di Nicola Imperiale

«L'ex Ferrero non è leggenda: dal 57 al 59 Bari ospitò la fabbrica di cioccolato»
BARINe avevamo parlato l’anno scorso. In un condominio di via Fanelli si trova un grande capannone abbandonato che tutti i baresi chiamano la “fabbrica della Ferrero”, ma della cui storia pochi ricordano. All’epoca facemmo numerose ricerche, che però non portarono a risultati: di questo stabilimento che produceva dolci non trovammo alcuna traccia in documenti e articoli. Scrivemmo comunque il pezzo parlando di “leggenda metropolitana”, nella speranza che qualcuno leggendolo potesse fornirci qualche informazione. Cosa che è avvenuta qualche giorno fa, quando il 77enne barese Antonio Sinibaldi, da tempo residente a Pistoia, ci ha contattati per raccontarci la sua storia di dipendente della mitica “fabbrica del cioccolato”. (Vedi anche foto galleria)

«Fui assunto come apprendista meccanico nel 1957, anno di apertura dello stabilimento – ci dice Antonio -. La fabbrica era grande e pagava bene: noi operai ci sentivano dei “signoroni”. Io avevo appena 17 anni e guadagnavo 6-7 mila lire al mese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La Ferrero acquisì uno stabilimento già esistente di proprietà della Sica, altra industria dolciaria, per produrre anche a Bari cioccolatini, uova di Pasqua e “golosini”, dolci ripieni di meringa e ricoperti di cacao. «Per centrare l’obiettivo assunse quasi cinquecento persone – sottolinea il 77enne -. Eravamo divisi in turni da 12 ore l’uno: le macchine erano in funzione tutto il giorno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per raggiungere la fabbrica non c’erano mezzi pubblici e i dipendenti dovevano arrivarci o a piedi o in bicicletta, attraversando la campagna visto che all’epoca in quella zona non c’era praticamente nulla. All’ingresso la portineria accoglieva gli operai che proseguivano il cammino per un breve viale alberato costellato di pini, cipressi e palme, fino al “casino”, piccola villa ancora esistente usata come sede degli uffici della fabbrica. «Era lì che ritiravamo la busta paga», afferma Antonio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il lavoro si svolgeva nel grande capannone ora abbandonato (nella foto), dove si producevano i dolci che poi venivano venduti presso una rivendita nel quartiere San Pasquale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1959 però per gli operai baresi il sogno di una vita tranquilla e di una paga dignitosa e regolare svanì. La fabbrica dolciaria infatti decise di spostare tutte le sue lavorazioni ad Alba, in Piemonte, forse a causa di un calo delle vendite o per gli alti costi di lavorazione, cessando la produzione e trasformando il capannone in un semplice deposito. Insomma la storia della Ferrero a Bari durò solo due anni: è forse questo il motivo per cui è stato problematico reperire informazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Quando furono chiusi i cancelli rimanemmo tutti disoccupati - conclude Antonio con un po’ di amarezza nella voce -. Non c’era altro lavoro in città, così in tanti decidemmo di emigrare al Nord. Io mi stabilii prima a Torino e in seguito a Pistoia, dove vivo ancora oggi. Anche se ogni volta che ritorno a Bari passo sempre a visitare il “mio” stabilimento. Che peccato che sia ormai ridotto  a un rudere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Siamo quasi ad angolo con viale Einaudi, alle spalle della scuola media Michelangelo. Qui, all’interno del  complesso residenziale “Villa Anna”, che prende il nome dall’omonima villa ottocentesca, si trova l’edificio misterioso, che non è visibile dalla strada: cartelloni pubblicitari, alti palazzi e grandi alberi lo celano alla vista dei passanti
L'ex fabbrica della Ferrero si presenta come un capannone a un piano che si estende in lunghezza, sul quale hanno avuto vita facile arbusti e rampicanti di ogni tipo
Prima dello stabilimento si trovano gli antichi resti di quella che doveva essere una struttura adiacente a Villa Anna (che i residenti guarda caso chiamano “Villa Ferrero”)
Siamo di fronte alla mitica Ferrero. Fra le tante saracinesche chiuse e ingressi sbarrati da assi di legno, solo uno è praticabile, sebbene bloccato da una rete rossa
Ci sporgiamo per scrutarne l’interno. Qui regna solo il disordine, con un camion pieno di attrezzi da muratore e poi parti di un’impalcatura, sacche di cemento, mattoni e bombole, tubi e altri oggetti da lavoro. Su una colonna spicca un cartello bianco e giallo con una scritta nera: “Pericolo di crollo”. Il tutto sovrastato da un soffitto annerito e corroso dalla muffa. Le pareti si presentano piene di disegni e scritte
Sulla destra dell’enorme stanzone semivuoto scorgiamo sacchi d’immondizia e resti d’intonaco e detriti, oltre alla fitta vegetazione nata spontaneamente anche all’interno del fabbricato
Un po’ delusi ci avventuriamo alle spalle dell’immobile dove troviamo un ambiente libero, privo di porte e di altre restrizioni. Anche qui i muri sono stati “decorati” da vari graffiti, ma sulla sinistra torreggiano delle grandi vetrate: la luce del giorno filtra dall’alto illuminando tutto il locale e creando uno spettacolo suggestivo



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  • Angelo Amoroso d'Aragona - apprezzo molto il lavoro che Barinedita fa sulla storia locale. Se potessi gestire una Biblioteca Pubblica farei tesoro di questo vostro impegno e lo valorizzerei in una apposita Sezione che sono sicuro interesserebbe molti cittadini, vecchi e giovanissimi.
  • BARINEDITA - Grazie Angelo. Sì, in un modo o nell'altro (pubblico o non pubblico) dobbiamo cominciare a pensare a qualcosa di stampato che possa servire a una maggiore divulgazione. Saluti
  • Illuso - Ritengo che ferrero acqistò per eliminare un concorrente capace di concorrere....vecchi trucchi per prendere per i fondelli. Sappiamo bene l' incapacitá dei meridionali di fare squadra.....infatti non abbiamo imprenditori, " tranne poche mosche bianche" che abbiano fatto storia.
  • STEFANO VIOLANI - Quella fabbrica prima della Ferrero apparteneva alla SICA (Società Italiana Caramelle e Affini). Oltre alla fabbrica, Vi era un grande negozio di vendita al pubblico in Corso Cavour subito a fianco dell ' Ex cinema Oriente. Mio Padre e mia madre sono stati per anni gestori di tale negozio. Quando ero piccolo mi portavano spesso in Fabbrica dove mi divertivo a nascondermi nei mucchi di caramelle. Quando la Sica chiuse, non so per quali motivi, i miei genitori avviarono la prima attività di vendita di Bomboniere in via Davanzati. Bei tempi e quanti ricordi.
  • Michele Germano - Riguardo al Casino Ferrero, i capannoni industriali retrostanti alla villa furono costruiti da mio nonno. Appartenevano alle “I.B. Industrie Baresi”, una fabbrica di cioccolato fondata da Attilio Germano (mio nonno, appunto), Piemontese trapiantato a Bari, già proprietario della fabbrica dolciaria SICA negli anni ‘30 e ‘40, il cui negozio era proprio in Corso Cavour (Attilio Germano fu eletto tra l’altro nel 1946, proprio a Bari, Deputato all’Assemblea Costituente). Negli anni ‘50, ceduta la SICA, aveva impiantato nella sua villa una nuova fabbrica di cioccolato, le “Industrie Baresi”, appunto, che ebbe però vita piuttosto breve. Fu lui che vendette tutto, villa e capannoni, alla Ferrero. Abbiamo diversi filmini girati in quella villa, uno addirittura con Eduardo De Filippo, ospite della nostra famiglia nel 1956.


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