di Maria Matteacci

A Bari solo due ''botteghe'': il commercio equosolidale non decolla

BARI - In Italia ce ne sono circa 350 e coinvolgono 170 cooperative di produttori in ben 40 Paesi. Sono le "Botteghe del Mondo", socie del consorzio "Altromercato", che da vent'anni è impegnato nella conduzione e promozione di un'economia solidale volta all'autosviluppo professionale e culturale di artigiani e contadini in Asia, Africa e America Latina. Alimenti e bevande biologici, prodotti per la cura del corpo, articoli per la casa e di moda, oggettistica, tutti provenienti dai paesi più poveri della Terra. Gli articoli di queste botteghe "dell'altro consumo" sembrerebbero poter soddisfare la richiesta del cliente più esigente. Eppure la loro realtà riguarda maggiormente il Nord Italia. Bari conta solo due botteghe in via Dante e in via Pavoncelli. Abbiamo chiesto a Betty Locane, che lavora da otto anni nella negozio "Unsolomondo" di via Dante, di parlarci di questa attività per capire come mai nel capoluogo pugliese questa tipologia di mercato "non decolla".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Innanzitutto: cos'è il commercio equosolidale?

Si chiama "commercio" poiché compriamo da produttori del Sud del mondo, "equosolidale" perché tale mercato si basa sull'economia del "giusto prezzo": il produttore decide quanto gli serve per realizzare un prodotto e il consorzio si adegua per la composizione del prezzo finale. C'è trasparenza: se un cliente ci chiede di motivare il costo di un nostro prodotto, siamo in grado di spiegare quanto della cifra va a noi, quanto al produttore e quanto alla centrale di importazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come funzionano queste centrali?

In Italia ci sono sei centrali di importazione che hanno un rapporto diretto con i produttori stranieri. In cambio però il produttore deve seguire alcune regole: rispettare l'ambiente e organizzarsi in cooperative in cui i lavoratori abbiano pari diritti e un'equa paga. Altra caratteristica del nostro commercio è il prefinanziamento: le centrali finanziano in anticipo il 50% della produzione di un articolo, cosa che nel mercato ordinario non avviene. Il nostro obiettivo è sensibilizzare a un consumo critico, far capire che dietro a ogni prodotto c'è una storia e una spesa di riscatto per milioni di persone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Come mai a Bari ci sono così poche realtà?

In verità due sono anche tante se pensiamo che in altre città del Sud, anche più grandi di Bari, di questi esercizi ce n'è uno solo, se non addirittura nessuno. La Puglia conta almeno cinque botteghe principali. In Calabria e Molise addirittura non ce ne sono. Diciamo che in tutto il Mezzogiorno questa realtà stenta a prendere piede.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per quale motivo?

Le spiegazioni sono molteplici. Il commercio equo è anzitutto un commercio di nicchia conta pochi clienti fidati e persone curiose. Comunque le due botteghe presenti qui coprono sufficientemente la domanda dei baresi, che non è molta. Si risente della crisi e una terza realtà probabilmente non ce la farebbe. In secondo luogo i prezzi dei nostri prodotti sono più alti della media perché la coltivazione biologica costa. Chi acquista da noi compra pochi prodotti ricercati come il caffè etiope o il cioccolato, non viene di certo a fare la spesa. A questo bisogna aggiungere che il nostro mercato non è molto pubblicizzato, il nostro "spot" è il passaparola della gente. Anche se l'"affollamento" nei nostri negozi lo registriamo solo in periodi come quello natalizio: poi in molti scompaiono. Ma questo è il problema di tutto il mondo della solidarietà.



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