Borrelli, Introna, La Rocca: la storia delle antiche fabbriche di Carrassi e San Pasquale
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lunedì 18 maggio 2020
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di Federica Calabrese
Con l’espansione urbanistica della città iniziata nel Secondo Dopoguerra questi opifici vennero però pian piano dismessi e in alcuni casi trasferiti nella Zona Industriale creata ad hoc a partire dal 1960.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I primi a cadere sotto l’azione delle ruspe furono quelli più vicino al centro, ubicati nei quartieri San Pasquale e Carrassi. Questi rioni infatti, oggi caratterizzati da un’alta densità di popolazione, un tempo erano pieni zeppi di antiche e grandi aziende. Vetrerie, cererie, lanifici, saponifici e stabilimenti di cibo in scatola convivevano uno accanto all’altro, con le alte ciminiere e i loro capannoni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Erano tre le zone a più alta densità di fabbriche. (Vedi foto galleria)
La prima si trovava a San Pasquale “vecchia”. Via Gondar (l’attuale Via Lattanzio) era ad esempio la patria delle fonderie. Mentre in via dei Mille, al civico 19, sorgeva la sede dell’impresa Violante. Specializzata sin dal 1883 in produzione ed imbottigliamento di bibite gassate (aranciata, gassosa, limonata e amaretto) chiuse i battenti a metà 900.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’industria più caratteristica si stagliava però tra via de Napoli e via Trento: si trattava della famosa cereria Introna, la cui ciminiera è ancora oggi visibile tra i palazzi. Fondata nel 1840 in piazza Mercantile si trasferì a San Pasquale nel 1909. Oggi "u' palàzze rùsse della cère" non accoglie più la produzione che si è spostata a Bitonto nel 1983.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sempre a San Pasquale, ma più a sud, nei pressi del Campus, si trovava un altro distretto. Una serie di opifici che una volta dismessi negli anni 50 non furono però abbattuti, ma bensì reimpiegati ad uso scolastico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ad esempio l’ex lanificio Scoppio lasciò il posto ai banchi delle scuole superiori Panetti e Romanazzi. Così come in via Celso Ulpiani, quella che oggi è una succursale del Perotti, un tempo accoglieva i macchinari della leggendaria cartiera poligrafa Murari, l’azienda che all’inizio del 900 e fino al 1930 realizzò per tutta l’Italia le carte napoletane. I suoi depositi sono tutt’ora nascosti nel seminterrato dell’edificio, tra stretti passaggi, soffitti a botte e finestroni parzialmente ostruiti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non è rimasto invece nulla delle fabbriche che un tempo caratterizzavano la “Contrada San Lorenzo”, la parte del quartiere Carrassi più vicina all’extramurale. Qui era pieno di stabilimenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In via Buccari si trovava la storica industria di saponi fondata da Giorgio Borrelli (la cui residenza è ancora visibile ad angolo tra via Re David e via Capruzzi). Contraddistinta per la sua alta ciminiera che svettava su tutto il rione, fu famosa per il “saponetto” e la pasta per la barba, arrivando ad esportare anche in Inghilterra e America Latina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sull’ex corso Sicilia (oggi Benedetto Croce), ad angolo con via Sabotino, era ubicata invece la grande vetreria dei fratelli Carlo e Luigi Pizzirani, inaugurata nel 1822 e chiusa definitivamente nel 1959.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre in via Devitofrancesco aveva sede l’officina meccanica Lindemann, fondata nel 1850 dal ricco imprenditore austro-tedesco Guglielmo (proprietario altresì dell’edificio che ospita oggi il Conservatorio di Bari). La sua specialità era la creazione di motori per piccoli e grandi piroscafi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sulla stessa via si stagliava poi l’azienda di alimenti in scatola della famiglia Zonno, che fino agli anni 30 realizzò scatole di tonno e conserve di pomodoro che venivano inviate agli italiani emigrati in America. Si sviluppò a tal punto che la sua forza lavoro arrivò a contare circa 50 operai. Poi il crollo, con la Seconda guerra mondiale e la concorrenza spietata della La Rocca che ne decretarono il fallimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La fabbrica La Rocca appunto: impossibile non parlarne. Fu l’ultima delle industrie ad abbandonare Carrassi e con il suo caratteristico odore accompagnò il quartiere sino all’inizio degli anni 80.
Fondata alla fine dell'800 da Lorenzo La Rocca (la cui famiglia era tra l'altro proprietaria dell’omonima villa in via Celso Ulpiani), produceva alimenti inscatolati: confetture, pomodori pelati, baccalà e tonno sott’olio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si trovava lì dove oggi sorge l’ex palazzo della Regione Puglia, tra via Capruzzi e via Giulio Petroni. E contava centinaia di operai, tra cui molte giovani donne e madri che, provenienti dai paesi limitrofi, poterono anche contare sull’asilo privato allestito in quei capannoni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra le invenzioni che portarono i La Rocca alla ribalta, ci fu quella dei famosi gelati “LoLa”, acronimo coniato da uno dei dipendenti, Vito Cozzi, che pensò di unire nome e cognome del fondatore dell’impresa barese. Il prodotto di punta erano però i “gemelli”, così chiamati perché avevano due stecchette di legno che, se divise, generavano due gelati uguali. Simili all’attuale cremino erano distribuiti nei cinema e venduti anche durante la Fiera del Levante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le fortune dell’azienda proseguirono indisturbate sino alla fine degli anni 70 quando i proprietari cedettero una quota societaria a terzi, creando un nuovo brand: l’Alco, stabilimento che aprì la sua sede nella Zona Industriale, inglobando l’area che apparteneva all’antica masseria Madia Diana.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’opificio di Carrassi fu invece completamente abbattuto, decretando così, per sempre, la fine della “Bari industriale”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- jacopo calò carducci - volevo segnalarvi oltre a quelle da voi citate, la fabbrica della birra peroni con una grande ciminiera
- Stefano - Ricordo molto bene tutte quelle industrie e parte degli odori che rilasciavano nell'aria. Per fortuna a Bari i venti non soffiano mai nella stessa direzione e quindi, almeno l'odore del tonno lavorato dalla LA ROCCA non sempre perveniva nella mia abitazione di via Melo. Ciò premesso però, tutti questi ricordi, mi fanno arrabbiare sempre di più perchè, secondo la mia filosofia, non è accettabile che tante industrie siano sparite e che non ne siano sorte delle altre. Non mi parate della zona Industriale perchè ho vissuto l'epoca della " Cassa del mezzzogiorno " che aveva consentito un bello sviluppo industriale di cui, però, gran parte è scomparso per motivi che vorrei evitare di citare. Vi faccio solo un piccolo esempio: " come Barese di nascita " adoro mangiare orecchiette e cima di rapa. Bene, diverse catene di Supermercati (U2,Eurospin, Lidl) le propongono in confezioni surgelate (sono anche buone), vanno a ruba anche qui al Nord, ma dove le producono????? in provincia di Pescara. No comment.