Organi malati e feti malformati: nel Policlinico potrebbe nascere il "museo del materiale anatomico"
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venerdì 29 settembre 2023
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di Mina Barcone - foto Rafael La Perna
Ma perché “mettere in mostra” organi e bambini mai nati? «Il fine prima di tutto è quello della ricerca scientifica - ci risponde Andrea Marzullo, professore associato di Anatomia Patologica e fautore del progetto -. Attualmente infatti la raccolta è visibile solo ai giovani che studiano qui, mentre sarebbe importante allargarne la visione a tutti coloro che si interessano alla medicina e alla biologia. E non parlo solo dei tanti addetti ai lavori, ma anche di persone comuni. Perché una cosa è vedere l’immagine di un polmone malato sul pacchetto delle sigarette, un’altra è osservarlo dal vivo, comprendendo come si riduce il corpo a causa del fumo».
Comprese le motivazioni alla base di questo particolare progetto, abbiamo quindi deciso di visitare la preziosa raccolta, relegata in uno stanzone sotterraneo del padiglione di Anatomia e Istologia Patologica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ed è proprio qui che entriamo, per immergerci ai piani inferiori della struttura. Accediamo così a quella che era la sala autoptica, dove avvenivano le autopsie. Qui, dopo l’estrazione dell’organo dal corpo, iniziava il processo di conservazione del materiale all’interno di contenitori di vetro riempiti di formalina che impedisce la decomposizione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Marzullo ci mostra alcuni tavoli dove sono poggiati numerosi barattoli contenenti organi malati. Ci sono polmoni che sembrano grosse spugne, cervelli tagliati a metà, un cuore con aorta colpito da aneurisma, stomaci con ulcere e fegati cirrotici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A catturare maggiormente la nostra attenzione è però il banco sulla sinistra, dove si trovano i feti malformati, quasi tutti risalenti all’inizio del 900. Si tratta di “bambini mai nati”, morti prima di venire al mondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Su un contenitore capeggia una scritta a mano che riporta l’anno 1913. «Bisogna tener presente che all’epoca l’ecografia non esisteva - sottolinea il professore -: di conseguenza non c’era la possibilità da parte delle mamme di venire a conoscenza dei problemi del bambino che stavano crescendo nella propria pancia. E così a volte le donne portavano avanti una gravidanza che conduceva però alla morte del feto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi, quando ciò avviene, c’è la possibilità di seppellire il corpo del proprio figlio nel cosiddetto “cimitero degli arti”, presente a Bari a Palese e Carbonara. Prima invece il feto veniva lasciato in ospedale per divenire materiale di studio per i medici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con una stretta al cuore, continuiamo a visitare la raccolta. Osserviamo così quello che sembra un bimbo che dorme: era affetto da una malformazione dell’apparato scheletrico, con braccia e gambe di gran lunga più corte rispetto all’addome.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Notiamo anche dei corpi privi di capo, le cui teste sono poste in altri contenitori. «Si tratta di casi di anencefalia - avverte l’esperto -: feti a cui è mancata la formazione della calotta cranica. La testa è stata quindi separata per essere studiata meglio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella stanza sono presenti anche numerosi strumenti anticamente usati per gli studi autoptici: bilancini, microscopi, una strana macchina fotografica e il vecchio “microtomo a slitta”. Quest’ultimo, risalente agli anni 50, veniva utilizzato per tagliare in parti più piccole la sezione dell’organo da osservare al microscopio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per concludere la nostra visita ci dirigiamo nella stanza dove vengono conservati gli organi prelevati più recentemente. Si trovano all’interno di barattoli in plastica custoditi in decine di “armadi aspiratori”. Marzullo si avvicina a un tavolo di metallo e apre davanti a noi uno di questi contenitori, per mostrarci così un cuore malato con tanto di pacemaker inserito al suo interno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Le potenzialità di un “museo del materiale anatomico” sono molteplici – afferma il professore prima di salutarci -. In Italia tante università di Medicina hanno reso pubbliche le proprie collezioni e qui a Bari il tutto sarebbe inserito in un contesto suggestivo: quello dell’anfiteatro dove per anni gli studenti hanno assistito alle autopsie».
(Vedi galleria fotografica)
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