Il Monumento dei briganti: quella stele che ricorda la morte del mitico Sergente Romano
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lunedì 5 novembre 2018
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di Nicola Imperiale
Per comprendere chi fossero questi briganti e perché se ne parla in maniera così accorata, non si può prescindere dal parlare del loro capo: Pasquale Domenico Romano, noto come il “Sergente Romano”. Figlio di un pastore, nacque nel 1833 a Gioia del Colle e in giovane età prese la decisione di arruolarsi nell’esercito borbonico, riuscendo a conseguire il grado di sergente nella prima compagnia del 5° reggimento di Fanteria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con lo sbarco dei garibaldini, l’Unità d’Italia e la caduta del Regno delle Due Sicilie, Romano fu tra quelli che tenne viva l’anima “sudista”, divenendo comandante del Comitato borbonico del suo paese. Deciso a tener testa ai Piemontesi organizzò azioni violente contro la Guardia Nazionale, “finanziandosi” con approvvigionamenti prelevati dalle masserie, alle quali però sembra rilasciasse fedi di credito poi pagate dagli ambienti filo borbonici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il 28 luglio 1861, come risposta all’arresto dei parenti di alcuni suoi compagni da parte delle autorità, guidò Gioia del Colle in una rivolta contro gli “oppressori”: ma la protesta fu sedata nel sangue e Pasquale dovette darsi alla fuga, continuando però a dirigere brigate e gruppi d’assalto che nel barese e nel Salento operavano in nome di Francesco II di Borbone, l’ultimo re delle Due Sicilie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Romano vestiva in maniera elegante e sapeva leggere e scrivere – ci racconta il 56enne ricercatore storico Mario Guagnano -. Usava dei soprannomi come “Enrico la Morte” ma era profondamente religioso: si dice indossasse una medaglietta regalatagli da Pio IX che lo avrebbe reso immortale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Purtroppo per lui le leggende sul suo conto non si rivelarono veritiere, visto che il 5 gennaio 1863 il suo accampamento fu accerchiato e sterminato dalla Guardia Nazionale e dai Cavalleggeri di Saluzzo. Romano fu ucciso a sciabolate, nel punto in cui ora si trova la stele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un monumento che siamo andati a visitare. (Vedi foto galleria)
Da Gioia del Colle guidiamo verso Santeramo, per poi imboccare sulla sinistra la provinciale 169 che dopo circa quattro chilometri incrocia con quella strada vicinale Marazia che conduce alla masseria omonima. Da qui si insinua una viuzza che porta alla zona detta Parco della Corte lì dove, quasi celata dalla folta vegetazione, spicca la bianca pietra cippo commemorativo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il monumento è alto 3 metri e mezzo e si eleva con la sua croce all’apice verso il cielo. Riporta ovunque stemmi e simboli del Regno delle Due Sicilie e alla base le targhe che rendono omaggio per il loro sacrificio al Sergente Romano e ai suoi uomini. Al suo fianco è infine posta un grosso masso che funge da altare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui, ogni 5 gennaio, si tiene una celebrazione “organizzata dai Neoborbonici in ricordo dei caduti guidati da Romano. Sergente a cui è stata dedicata anche una caverna a Martina Franca e una strada a Villa Castelli, in provincia di Brindisi. Un segno di gratitudine nei confronti di chi è considerato, grazie a una “romantica” operazione di revisionismo storico, una sorta di “Robin Hood del Sud”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Nicola Imperiale
Nicola Imperiale
I commenti
- Salvatore Natale - i loro corpi non hanno tombe ....ciò è grave nessuna degna sepoltura per loro