La bellezza nascosta di Taranto vecchia: una piccola isola abbandonata al degrado
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mercoledì 2 marzo 2016
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di Massimiliano Fina
Eppure la città vecchia mantiene un suo fascino fatto di stretti vicoli e decine di chiese e palazzi: una bellezza che però in assenza di un’adeguata riqualificazione rischia di scomparire per sempre.
Nei giorni scorsi siamo andati a farci un giro sull’isola e questo è il nostro racconto. (Vedi anche ampia galleria fotografica)
Il centro storico è collegato alla terra da due ponti: quello di “Pietra” a nord che lo collega al rione Tamburi-Croce e quello “Girevole” a sud che la congiunge al Borgo nuovo , la zona commerciale e più viva della città. Arrivando da qui, l’isola si presenta con la possenza del Castello Aragonese, costruito alla fine del 1400 sull’impianto di un precedente castello di età normanno-sveva che, a sua volta, era stato edificato sui resti di una roccaforte bizantina. Al suo interno vi è una cappella dedicata a San Leonardo riconsacrata nel 1993 e tra i tanti pregevoli reperti lo Stemma di Filippo II.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Di fronte all’entrata del maniero si trova Palazzo di città, ricostruito sulla vecchia Residenza del Capitano del XVI secolo e accanto le colonne doriche, protette da una recinzione: rappresentano l’unica testimonianza del tempio di Poseidone, il più antico tempio dorico della Magna Grecia. La leggenda vuole che la nascita della città sia avvenuta ad opera di Taras, uno dei figli di Poseidone. l’antica Taranto ebbe nel corso della sua storia così un grande culto per questa divinità, tanto da erigere un grande tempio in suo onore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E’ arrivato il momento di entrare nel borgo abitato. Da piazza Castello ci inoltriamo per via Duomo, una delle strade principali della città vecchia, sulla quale dopo qualche decina di metri troviamo a sinistra la chiesa di San Michele, con annesso convento (che ospita il conservatorio provinciale), costruita nel 1763 grazie al lascito del nobile Giovanbattista Protontino.
Poco più avanti si incontrano la chiesa e il Convento di San Francesco, il più grande della città vecchia, restaurato e destinato a sede universitaria. Eretto nel XIV secolo l’edificio subì nel corso dei secoli numerose trasformazioni per diventare addirittura una caserma. Superato il convento sulla sinistra troviamo Palazzo Galeota, edificato nel 1728 e sede di uffici universitari e comunali: è uno dei più eleganti del centro storico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ai lati di via Duomo si aprono graziose vie in discesa con gradini: nel Medioevo erano chiuse da porticine (le “postierle”) che servivano a dividere la parte alta abitata dai nobili dalla parte bassa dove viveva il popolo. Alla nostra destra c’è per l’appunto l’ingresso della Postierla Immacolata. Ma continuiamo il nostro cammimo sulla via principale e incrociamo vicoletto Arco Madonna del Pozzo, lì dove una anziana signora sta sistemando un’edicola votiva. «Un tempo – ci dice nostalgica la vecchietta - in ogni vicolo vi erano una o più edicole. Noi donne ci incontravamo all’ora stabilita e intorno a queste recitavamo il rosario. Una cosa che ora nessuno fa più».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ormai nel cuore della città vecchia. La luce, i colori, gli odori danno l’impressione di trovarsi immersi in un mondo a parte, in un’atmosfera diversa, quasi irreale. Eppure la tristezza e la malinconia prendono il sopravvento quando si incontrano gruppi di bambini abituati a giocare per strada in uno scenario fatto di zone interdette e disabitate, di vicoli chiusi da cumuli di calcinacci, di palazzi con le finestre murate o senza porte, di impalcature e puntelli che sorreggono interi edifici. Purtroppo Taranto vecchia è anche questo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A noi non resta che andare avanti per proseguire il nostro racconto. Arriviamo così in piazza San Costantino, il punto più alto della città vecchia. Da qui si accede alla discesa Vianuova che all’incrocio con via Di Mezzo, costituiva l’asse di ripartizione tra “pittaggi”, i rioni di un tempo. Quelli della parte alta prendevano il nome di Baglio e San Pietro, quelli della zona bassa Turripenne e Ponte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giriamo per via Paisiello, per trovare la casa (in stato di evidente degrado) di Giovanni Paisiello, importante musicista del 700. Qui vicino, nella Piazzetta Monteoliveto, si ergono uno di fronte all’altro il Santuario Madonna della Salute (ex chiesa dei Gesuiti in stile barocco chiusa e in ristrutturazione da danni), la chiesetta di Sant’Andrea degli Armeni costruita nel 1573 e Palazzo Gallo, coperto dalle impalcature. Siamo in un punto dell’isola in cui il degrado ha preso il sopravvento sulla bellezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per rifarci gli occhi continuiamo a camminare su via Paisiello per andare ad ammirare il settecentesco Palazzo D’Ayala Valva. E’ uno degli edifici più prestigiosi e imponenti dell’aristocrazia tarantina ed è costituto da sei livelli: tre in altezza e tre sottoterra. Del resto c’è anche una Taranto sotterranea, fatta di ipogei e passaggi nascosti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ritorniamo a questo punto su via Duomo e giunti in largo Arcivescovado, si erge davanti a noi Palazzo Troilo del XVIII-XIX secolo, altro edificio mestamente murato che si trova proprio di fronte al monumento più rappresentativo della città: la Cattedrale San Cataldo. Il duomo racchiude testimonianze artistiche di epoche diverse: la facciate e le cappelle in stile barocco, le navate romaniche e la cripta altomedievale. La facciata dedicata all’Assunta è stata costruita nel 1713, su commissione dell’arcivescovo Stella, il cui stemma campeggia sopra il portale. L’interno è a tre navate con colonne e capitelli di diversi stili ed epoche. Il Cappellone, definito dal critico Vittorio Sgarbi “la più bella cappella in stile barocco d’Italia”, è di forma ovale con marmi multicolori e intarsi di pietre preziose.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo aver attraversato palazzi fatiscenti e in perenne ristrutturazione accediamo alla caratteristica via Pentite e incrociamo la Postierla SS. Medici che collega la parte alta della città con la parte sottostante. Spingendoci fino in fondo al vico, lì dove è presente una fornace medievale, si può osservare il notevole dislivello di circa 15 metri tra le due zone della città. Anche in questa zona sono tanti i palazzi e le chiese murate, in mezzo a case crollate da un lato ma da cui dall’altro magari pendono panni colorati. In vico Vigilante incontriamo ad esempio la grande mole rossiccia di Palazzo Amati, sede della prima scuola elementare pubblica, murato per le cattive condizioni in cui versa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma ritornando su via Duomo non possiamo non essere favorevolmente colpiti dalla vista della chiesa di San Domenico Maggiore, costruita nel 1302 in stile gotico-romanico su un tempio pagano di stile dorico risalente al V secolo a.C.. L’ingresso è raggiungibile attraverso una scalinata barocca. Mentre raggiungendo corso Vittorio Emanuele II possiamo imbatterci nell’imponente Palazzo Pantaleo, del 1770, che si affaccia sul Mar Grande.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ormai arrivati alla fine del centro storico. Su piazza Fontana si staglia la Torre dell’Orologio e di fronte a noi si erge il Ponte di Pietra, l’altro accesso all’isola. Da qui sulla destra parte via Cariati, che diventa poi via Garibaldi: è il lungomare, che si affaccia sul Mar Piccolo. Lo scenario, dal lato mare, è pittoresco: i pescherecci ancorati alle banchine galleggianti, il via vai dei pescatori sempre all’opera che riparano le reti sotto una pensilina in stile liberty, la storica pescheria “Cicce ’u gnure” oggi però chiusa, di cui è rimasta solo l’insegna in bellavista.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Cicce, ormai defunto, era un omone con i baffoni neri - ricorda un pescatore -. Dopo aver sistemato il bancone del pesce si sedeva davanti alla pescheria e aspettava i clienti gridando a squarciagola “ce vulite mangià sicure pesce frische da Cicce ’u gnure”. Questo detto ha etichettato la sua figura che ormai fa parte della storia della città vecchia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Purtroppo però se ci giriamo mettendoci di spalle al mare, siamo costretti a “godere” di una vista completamente diversa. Davanti a noi si staglia il triste skyline del borgo antico, fatto di tanti bassi palazzi storici grigi e fatiscenti, alcuni dei quali murati e disabitati. E questo è purtroppo il biglietto da visita di Taranto vecchia: una vista che non può che spaventare il turista, che rimarrà ignaro delle bellezze e della storia che il borgo antico racchiude tra le sue decadenti mura.
(Vedi foto galleria)
* con la collaborazione di Franco Sicuro
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Massimiliano Fina
Massimiliano Fina