L'incanto di Serra del Corvo, lago violentato da rally, cacciatori e pesca di frodo
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lunedì 19 febbraio 2018
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di Nicola Imperiale
Quello di cui stiamo parlando è il lago di Serra del Corvo, un invaso artificiale che segna il confine tra Puglia e Basilicata per quattro chilometri. Nato nel 1974 dopo la costruzione di una diga sul torrente Basentello, questo bacino dalla forma a “v” si trova nei pressi di altre meraviglie come i “vulcanelli di fango” e il Castello di Monteserico.
Il miglior modo per raggiungerlo è partire dalla piccola Poggiorsini percorrendo prima le provinciali 9 e 8 e poi la via denominata Contrada Basentello, una lingua d’asfalto circondata da un paesaggio solitario e bucolico. Dopo 12 chilometri si arriva a destinazione. (Vedi foto galleria)
Una stradina sterrata ci porta sulla riva dello specchio d’acqua, che ammiriamo in tutto la sua placida tranquillità, mentre l’armonica curva delle colline intorno si tuffa nel silenzioso bacino, che meriterebbe i versi di William Wordsworth e degli altri “poeti del lago”. Purtroppo nessuno celebra tanta bellezza, anzi l’eco lontano del motore di un’auto spezza l’incanto e attrae la nostra attenzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alcuni fuoristrada stanno facendo del rally, insozzando la spiaggia argillosa e lasciando sull’arenile tracce evidenti di pneumatici. Non ci resta che allontanarci e dirigerci verso sud.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per tutto il viaggio pur non incontrando altre persone non ci sentiamo mai davvero soli. Il lago è vivo, in continuazione spiccano il volo uccelli che sorvolano le acque. Identifichiamo in particolare una cicogna solitaria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fiancheggiamo i resti di una masseria che con le sue mura e i suoi archi dona un’aria ancora più suggestiva al posto, ma ecco che sulla spiaggia scorgiamo un’altra presenza invasiva dell’uomo: dei bossoli esplosi di un fucile da caccia e un’anatra di plastica per richiamare gli uccelli. E poco lontano ciò che rimane di una grossa rete con galleggianti, sicuramente non permessa per la pesca d’acqua dolce.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci perdiamo d’animo e continuiamo la passeggiata in questo luogo, dove il limite fra l’azzurro del cielo e del lago è demarcato solo dal verde degli sterminati prati. Perfino le costruzioni dell’uomo, come le poche case coloniche sparse, sembrano divenire particolari ben inseriti in un pulsante affresco. Una grande collina verde sulla sinistra attrae la nostra attenzione, quando dalla sua cima vediamo innalzarsi un parapendio.
Camminiamo per vari minuti e alla fine della spiaggia incrociamo la “diga del Basentello”. Certo, è solo grazie alla sua presenza che esiste il bacino, ma è impossibile non notare il contrasto fra quel “mostro” di cemento e metallo dall’aspetto così grigio e sinistro e la vegetazione colorata e lussureggiante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Torniamo all’auto e riprendiamo la strada asfaltata per dirigerci verso la sponda lucana del sito. Percorriamo il ponte che attraversa lo specchio d’acqua e tramite una stradina sterrata scendiamo verso la riva. Appena arrivati notiamo una canna da pesca e un retino. Ci sono anche delle auto parcheggiate e delle tende, nel punto dove campeggiano una decina di giovani. Li avviciniamo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Siamo quasi tutti pugliesi», ci dice Graziano, un giovane di Santeramo in Colle che da due giorni è accampato qui per catturare carpe con il resto dei suoi amici. «Questo è un posto stupendo, ma non c’è alcun controllo da parte delle autorità – afferma -. Troppi cacciatori, macchine che fanno rally e gente che butta immondizia da per tutto. Abbiamo anche provato a tener pulita la spiaggia, ma dopo un giorno c’erano di nuovo rifiuti ovunque».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta quindi che salutare i pescatori e andare via da questo luogo a cui basterebbe un po’ di cura e attenzione per divenire una meta imperdibile per chi ama veramente la natura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Nicola Imperiale
Nicola Imperiale
I commenti
- Michele CAPONE - E' un luogo magico, puo' avere una valorizzazione turistica, ma da anni denunciamo questi fatti e non ci ascolta nessuno. Devo dire però che ci fanno anche delle belle gare di canoa vende dal potentino e dal salernitano, noi spesso organizziamo dei percorsi di trekking sulla via Appia Antica partendo da Venosa e arrivando a Gravina in tappe da 40 km circa. Qui di solito facciamo una sosta notturna in tenda, un fuoco di bivacco e mangiamo carne e altro alla brace. Siamo scout e tutte le volte che ci fermiamo puliamo il luogo. Peccato che veramente non venga valorizzato. https://www.youtube.com/watch?v=AKuC4-ckUrI https://www.youtube.com/watch?v=hdObhgQ1sB0