Bari prima città del Sud a giocare a Padel: «Tutto iniziò nel 1997, dopo un viaggio in Argentina»
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mercoledì 13 settembre 2023
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di Armando Ruggiero - foto Paola Grimaldi
È infatti il 1997 quando il giocatore barese di squash Dino Ranieri, dopo un viaggio in Argentina, intuisce che questo sport con pallina e racchetta di derivazione tennistica può avere successo anche da noi. In realtà il gioco non era nuovo nel Belpaese: nel 1991 era stato infatti realizzato il primo centro italiano a Costabissara, in provincia di Vicenza, ma lo sport era rimasto patrimonio solo di alcuni appassionati del Nord. Al Sud invece non se n’era mai sentito parlare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Ci pensai io a farlo conoscere nel Meridione», afferma con orgoglio il 62enne Dino, che incontriamo nel suo “Squash center” di strada Santa Caterina, lì dove ci racconta i primi passi del padel “barese”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Nel mio centro (situato all’epoca in via Glomerelli) collaborava Luis Cuezzo, un istruttore argentino che nel 1997 mi invitò al suo matrimonio a Buenos Aires - racconta il signore -. Fu lì che conobbi per la prima volta il padel, che in Sudamerica era già diffusissimo: si giocava davvero ovunque, persino nei parchi e nei condomini. Rimasi incuriosito da questo sport che era riuscito a farsi amare così tanto Oltreoceano e decisi di proporlo anche a Bari. Così al mio ritorno feci realizzare due campi e la cosa ebbe un immediato successo. In tanti cominciarono a provarlo e ad appassionarsi, tanto che quattro miei tesserati furono addirittura convocati per il campionato mondiale di padel, in Argentina».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ranieri ci fa vedere alcune foto di quegli anni che mostrano i due campi all’aperto posti uno accanto all’altro, racchiusi dalla tipica struttura di vetro e con la scritta “Federazione italiana gioco paddle” su un’insegna. La targa testimonia come prima questo sport si chiamasse “paddle” (in inglese “pagaia”): termine usato per indicare le racchette di legno che venivano utilizzate in principio per giocare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi le racchette sono in fibra di vetro o di carbonio, ma le regole sono rimaste le stesse. Il padel (che si può giocare all’interno e all’esterno) si pratica a coppie su un rettangolo chiuso da pareti su quattro lati, con l'eccezione delle due porte laterali d'ingresso. Pareti che fanno parte dell’area di gioco: se la palla quindi rimbalza su di esse può essere respinta e rimessa in campo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Purtroppo però, passato l’entusiasmo iniziale, il numero di iscritti calò drasticamente - continua a raccontare Dino -. Al padel non venne dato il giusto credito, soprattutto da parte dei mass media. In quegli anni provammo anche a realizzare un impianto alla Fiera del Levante, ma venne pochissima gente e il tutto durò una settimana. Decidemmo così di chiudere l’esperienza nel 2000».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per diversi anni di padel a Bari non se ne sentì più parlare. Sino a quando, nel 2016, il centro sportivo Di Cagno Abbrescia di Bari e il Palakendro di Triggiano non decisero di riprovare l’avventura, spinti dal rinnovato interesse in Italia nei confronti dello sport.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Se Dino ha conosciuto il padel a Buenos Aires e Christian a Roma, per Pasquale De Ruvo, presidente del Palakendro (oggi Cupra Padel Bari), la “rivelazione” avvenne a Madrid.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Nel 2016 feci un viaggio in Spagna - racconta Pasquale – e guardandomi intorno non vedevo che campi da padel, persino sui tetti. Notai che in pochi chilometri quadrati c’erano anche più circoli uno accanto all’altro, ognuno con quindici rettangoli. Al mio ritorno in Italia decisi di trasformare un capannone abbandonato in un palazzetto sportivo, inserendo anche dei campi da padel, convinto che questo sarebbe stato lo sport del futuro. All’inizio feci giocare le persone gratuitamente, per promuovere lo sport, chiamando anche qualche campione per dare una dimostrazione di che cosa fosse effettivamente questo gioco. Funzionò, anche se non in maniera clamorosa: c’era un po’ di diffidenza, soprattutto da chi veniva dal tennis. Ma poi arrivò la pandemia e di conseguenza la “padel mania”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sì perché durante il Covid, quando furono vietati tutti gli sport di contatto, tra i pochi giochi consentiti c’era proprio il padel. Così tutti si buttarono su questa attività per rimanere in movimento durante quei tempi di immobilismo. E il padel si diffuse in men che non si dica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La facilità nell’imparare il gioco e il poter giocare ogni volta con compagni nuovi è stata la chiave vincente - ci spiega il 49enne Amedeo, tra i primi a impugnare una racchetta a Bari -. Tra l’altro rispetto al calcetto è anche molto più facile da organizzare, perchè trovare quattro persone disponibili rispetto alle solite dieci o quattordici è molto più semplice e rapido. L’unico problema sono i costi, che vanno via via alzandosi per l’elevata richiesta, ma io credo che col tempo torneranno a scendere grazie al numero sempre più alto di circoli che stanno decidendo di proporlo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Oggi in città e nel suo hinterland il padel si può praticare ovunque. Oltre che nei già citati Di Cagno Abbrescia e Cupra Padel, al Nylaja, Angiulli, Country Club, Circolo Tennis, Di Palma, Olimpic Center, Padel District, Metaclub e Green Park, struttura quest’ultima che ha riaperto nell’aprile scorso con quattordici campi, abbandonando per sempre la sua storica vocazione calcistica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un vero e proprio boom insomma, che nessuno avrebbe potuto prevedere, in quell’ormai lontano 1997.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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