di Katia Moro e Elena Lisco

La storia del grande scempio: la distruzione dell'antico Palazzo della Gazzetta
BARI –  Dal Dopoguerra in poi Bari fu vittima di una serie di scempi architettonici perpetrati a danno di antichi edifici. La foga edilizia e la voglia di allargare in fretta la città, portarono, giusto per fare qualche esempio, alla distruzione dei villini postelegrafonici di Carrassi, al seppellimento dell’albergo diurno in corso Vittorio Emanuele, ma anche alla demolizione dei palazzotti di inizio secolo in tutto il borgo murattiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche se forse il più grande e doloroso delitto compiuto a Bari fu la distruzione dello splendido e antico “Palazzo della Gazzetta” che dominava piazza Aldo Moro (all’epoca piazza Roma), avvenuto in una notte dell’agosto del 1982.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un triste episodio di cui chiunque sia nato successivamente agli anni 80 non può avere memoria, visto che le uniche reliquie sopravvissute alla follia distruttrice sono i quattro poderosi telamoni inginocchiati, conservati ancora oggi all’interno dell’androne della sede del Comune. (Vedi foto galleria)

E’ proprio da qui che inizia il nostro viaggio nel tempo, teso a ricostruire la storia del glorioso edificio e della sua fine. Nel municipio barese è stata infatti adibita una sorta di camera mortuaria dedicata al Palazzo liberty. Ci sono immagini in bianco e nero della struttura e soprattutto queste quattro sculture che originariamente erano inglobate nei vani delle finestre a pianterreno, con la funzione simbolica di portare sulle proprie spalle tutto il peso. Oggi non sorreggono più nulla e la tensione dei loro muscoli splendidamente definiti risulta un inutile sforzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le foto non rendono comunque merito al Palazzo, che fu per tanti anni l’edificio più alto della città, superato solo nel 1936 dalla torre della Provincia. Progettato dall’architetto Saverio Dioguardi e inaugurato il 28 dicembre del 1927,  si sviluppava su quattro piani, presentandosi in stile eclettico (un misto tra neoclassico e barocco). Accanto ai motivi consueti di Dioguardi (il bugnato basimentale e gli accurati rilievi plastici), presentava un corpo angolare sormontato da una cupola conclusa in sommità da un’altana e da un globo luminoso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Essendo nato nel 48 ricordo perfettamente il palazzo – ci dice l’architetto Arturo Cucciolla –. Nella mia memoria, come in quella di tutti i miei coetanei, è rimasta indelebile l’immagine imponente di quel globo luminoso che rimandava all’art déco americana sul modello del kolossal Flash Gordon».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1982 però, durante una notte, si decise di distruggere per sempre questa opera d'arte. Il motivo ce lo spiega l'83enne Angelo Caiati, per anni capo della segreteria di redazione del giornale. «La Edisud, editrice della Gazzetta, preferì abbattere piuttosto che andare incontro alle onerose spese di ristrutturazione», afferma. E così “dalla mattina alla sera” il Palazzo morì.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al suo posto, all’angolo tra piazza Aldo Moro e via Caduti di via Fani, fu eretto un edificio a vetri di dubbio gusto estetico che si trova ancora oggi in quel punto. Ospita uffici e negozi e dal 2015 anche la redazione della Gazzetta, che da due anni è ritornata di fronte alla Stazione centrale, nel “luogo del misfatto”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Si tratta di un’ottusa cubatura pretenziosa e modernista di specchi e cemento – afferma Cucciolla -. Si è sostituito quel capolavoro con una cosa orribile che rappresenta la morte dell’architettura, così come ogni struttura a vetri specchiati. Questi ultimi  fanno rimbalzare il calore e il baluginio della luce, che acceca lo spazio pubblico urbano circostante, creando un microclima sfavorevole».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma in pieno stile barese anni 70-80, in un attimo si tolse alla cittadinanza il bello per restituirle il brutto. «E il tutto con l’assenso delle istituzioni, Comune e Soprintendenza in primis – conclude l’architetto -. Non mossero un dito per evitare questo vero e proprio delitto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Il più grande e doloroso delitto architettonico compiuto a Bari fu l’abbattimento dell’imponente “Palazzo della Gazzetta” in piazza Aldo Moro (all’epoca piazza Roma), avvenuto in una notte dell’agosto del 1982
Nell'androne del municipio barese è stata adibita una sorta di camera mortuaria dedicata al Palazzo della Gazzetta, abbattuto nel 1982. Ci sono immagini in bianco e nero della struttura e soprattutto i quattro telemoni...
...sculture che originariamente erano inglobate nei vani delle finestre a pianterreno con la funzione simbolica di portare sulle proprie spalle tutto il peso dell’imponente edificio
Oggi non sorreggono più nulla e la tensione dei loro muscoli splendidamente definiti risulta un inutile sforzo
Le foto non rendono comunque merito al Palazzo, che fu per tanti anni l’edificio più alto della città, superato solo nel 1936 dalla torre del Palazzo della Provincia
I rilievi plastici come i telemoni rappresentavano una delle particolarità del palazzo progettato in stile eclettico, un misto tra neoclassico e barocco (foto di Nicola Velluso)
Accanto ai motivi consueti di Dioguardi (il bugnato basimentale e gli accurati rilievi plastici), il palazzo presentava un corpo angolare sormontato da una cupola conclusa in sommità da un’altana e da un globo luminoso
Al suo posto, all’angolo tra piazza Aldo Moro e via Caduti di via Fani, fu eretto un edificio a vetri di dubbio gusto estetico che si trova ancora oggi in quel punto. Ospita uffici e negozi e dal 2015 anche la redazione della Gazzetta, che è ritornata da due anni di fronte alla stazione, nel “luogo del misfatto”



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  • Nico - Salute. Complimenti, semplice, sintetico e buon articolo. Grazie.
  • Nicola - Effettivamente uno scempio che rimpiangeremo per sempre. Complici gli amministratori locali ed la Sovraintendenza ai Beni Culturali, che in questo caso ha chiuso tutti e due gli occhi, come ha fatto per i ritrovamenti di Piazza del Ferrarese e Piazza Mercantile, ove i reperti trovati, sono stati nuovamente sepolti per sempre.
  • PIERO LUCA MARVULLI - i miei ricordi sono molto antichi (risalgono all'anteguerra) ma molto vividi: con i miei genitori passavo spesso per via Zuppetta e quando ero all'altezza delle finestre della Gazzetta, quei grandi e possenti uomini ripiegati su sè stessi mi facevano paura, ma nel contempo mi incuriosivano: come potevano rimanere in quella posizione per tanto tempo? ingenui pensieri di bambino. Sensazioni perse nella vastità del tempo...
  • Illuso - Come sempre i giornali scaricano le colpe agli imprenditori o politici....questo non é corretto.....la colpa, sappiate che è sempre del popolo...quello che pone la crocetta sulla scheda elettorale.....quel popolo che elegge chi dovrebbe difendere i beni dei cittadini....quel popolo che come sempre, scarica le proprie responsabilitá su altri. Ora vediamo chi é capace di smentirmi.
  • angelo - bell'articolo . E non fu sostituito solo quel palazzo...piazza Roma fu distrutta . Per fortuna stazione e fontana , per ora , si sono salvate. Ma chissa'...visto che gli scempi continuano ( via Sparano...).
  • Francesco Quarto - ottimo articolo! vorrei ricordare che anni fa durante una passeggiata ciclistica salendo il ponte (ma ha un nome?) che da via amendola porta a via caldarola vido i telamoni colocati su un campo sottostante il ponte (più o meno dopo l'edificio della concessionaria automobilistica della Rover). il palazzo di vetro è una vera ... una schifezza oggi deturpata oltre modo dal disfacimento delle pellicole. ma scrivo per ricordare che tra gli altri abbrobri del sacco edilizio barese metterei anche quello che doveva essere il vecchio tribunale (non lo so per certo) abbattuto per costruire la facoltà di giurisprudenza quell'immondo edificio in perenne stato di precarietà edidle (lo hanno fatto con la sabbia???) la cancellata di capogrossi non serve a donare rispettabilità a un palazzo nato rudere ... per non dire l'edifio a fianco: l'ex Enel di una coppia di celebri architetti. oggi i giovani studenti di architettura vengono alla nazionale (biblioteca! sapete che a bari c'è una biblioteca nazionale???) per cercare testi per studiare l'opera di tali personaggi aizzati dai loro docenti che evidentemente non hanno il minimo sento estetico, ma anche ,e soprattutto, etico. continuate nelle vostre inchieste!
  • antonio arky colavitti - vero e proprio delitto perpetrato da biechi interessi di cassa, ho ancora in mente i telamoni e la torre svettante, la mia infanzia, la nostra Storia...che peccato!
  • Andrea Pària - per Illuso: senza polemica contro di te, ma quella che hai detto è un'IDIOZIA che circola a livello colloquiale da tanto, troppo tempo in Iitalia. Il popolo mette la croce perchè raggirato, da imprenditori e politici molto più consapevoli e molto bravi ad omettere le informazioni e a far dimenticare la storia. Casomai forse sono loro a scaricare la responsabilità sul popolo (che non può essere mai a conoscenza di tutte le magagne), non il contrario. Il mantra "la colpa è anche nostra" ha esattamente quegli effetti.
  • marcello - Bene hanno fatto a lasciare i 4 telamoni inginocchiati in una 'simil' camera mortuaria..........perché uno scempio all'arte architettonica di tal fatta va pianto eternamente!!!


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