Mola, le "cento stanze" di Palazzo Roberti: la reggia che attende di essere svelata
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lunedì 7 marzo 2022
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di Giancarlo Liuzzi - foto Nicola Lasalandra, Valentina Rosati
Nel 2016 vi avevamo mostrato i suoi esterni in un triste stato di abbandono e incuria, ma nel 2019, dopo aver acquistato gli ultimi locali ancora in mano ai privati, il Comune ha restaurato la facciata del complesso riportandola all’antico splendore.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Stessa cosa non si può dire per gli interni. I numerosi ambienti che compongono il fabbricato (che gli regalano l’appellativo di “palazzo delle cento stanze”), aspetanno infatti ancora di essere recuperati, in attesa di ingenti finanziamenti difficili da reperire.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E così lo stabile rimane chiuso al pubblico, da ormai 15 anni. Noi però, grazie a uno speciale permesso del Municipio, abbiamo avuto la fortuna di visitarlo. Possiamo quindi mostrarvi oggi, almeno in foto, le bellezze che racchiude. (Vedi foto galleria)
Come detto l’edificio svetta sulla centrale piazza XX Settembre. Si sviluppa su tre livelli scanditi da lesene e cornici marcapiano che dividono la vasta serie di finestre, alcune con architravi decorati da conchiglie e volute.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il corpo centrale è costituito dal portale ad arco a tutto sesto che comprende il massiccio portone in legno, il tutto inquadrato da colonne in stile ionico e da lesene binate che sostengono un balcone mistilineo in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di accedere all’interno, accompagnati da Carmela Surace, responsabile dei servizi di accoglienza degli eventi culturali del Comune di Mola, ci soffermiamo sulla storia di questo palazzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fu costruito tra il 1773 e il 1780 per volere di Angelo Antonio Roberti, discendente di una nobile famiglia che si era arricchita grazie alla produzione e al commercio di olio, grano e altri prodotti agricoli. Il progetto fu finanziato anche attraverso la vendita del vicino Palazzo Pesce e affidato all’architetto Vincenzo Ruffo di Cassano, allievo di Luigi Vanvitelli (con il quale collaborò alla realizzazione della Reggia di Caserta), al costruttore barese Antonio Bottalico e al carpentiere Francesco Calvani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Venne eretto con l’impostazione architettonica di una piccola reggia o di villa “sub-urbana”. Un tempo era infatti circondato su tre lati da un vasto giardino ricco di ulivi e alberi da frutto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’edificio rimase di proprietà dei Roberti fino al 1858, quando l’ultima erede, Benedetta, sposò il banchiere Nicola Alberotanza. Negli anni 30 del 900, dopo un grave dissesto finanziario della famiglia, venne messo all’asta e nel 1937 venduto alle famiglie Caldarola, De Fonte e Bellini. Negli anni 50 e 60 fu poi destinato a scuola e successivamente divenne sede della Biblioteca comunale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel 1980 il Comune riuscì ad acquistare buona parte del complesso. Tra le tante idee c’era quello di adibirlo a a palazzo Municipale o a Museo Civico, ma i progetti non furono purtroppo mai realizzati a causa della complessità e dell’alto costo dei lavori di recupero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non ci resta ora che entrare. Raggiungiamo così il cortile, dove balza subito agli occhi lo scalone monumentale a tre ordini di matrice napoletana alla “Sanfelice” che conduce ai piani superiori. Saliamo le rampe di scale fino a una malandata porta in legno che dà accesso al piano nobile. Qui le buie sale sono illuminate soltanto dalla luce proveniente dalle finestre ma, accendendo dei faretti e alzando lo sguardo al soffitto, ci ritroviamo davanti a qualcosa di davvero sorprendente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ad accoglierci è un maestoso dipinto che occupa l’intera volta della prima stanza che visitiamo. I finti e raffinati elementi architettonici disegnati in prospettiva dilatano verso l’alto le reali dimensioni dell’ambiente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra fregi e fini decori a dominare la parte centrale è proprio lo stemma della famiglia Roberti, sorretto da un putto e da due “vittorie alate”. Nello scudo è raffigurata una quercia, una fenice tra le fiamme e un leone rampante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da questa sala parte un percorso che si snoda per altri 28 ambienti divisi da porte in legno verdi impreziosite da fregi dorati. Tutti gli affreschi che ritroviamo al loro interno, eseguiti a tempera su pannelli di carta ancorati al soffitto, furono realizzati da maestri napoletani guidati da Aniello d’Arminio (l’unico di cui si trova la firma su una volta) e rimandano alle residenze nobiliari della provincia di Caserta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alcuni purtroppo, a causa delle infiltrazioni, sono lacerati mostrando il nudo telaio ligneo superiore. Altri sono meglio conservati, come quelli presenti nell’ex biblioteca in cui predominano le immagini ispirate ai poemi mitologici di Omero e Virgilio. Nel riquadro centrale Mercurio e Apollo siedono sul monte Parnaso, in basso invece la musa Calliope regge tre libri: l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide. Attorno alla scena otto ovali esibiscono le raffigurazioni delle muse con in mano i loro attributi iconografici: maschere, strumenti musicali e pergamene.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Piena di simboli arcani e rimandi alla cultura esoterica e massonica è invece la decorazione posta nella sala che un tempo fungeva da cappella privata. Al centro della volta San Michele Arcangelo calpesta un demone tra due donne svestite, alle estremità invece aquile bicefale sorreggono degli ovali con rossi volti demoniaci e recipienti bronzei usati per abluzioni rituali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sul perimetro un ricco festone ornato è arricchito da elementi vegetali, piccoli satiri, pavoni e chimere al di sotto dei quali sono riprodotti, in diverse forme geometriche, i segni zodiacali e personaggi del mito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo infine nei due saloni principali dell’edificio. Nel primo il colore arancio delle pareti lascia spazio alle porte sormontate da alcuni riquadri con scene ispirate alla Teogonia di Esiodo e alle Metamorfosi di Ovidio. Ma è la volta superiore a richiamare ancora il nostro sguardo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nell’elegante dipinto osserviamo un guerriero addormentato con alle spalle la dea Atena che, brandendo lo scudo, spezza la freccia scoccata dall'arco di Eros che piomba dal cielo seguito da Venere su un cocchio trainato da putti e colombe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il secondo salone poi lascia davvero incantati. Parliamo di una vasta sala rettangolare di oltre 12 metri per 6 interamente adornata da medaglioni, eleganti cornici dorate e fregi vegetali “addentati” da inquietanti maschere. Il tema ricorrente è sempre l’amore ispirato da poemi classici, vedi i riquadri con le raffigurazioni di Diana ed Endimione o di Atena e Perseo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’immensa volta a padiglione lascia senza fiato per la sua magnificenza. Aniello d’Arminio ha qui creato l’idea di un soffitto ligneo a cassettoni suddiviso in riquadri, il tutto “sorretto” da finte mensole dove, sedute su degli architravi, troviamo figure femminili assieme a putti tra vasi di fiori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella maestosa tela centrale dipinta ad olio sono invece ritratte le principali divinità della mitologia greca. Si possono riconoscere Zeus seduto su un trono, Atena nei panni di un guerriero e Poseidone che brandisce il tridente. E ancora Dionisio fra tralci di vite e la dea Cerere con una corona di spighe di grano. Le figure sono avvolte in una grande nube che le separa dal mondo terreno, rappresentato da navi in avvicinamento e da bagnanti che danzano tra i flutti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una sensazione di distacco dalla realtà che coinvolge anche noi, mentre abbandoniamo questa reggia che attende da tempo di svelare tutta la sua bellezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Fonti bibliografiche: "Palazzo Roberti - Alberotanza Mola di Bari", Ursula Annio e Valeria Nardulli (Les Flaneurs, 2016)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- michele iannone - grazie per il bellissimo servizio. Spero di poter visitare questo splendido palazzo.
- Tiziana - Palazzo magnificente illustrato nei minimi dettagli, complimenti per il servizio giornalistico che ha portato alla luce questo patrimonio artistico culturale.
- Antonia Sgobba - Abbiamo un patrimonio abbandonato, peccato sprecare tanta bellezza. Perché non affidarlo al FAI?