Peroni, la storia della birra più amata di Bari: dagli esordi in via Amendola alle "gite alcoliche"
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venerdì 11 ottobre 2024
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di Giancarlo Liuzzi - foto Rafael La Perna
Del resto la Peroni è ovunque. Se si va in un bar e si chiede «una birra», immancabilmente vi sarà servita solo ed esclusivamente una Peroni: toccherà al cliente specificare se intende consumare un’altra marca. Allo stadio, durante le partite dei galletti, c’è sempre e solo stata la Peroni. Così come è impossibile immaginare una festa in casa senza un’adeguata “cassa” da 24 bottiglie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una birra che poi si sposa perfettamente con la focaccia barese, che è venduta per strada, nei bar, nelle enoteche e nelle “cantine” e che ha in comune con la città persino i colori identitari: il bianco e il rosso. In occasione dei 100 anni di attività del birrificio nel capoluogo pugliese siamo quindi andati a visitarlo. (Vedi foto galleria)
La “cattedrale” della birra barese sorge su via Bitritto, nel quartiere Picone, con la sua insegna (sostituita nel 2022) che svetta sulla vicina statale 16. Varchiamo il cancello d’ingresso per raggiungere gli edifici che ospitano gli uffici e soprattutto una grande sala dove è stato allestito il museo del marchio. Qui, tra barili in legno, distributori automatici d'antan e biciclette porta-birra è possibile ripercorrere la storia dello stabilimento anche grazie a suggestive foto d’epoca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La prima fabbrica, con annessa birreria, fu aperta a Vigevano nel 1846 per iniziativa di Francesco Peroni appartenente a una famiglia di pastai novaresi. L’attività riscosse da subito fortuna portando all’apertura, nel 1864, di un altro birrificio a Roma gestito dai figli di Francesco, Giovanni e Cesare. Nella Capitale la Peroni si fuse con la principale fabbrica di ghiaccio della città e, nel 1907, venne costituita la “Società anonima Birra Peroni, Ghiaccio e Magazzini Frigoriferi”, che divenne in pochi anni impresa leader del settore in tutta la Penisola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Superato il difficile periodo bellico l’azienda decise di espandersi nel Sud Italia aprendo, nel 1924, un grande stabilimento a Bari. Fu scelta l’allora via Capurso (attuale via Amendola) per produrre 25.000 ettolitri di birra all’anno, pari a un sesto della produzione totale. La fabbrica, costituita da edifici in pietra e alte ciminiere, si estendeva fino ai binari della ferrovia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il legame tra la Peroni e il capoluogo pugliese crebbe di anno in anno e la birra diventanne “partner” di tutti gli eventi più importanti della città: dalla Fiera del Levante al Maggio barese, dalla festa di San Nicola alla Befana del Vigile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A partire dagli anni 50, in un’ottica di rinnovo industriale dell’azienda, vennero modernizzati in tutta Italia gli stabilimenti. Uno dei primi fu quello di Napoli, realizzato nel 1953 su progetto dello Studio Harley-Ellington & Day di Detroit e usato da modello per costruire il “gemello” barese. Il nuovo birrificio (esteso su una superficie di 185.500 metri quadri) fu inaugurato in via Bitritto il 15 maggio del 1965, anche se già due anni prima aveva cominciato la sua produzione.
Il vecchio stabilimento di via Amendola venne via via smantellato. Per anni sopravvisse un’elegante palazzina in stile liberty a ricordo della prima sede dell’industria, ma nel 2018 è stata demolita per far posto a un condominio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La fabbrica di via Bitritto dal canto suo affermò sempre più il legame con la città. Negli anni 70 e 80 gli studenti del terzo anno di scuola media venivano persino portati in gita allo stabilimento. «Ho ancora nel naso l'odore del luppolo – ricorda l’oggi 50enne Simona -. E come dimenticare quando, finito il tour, ci portavano in una sala per farci assaggiare della birra alla spina, non prima di averci regalato delle lattine di birra». “Purtroppo” con i successivi divieti di somministrazione dell’alcol ai minori fu reso impossibile far ripetere agli studenti questa esperienza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra le date da ricordare (o da dimenticare) c’è quella del 25 luglio 2008, quando alcuni silos presero fuoco, a causa di una fuga di gas, mandando in fumo interi serbatoi di birra in decantazione e causando danni per circa 20 milioni di euro. Ciononostante lo stabilimento nel giro di soli pochi mesi tornò pienamente operativo e oggi, con tre linee di produzione, circa 200 dipendenti e ben 2 milioni di ettolitri di birra prodotti all’anno è, dopo Roma, il più grande d’Italia.
La proprietà come detto non è mai stata pugliese. Alla famiglia Peroni succedette nel 2005 la multinazionale britannica “SABMiller”, la quale nel 2016 vendette all’anglo-belga “Ab Inbev”. Ma nell’ottobre dello stesso la società finì in mano del gruppo giapponese "Asahi" per l’astronomica cifra di circa 3 miliardi di dollari. Ancora oggi l’azienda è di proprietà nipponica, anche se la produzione e la gestione restano ancora “made in Italy”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma come viene realizzata la birra? Giuseppe Mascellaro, tecnologo alimentare dell’azienda, ci conduce in un vasto ambiente occupato da gigantesche vasche metalliche. «Qui viene prodotto il mosto di birra con malto d’orzo, mais e acqua – ci illustra -. In queste caldaie viene riscaldata la miscela per due volte a 72 e 78 gradi per poi passare nel grande tino centrale dove, in un falso fondo, si depositano le bucce del malto che fungono da filtro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il mosto filtrato passa poi nella caldaia di cottura dove viene aggiunto il luppolo. «Il tutto viene bollito per circa un’ora e successivamente centrifugato per eliminare la parte torbida derivante da questo processo - continua -. Il liquido limpido viene infine spostato nei silos dove, con l’aggiunta dei lieviti, avviene la fermentazione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo ora nei capannoni della linea di imbottigliamento. Qui ammiriamo dei lunghi rulli trasportatori, ricolmi di migliaia di bottiglie, che si muovono in “fila indiana” tra i vari apparecchi. «Le bottiglie – sottolinea la direttrice dello stabilimento, Alba Corradini - dopo essere state lavate all’interno da una macchina rotante, vengono riempite di birra e poi sigillate e pastorizzate per garantirne la conservazione e sicurezza alimentare. Ne produciamo circa 50.000 all’ora».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un’etichettatrice provvede a “marchiarle” con i differenti brand e tipologie prodotte dall’azienda. Subito dopo vengono inscatolate e spedite su grandi pallet in tutto il mondo. Dallo stabilimento di Bari partono circa 20.000 tir di birra ogni anno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Gli investimenti realizzati negli ultimi anni hanno contributo a migliorare anche le performance di sostenibilità del birrificio barese – conclude la nostra guida -. Tra questi c’è stato il ritorno al vuoto a rendere, con bottiglie riutilizzabili fino a 15 volte, l’installazione dell’innovativo campo solare termico annesso alla fabbrica e l’ottimizzazione della gestione delle risorse idriche che rendono lo stabilimento di Bari uno dei più green del gruppo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Il video della nostra visita allo stabilimento della Peroni:
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