Bari, androni che paiono teatri e statue di Renzo e Lucia: è l'eclettico "Palazzo Manzoni"
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martedì 26 novembre 2019
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di Federica Calabrese - foto Valentina Rosati
Un palazzo quindi particolare, che a parte i riferimenti letterari merita una visita per via della facciata eclettica che sembra uscita da una favola gotica e per l’elegante e luminoso atrio interno circolare che ricorda la quinta di un teatro. Si tratta quindi dell’ennesimo gioiello “nascosto” in questo storico ma difficile rione cittadino, che tra le sue vie conserva tanta bellezza non sempre adeguatamente valorizzata e conservata. (Vedi foto galleria)
L’edificio si trova al civico 29 di via Manzoni, ad angolo con via Abate Gimma. Una volta giunti sul posto veniamo colpiti dal colore terra di Siena dello stabile, che regala un bel colpo d’occhio grazie al gioco di mattoni aggettanti presenti sulle pareti esterne. Quelli più lunghi e grezzamente sbozzati si alternano ai più piccoli e lisci, andando a incorniciare le porte-finestre chiuse da persiane verdi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A catturare la nostra attenzione è però la parte centrale della facciata. Sul grande balcone patronale la finestra è arricchita ai lati da lesene e falsi capitelli con foglie, mentre nella parte superiore la trabeazione con fregio a rosette sorregge una mensola, su cui si apre una nuova finestrella.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’insieme appare quasi inedito nel panorama del quartiere, dove a predominare sono i ben più lineari e variopinti edifici in stile neoclassico. Qui invece a regnare sono i colori scuri e il “ruvido” della pietra, con un palazzo che ha un’estetica quasi nordeuropea.
Ci avviciniamo ora al grande portale in legno avvolto in un arco ed entriamo spingendo le maniglie in pesante ottone. Ci ritroviamo così nell’androne, dal pavimento composto da larghe “chianche” brune, dove sei grandi pilastri con capitelli decorati sorreggono la volta a botte del soffitto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma a rubare la scena sono le tre statue che raffigurano personaggi dei Promessi Sposi: sono inserite in piccole nicchie sia a sinistra che a destra del portone. Originariamente realizzate in bronzo, furono poi fuse durante la Prima guerra mondiale per esigenze belliche e sostituite con delle fedeli copie in pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Renzo, dai capelli folti e ricci, è vestito con dei larghi calzoni, una lunga giacca ed un cappello con piuma d’oca sulla testa: sembra osservare pensieroso Lucia di fronte a sé. Lei, bellissima nel suo lungo abito adornato da piccoli bottoncini in pietra, regge un mazzolino di fiori e con la testa bassa quasi mostra vergogna per lo sguardo scrutatore del suo amato. A completare il quadretto c’è poi una terza scultura che ritrae probabilmente un menestrello lì ad annunciare le nozze tra i due giovani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«A costruire il palazzo nel 1898 fu un certo Triggiani, facoltoso commerciante barese – ci dice il 60enne Bepi, che assieme alla 58enne moglie Francesca abita qui dal 2000 -. Era un grande appassionato dell’opera manzoniana e volle così portare in casa sua un frammento di quella bella storia a lieto fine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La poesia viene però rotta dall’evidente decadimento di questo androne, che avrebbe urgente bisogno di un serio restauro: i muri risultano infatti consunti dal tempo e dall’umidità e sono interrotti da porte murate o ormai chiuse da tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Basta però fare qualche passo più avanti per ritrovarsi, dopo aver superato un imponente arco, in un ambiente ben più curato e quasi magico: un atrio circolare inondato completamente di luce. In alto infatti non c’è un soffitto in muratura a chiudere l’ambiente, ma un lucernario trasparente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E alzando gli occhi capiamo di trovarci in un luogo diverso dagli altri. I tre livelli del palazzo sono infatti armoniosamente protetti da ringhiere in ferro battuto che vanno a contenere dei veri e propri loggiati sostenuti da colonne ed archi. La sensazione è quella di trovarsi nella cavea di un teatro, con il palcoscenico posto in basso e tre ordini di palchi a dominare sulle nostre teste. Un ambiente elegantissimo, arricchito dalle pareti bianche su cui si riflettono al meglio i raggi solari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Qui però decenni fa si trovava una vasca – avverte Bepi –: raccoglieva l’acqua piovana che cadeva dall’alto, utilizzata dalle botteghe che si trovavano al piano terra. Prima infatti l’atrio era aperto: solo negli anni 60 furono poggiati dei pannelli per chiudere il pozzo luce».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Attraverso una scala non ci resta così che salire così alla scoperta dei vari piani, su cui sono disposti in maniera circolare una serie di appartamenti. Il secondo livello è quello che accoglie gli ex alloggi di Triggiani, in cui purtroppo non abbiamo la possibilità di accedere. Peccato, perché sembra che conservino ancora dei preziosi affreschi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ultimo piano ospitava invece le stanze della servitù. Oggi è quello più verde, grazie a piante di ogni tipo che abbelliscono l’ambiente. Trovano giovamento dalla luce del sole, che filtra placida, illuminando questo tesoro incastonato tra le vie di Bari.
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Gennaro Di Matteo - Meraviglioso, grazie per quello che fate, ricercate e condividete.
- arkydesign Antonio Colavitti - Complimenti per la "chicca" ben descritta e documentata da ottime immagini in sinergia con il commento. Peccato x il decadimento del palazzo la cui facciata e il primo ingresso sono a dir poco malandati. Il prospetto poi non ha quasi più storia, violentato com'è dai negozi e le loro insegne, come si possono dare permessi x questi obrobri che oltre ad essere tali non hanno proprio motivo di esserci. L'amministrazione comunale, l'assessore, gli organi preposti all'arredo urbano, alla tutela di questi Gioielli dove sono? Cosa fa la Soprintendenza? Immagino che questo sia uno dei tanti esempi dello scempio in atto... Povera la Nostra Bari, Povera Italia!
- Francesco Quarto - Mi accodo ai due commenti e condivido pienamente le considerazioni esposte. Che meraviglie, addiritture splendori, e non credo di esagerare, abbiamo nella nostra urbanistica storica, in rurri i quartieri! Mi chedo se qualcuno degli enti evocati abbia mai quardati i servizi di Barinedita e sia fatto venire qualche scrupolo di soscienza!
- Filomena Gagliardi - Vorrei ringraziare l'autrice e la fotografa per questo interessantissimo intervento e per il lavoro svolto con meticolosità. Non sapevo che ci fossero palazzi così belli e degni di attenzione. Palazzo Manzoni è una preziositá da rivalutare, troppo originale il riferimento ai personaggi pricipali del romanzo "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni. Un vero capolavoro! Grazie, mi piacerebbe sapere se è visitabile.
- BARINEDITA - Grazie a tutti. @Filomena il palazzo è privato: deve chiedere a qualcuno degli inquilini di poterlo visitare
- Sergio Canniello - Ho avuto la fortuna di entrare nel palazzo per lavoro e entrare anche nell'appartamento padronale. Mi hanno raccontato tante cose fra le altre che nelle 2 nicchie ora vuote vi erano le statue di Alessandro Manzoni da una parte e don Abbondio dall'altra, rubate di notte molti anni fa. Purtroppo il palazzo versa in cattive condizioni e avrebbe bisogno di un pesante restauro ma anche così ha un fascino incredibile. Ho fatto anche delle foto con il cellulare postate sul mio profilo Facebook.