Antichi, preziosi e sfuggiti al furto francese: i dipinti presenti nelle chiese di Bari
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lunedì 5 dicembre 2016
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di Francesca Canonico - foto Antonio Caradonna
Il nostro viaggio alla ricerca dei capolavori nascosti inizia su piazzetta Frati Cappuccini. Qui, subito dopo la facoltà di Giurisprudenza, si trova la chiesa di Santa Croce. Al suo interno si trova una tela del 500 attribuita al Veronese, uno dei maggiori pittori rinascimentali italiani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il dipinto, l’Invenzione della Croce, è posto sulla parete antistante il presbiterio, incastonato in una decorazione a drappeggio in ceramica. La sua parte superiore è curva. Viene rappresentata al centro la Vergine in piedi che cinge con la mano sinistra la croce conficcata nel terreno e vi poggia contro il capo coperto, reclinando il viso sofferente. Ai piedi della croce si intravedono un gruppo di santi, nonché due gentiluomini offerenti. I due con molta probabilità sono i committenti dell'opera richiesta al Veronese e inviata a Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In basso al dipinto, nell'angolo di destra, si nota un bollo rosso di cera lacca. E’ un particolare molto importante. I Francesi prima di abbandonare Bari per lasciarla nelle mani dei Borboni, decisero di trafugare alcune opere. Timbrarono così alcune tele di valore, anche se in alcuni casi non procedettero al successivo “furto”. E’ il caso dell’Invenzione della Croce, che si salvò grazie all’arrivo improvviso delle truppe borboniche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Usciamo da Santa Croce per avviarci in via Sparano, dove nella chiesa di San Ferdinando si trovano altri importanti opere. Per scovare il primo dipinto, nascosto agli occhi dei visitatori, è necessario entrare nell’ufficio parrocchiale. Qui è esposta la tela di Nicola De Filippis, pittore di Triggiano di Scuola Napoletana. E’ del 1760 e rappresenta l’Assunta raffigurata a braccia aperte e con lo sguardo verso l’alto mentre viene trasportata in cielo su una nube dagli angeli. Quest’opera fu donata dal re Ferdinando II di Borbone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Uscendo dall’ufficio ci ritroviamo davanti all'altare sul quale è posta una tela di Cesare Fracanzano, pittore di Bisceglie del 600 che si ispirò ai modelli di Guido Reni. Si tratta della rappresentazione di Cristo in croce, ma vivo, con gli occhi rivolti verso Dio. Un disegno molto raro in quanto solitamente Gesù è sempre ritratto morto con la ferita al costato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Andando verso l'uscita non possiamo far a meno di osservare altre tre tele. Non si tratta di dipinti antichissimi, visto che sono risalenti all’Ottocento, ma sono molto pregiate, anch’esse attribuibili alla Scuola Napoletana. La prima, sulla parete sinistra prima di arrivare all'ingresso, è del napoletano Federico Maldarelli, databile intorno al 1848 e commissionata da Ferdinando II di Borbone: rappresenta l'Ultima Comunione di San Ferdinando. Qui il santo indossa le vesti regali con il mantello rosso e la mantelletta di ermellino, diversamente dal solito in cui viene ritratto con il saio. Ai lati del portale sono anche presenti da una parte San Francesco da Paola orante, dall’altra la Madonna con il Bambino Gesù e due angeli. Entrambe queste opere sono del pittore barese Nicola Zito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Entriamo ora a Bari Vecchia per recarci nella Cattedrale. Qui nella cripta, sull’altarino di sinistra, si trova una tela pressoché nascosta: rappresenta San Michele Arcangelo mentre uccide il Diavolo ed stata dipinta nel 600 da Andrea Vaccaro, famoso pittore napoletano del barocco italiano. E’ una delle poche testimonianze rimaste in piedi del periodo barocco della Cattedrale, dopo il violento “restauro” voluto nel Dopoguerra dall'architetto Schettini che lasciò nell’edificio sacro solo ciò che risaliva al romanico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ultima tappa del nostro viaggio tocca la Basilica di San Nicola. Nella cripta si trova una tela molto antica, risalente al 400-500: viene ritratta una Madonna con il Bambin Gesù che osserva il cardellino nelle mani della Madre (nella foto). E’ posizionata nella parte destra, su un altarino e illuminata da una candela. La tela è di un autore sconosciuto, ma è preziosa: anche qui è infatti è presente il bollo rosso apposto dai francesi, che per fortuna non sono riusciti a trafugare quest’opera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Usciamo dalla cripta per dirigerci verso l’uscita della chiesa: ai lati del portale sono presenti altre due notevoli opere. Si tratta di due dipinti di Giovanni Bellini, famoso pittore veneziano. Si tratta di tele databili tra la fine del 400 e l’inizio del 500. La prima ritrae San Girolamo nella tipica iconografia del santo in compagnia del leone che riuscì a domare. La seconda rappresenta San Nicola e il miracolo del pane, avvenuto nel porto di Mira.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Francesca Canonico
Francesca Canonico
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna