San Giorgio Martire: murata. Il triste epilogo del gioiello medievale
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giovedì 3 luglio 2014
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di Salvatore Schirone
Quel terribile rogo è stato il culmine dello scempio consumato nell'indifferenza di una intera città, sorda ai reiterati appelli di associazioni, singoli cittadini e dei proprietari stessi che invano hanno cercato di cedere il bene a enti pubblici e privati per il restauro e la custodia. E proprio qualche settimana fa i proprietari, Lucia e Nicola Scattarelli, hanno murato l'accesso e sigillato le entrate della chiesetta (vedi galleria fotografica). Siamo andati a incontrarli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quindi alla fine avete deciso di chiudere l'accesso.
Era un atto dovuto. La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, il 3 maggio dell'anno scorso ci ha obbligato formalmente a intervenire per salvaguardare l'edifico (sottoposto a tutela come “testimonianza di architettura rurale del XI - XVIII secolo”) e a metterlo in sicurezza per preservare l'incolumità pubblica, "essendo il bene accessibile dall'esterno con molta facilità" . Abbiamo pertanto incaricato una ditta per i necessari lavori di pulizia e messa in sicurezza, lavori che ci siamo accollati noi per 13.500 euro e che si sono conclusi di fatto 15 giorni fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perchè questo ritardo? Nel frattempo c'è stato anche il rogo...
Purtroppo abbiamo dovuto elaborare un progetto di intervento, poi attendere l'approvazione della stessa Soprintendenza che ci imponeva ogni cautela per non danneggiare la chiesa, poi ancora la disponibilità della ditta incaricata. Si tenga presente che per legge avevamo addirittura cinque anni di tempo. Abbiamo tuttavia accelerato al massimo. E non potevamo mica aspettarci il rogo. Appena è arrivata la notizia dell’incendio siamo accorsi anche per recuperare la lastra della targa commemorativa di nostro nonno asportata e lasciata sull'erba. Ora la conserviamo gelosamente sperando di riporla un giorno nella chiesetta finalmente restaurata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come si diventa proprietari di una chiesa medievale?
L'originario proprietario della chiesa di San Giorgio Martire, dell'annessa masseria e di circa un ettaro di terreno circostante era nostro nonno Nicola Scattarelli che, come ricorda la targa su citata, li acquistò e provvide al restauro dell'edificio sacro nel 1920. Non abbiamo trovato documenti e non sappiamo purtroppo chi fu il venditore. Nostro nonno era una persona ricca, poi caduta in disgrazia, e a quanto pare comprò tutto il plesso come se fosse una villa fuori città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E il famoso ipogeo?
L'ipogeo è pure nostro e si estende per un lungo tratto (ci mostrano la planimetria, allegata in galleria) che passa sotto la strada e prosegue oltre per decine di metri. Si racconta che un cunicolo lo collegasse direttamente fino alla Basilica di San Nicola. Poi fu murato all'altezza della strada. La sua entrata ora è ostruita da un enorme fico le cui radici rendono difficile l'accesso alla prima stanza. Sappiamo che è stato esplorato dalla sezione speleologica di Bari, c'è la targhetta che lo attesta, ma in questi anni anch'esso è stato oggetto di incursioni non autorizzate, ad esempio di tossicodipendenti. Ci hanno raccontato anche di messe nere e altre cose deprecabili. E pensare che da bambini ci entravamo tranquillamente per giocare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Avete ricordi della festa di San Giorgio e dei pellegrinaggi alla chiesa?
Ne abbiamo sentito parlare. Pare che nel dopoguerra la strada di San Giorgio il giorno della festa, il 23 aprile, si popolasse di bancarelle e di gente. Ma eravamo troppo piccoli. Questo è stato sempre il sogno di nostro padre, quello di vedere un giorno la ripresa del culto di san Giorgio e la celebrazione della messa. Noi invece ci ricordiamo quando andavamo lì a trovare nonna Lucia. Noi nipotini "giocavamo" a raccogliere le mandorle e le olive. Nonna Lucia, che era claudicante, sedeva al centro del terreno e col bastone indicava le mandorle che erano cadute fuori dal campo e noi bambini correvamo a raccoglierle. C'era anche la stalla dell'asinello. Nostra madre faceva la marmellata di uva prodotta dalla nostra vigna e poi c'era la raccolta delle fave novelle.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Quando è finito tutto ciò?
Quando il mezzadro che alloggiava nella masseria è andato in pensione nel 1965. Nessuno ha più accettato di coltivare quella piccola ma ricca terra di vigneti e mandorli. Nonna Lucia subì l'amputazione della gamba nel 1967 e non ci andò più, lasciando il luogo incustodito. Morì nel 1972. Possiamo dire che fu quell'anno l'inizio del degrado. Nel corso degli anni successivi la chiesa è stata depredata di tutte le suppellettili, l'altare distrutto, trafugato il bel portale e persino il cancello. L'abbiamo ripristinato ma poi fu successivamente rubato. Anche la campagna è andata in rovina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Che cosa avete fatto per fermare il degrado?
Nostro padre e i suoi fratelli hanno cercato un accordo per cederla al comune di Bari o alla Chiesa. Ci furono svariate proposte, ma tutte senza esito. Il primo a interessarsi fu don Vito Bitetto, allora parroco di san Pio X, la parrocchia più vicina del quartiere Stanic. Poi fu addirittura l'arcivescovo Mariano Magrassi, agli inizi degli anni 80, a intravedere la possibilità di far rifiorire una comunità monastica affidando chiesa e masseria alla comunità di Bose. L'accordo fu raggiunto nel 1984, ma il giorno in cui si sarebbe dovuto procedere alla formale donazione, appena usciti dallo studio di mio padre, lo zio Michele fu colpito da infarto e morì. Le trattative furono sospese in vista della definizione delle nuove proprietà. Quando furono riprese, il nuovo Vescovo, Francesco Cacucci, ci rispose in modo lapidario: “Noi non possiamo accettare un rudere”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E gli enti pubblici?
Nell'89 fu avanzata una proposta di cessione in comodato d'uso gratuito al Comune per la realizzazione di un centro sportivo ricreativo. Ma il Comune ci disse “no grazie””. Anche il Fai (Fondo ambiente italiano) nazionale ha sempre detto no e anche se recentemente la sezione locale ha mostrato un rinnovato interesse, resta il freno dei dirigenti nazionali che temono di non riuscire a trovare i fondi per il restauro. La proposta più significativa forse fu quella avanzata dalla Fondazione dei Santi Medici di Bitonto, ente sicuramente in grado di investire risorse per una tale impresa. Il 19 giugno 2002 riuscimmo a formulare un atto di donazione modale incondizionata, con un progetto già approvato. Ma il giorno prima della sottoscrizione del contratto di cessione, il presidente don Ciccio Savino ci comunicò di non essere più interessato. Ultima in ordine di tempo, è stato l'atto formale di donazione fatto alla Basilica di San Nicola nel 2009. L'impegno preso con l'allora priore padre Bova sarebbe stato quello di definire il contratto entro tre anni. Ma anche questo termine è stato lasciato decorrere senza essere perfezionato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Come spiegate questa serie di falliti accordi?
Ci sono stati disaccordi tra noi eredi agli inizi perché si volevano forme di garanzie sul futuro della chiesa, ma mai abbiamo fatto richiesta di alcunché se non l'impegno che chiunque se ne fosse occupato avrebbe dovuto garantire un posto simbolico nel consiglio di amministrazione a un membro della famiglia Scattarelli a perpetua memoria della nostra storia. Siamo stati sempre disposti a qualsiasi forma di cessione gratuita della chiesetta facendoci carico anche delle spese notarili. La verità è che tutti la volevano restaurata, profumata, imbiancata e avvolta in una carta regalo con il fiocco sopra. Insomma, parroci, vescovo e associazioni hanno sempre mostrato interesse, ma senza un reale impegno da parte loro ad accollarsi le spese per il recupero che noi purtroppo, da privati cittadini, non possiamo assumerci. D’altronde (e lo abbiamo anche ribadito alla Soprintendenza), spetta allo Stato e non a noi la valorizzazione dei beni culturali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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Scritto da
Salvatore Schirone
Salvatore Schirone
I commenti
- Eugenio Lombardi - Sono bel altre le immagini che avrei voluto vedere, per riconoscenza dell'impegno di quanti fra noi avevano a cuore il destino della chiesa, nonchè della famiglia e in particolar modo dell'avv. Scattarelli, con il quale mi incontrai molte volte all'inizio degli anni Novanta pur di offrire un contributo alla soluzione della tragedia culturale. Fu un gran dolore rivederla incendiata poco giorni dopo che l'avevamo visitata con degli studenti, ma forse ancor più vederla ora murata. Tutto è inverosimile, suona come una resa all'umana imbecillità e all'indifferenza che per decenni ha accumulato l'assenza di attenzione per i Beni Culturali. Auguro agli eredi Scattarelli de a noi tuttti di poter un giorno tornare in quella chiesetta e nel suo ipogeo per poter nuovamente respirare il passaggio della Storia.
- Seiran - https://www.change.org/ru/петиции/sovrintendente-per-i-beni-architettonici-e-paesaggistici-per-la-provincia-di-bari-salviamo-la-chiesa-di-san-giorgio-degli-armeni-a-bari-un-gioiello-dimenticato-e-vilipeso
- Fiorella - Sono notizie che lasciano senza parole. Sapere che tanta bellezza non trovi accoglienza nella nostra città semina sgomento e mi chiedo se ad altre latitudini avrebbe lo stesso trattamento. Grazie a "Barinedita" per aver reso pubblico questo ennesimo scempio e mi auguro che serva a sensibilizzare chi può salvare questo ennesimo sito storico della nostra città lasciato al suo destino.