di “Villa De Sario”, un’antica casa a due piani edificata intorno alla metà dell’Ottocento che prende il nome dagli attuali proprietari che l’hanno rilevata una sessantina di anni fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di pianta rettangolare, ricorda molto i caratteristici palazzotti del murattiano, scandita com’è orizzontalmente da cornici marcapiano, da portali ad arco e da finestre timpanate. Qui sono presenti però anche elementi di gusto neogotico, quali i costoloni su peducci posti agli spigoli e le finestre trilobate, in particolare quella sul lato destro, appena visibile dalla strada. Una bella casa abbandonata posta in una delle zone più abbandonate di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Notiamo però che nell’edificio sono in corso dei lavori di ristrutturazione, così come qualche metro più avanti alcuni cartelli indicano che lì verranno costruiti presto alcuni palazzi. Se si considera che entro due anni sarà ultimata la bonifica della Fibronit, chissà, forse è lecito sperare che questa “maledetta” parte della città possa ritornare a vivere, dopo aver sofferto tanta morte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
* con la collaborazione di Alessia Schiavone
(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Stefania Buono
Stefania Buono
I commenti
- nick45 - Ero di lavoro negl'ultimi cinque anni del millennio presso gli uffici Enel di via Caldarola e ricordo che di fianco c'era un terreno adibito ad orto. Mi chiedevo come la gente si fermasse a comprare quei prodotti, io non l'ho mai fatto.E' una strada che attualmente faccio di rado (abito fuori città), quando la percorro, vedo la carrozzeria, ricordandomi anche di un deposito dell'amiu dove gli"spazzini" lasciavano i loro tricicli. Inoltre c'era all'interno della struttura (della carrozzeria) anche un pet shop che fungeva da deposito e dettaglio. Per i cinque anni che ho frequentato quel tratto di strada le finestre erano sempre chiuse credo a causa delle polveri del vicino ex stabilimento.
- nick45 - Ero di lavoro negl'ultimi cinque anni del millennio presso gli uffici Enel di via Caldarola e ricordo che di fianco c'era un terreno adibito ad orto. Mi chiedevo come la gente si fermasse a comprare quei prodotti, io non l'ho mai fatto.E' una strada che attualmente faccio di rado (abito fuori città), quando la percorro, vedo la carrozzeria, ricordandomi anche di un deposito dell'amiu dove gli"spazzini" lasciavano i loro tricicli. Inoltre c'era all'interno della struttura (della carrozzeria) anche un pet shop che fungeva da deposito e dettaglio. Per i cinque anni che ho frequentato quel tratto di strada le finestre erano sempre chiuse credo a causa delle polveri del vicino ex stabilimento.