"Totem", maioliche e pannelli colorati: l'arte nascosta tra i palazzi moderni di Bari
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giovedì 30 maggio 2019
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di Luca Carofiglio - foto Valentina Rosati
Un’idea, quella di unire arte e architettura, che affonda le sue origini nel passato, sin dall’antica Grecia, ma persasi all’inizio del 900. «Nei primi decenni del ventesimo secolo si affermò il principio secondo il quale gli edifici potevano fare a meno delle decorazioni a favore della massima funzionalità – spiega lo storico dell’arte Vincenzo Velati, autore su questo tema di un capitolo del libro “La città del disincanto” a cura di Nicola Signorile -. Fu solo a partire dagli anni 50 che si ritornò a costruire grandi palazzi condominiali con addobbi e ornamenti, al fine di valorizzarli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un connubio voluto fortemente dal Movimento Moderno, stile dominante fino agli anni 80 che utilizzava in maniera creativa il calcestruzzo. Architetti come Onofrio Mangini, Vito Sangirardi o il duo Chiaia Napolitano, sperimenteranno anche a Bari questa nuova corrente, unendo praticità ed estetica, secondo l’insegnamento del grande Le Corbusier, per cui “un oggetto utile dev’essere ornato, deve avere un’anima”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il nostro tour alla ricerca dell’arte “nascosta” di Bari inizia in via Robert Schumann 12, una parallela di via Amendola situata nei pressi dell’ex brefotrofio. All’ingresso di un condominio costruito dalla ditta Lobosco tra il 1981 e il 1982, si staglia una sorprendente riproduzione in cemento di una colonna istoriata, monumento onorario dell’antica Roma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La scultura, alta cinque metri, è modellata da particolari fregi che rappresentano varie forme geometriche quali rettangoli e cerchi, ma anche disegni stilizzati di quelli che paiono ingranaggi. Pare di trovarsi davanti a una sorta di “totem” proveniente da civiltà lontane. E non è tutto, perché di fronte al pilastro si trova un pannello cementizio che raffigura case, cupole e astronavi: simboli che sembrano rifarsi ai “geroglifici alieni”, antichi e incomprensibili segni studiati dagli ufologi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo ora nella verde Poggiofranco “bassa”, lì dove in via Cardinale Marcello Mimmi, al civico 36, balzano agli occhi cinque cubi sovrapposti all’interno di un cortile. Realizzati in pietra, sono poggiati uno sull’altro secondo un irreale gioco di equilibrio. Il loro colore grigio in alcuni punti si è scurito per via degli agenti atmosferici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre a Carrassi, al numero 13 di largo Ciaia, su un portone sorge una pensilina ornata da una lastra in terracotta. Fu realizzata dal foggiano (ma barese di adozione) Giordano Belardinelli. Artista “espressionista”, aveva una fornace di proprietà in cui realizzava le sue opere in terracotta. Il disegno mostra la festa di San Nicola: processione, corteo storico, statua, caravella e fedeli affacciati ai balconi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel rione Madonnella invece, in corso Sonnino 158, un portone è sovrastato da un singolare fregio maiolicato di cui però non si conosce l’autore. Su uno sfondo azzurro le forme geometriche raffigurano i dodici segni dello zodiaco.
Ma è nel quartiere Murat che troviamo il maggior numero di esempi di architettura “decorata”. Guidati dalla succitata pubblicazione di Vincenzo Velati, ci dirigiamo in piazza Umberto, dove sulla parete del civico 26 si mimetizza una lastra in terracotta incisa. Protagonista è un porto con delle imbarcazioni stilizzate. La firma è di “Cerarr”, sigla che sta per “Ceramiche e Arredamenti”, quella con cui Mimma Russo Frattasi, docente dell’Istituto d’arte, firmava alcune opere negli anni 60.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ora in piazza Aldo Moro 31, dove raggiungiamo un portone arricchito da una lastra in ceramica a firma sempre di Belardinelli. Venne realizzata nel 1955 ed è adornata con maioliche colorate che paiono ritrarre circuiti e lampadine. «Probabilmente rappresentano oggetti venduti allora da qualche negozio nelle vicinanze», spiega Velati.
Di Belardinelli è anche il pannello con motivi astratti situato in via Argiro 97, sul palazzo Giorgio, progettato da Chiaia e Napolitano e terminato nel 1953. Bianche mattonelle maiolicate sono ricoperte di astratte forme geometriche blu, rosse, arancioni e gialle, mentre dei tratti neri interrompono i colori come scarabocchi fatti con il pennarello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ultima tappa del nostro viaggio è in via Abate Gimma 91, dove una scultura dai colori scuri è abbarbicata su un pilastro della parete. In questo caso non si conoscono autore e significato, ma poco importa: ciò che conta è che queste opere siano riuscite a regalare un tocco di creatività a quartieri caratterizzati da speculazione edilizia e troppo cemento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio
Foto di
Valentina Rosati
Valentina Rosati
I commenti
- Mariano Argentieri - Da menzionare le opere sopra e dentro il portone degli uffici dell'ente acquedotto pugliese al quartiere Marconi. Autore del bassorilievo su piastrelle in maiolica è l’artista Giordano Belardinelli con il discepolo Gregorio e l’aiutante Derasmo. La pensilina e le scale dell'androne d'ingresso vennero decorate da Raffaele Spizzico nel 1991.