"Il loro nome vive per sempre": viaggio all'interno del silenzioso Bari war cemetery
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lunedì 28 agosto 2017
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di Nicola Imperiale
Centinaia di militari vengono curati nel 98th British General Hospital, un ospedale creato nel Policlinico di Bari, ma per la maggior parte di loro non ci sarà nulla da fare: moriranno di lì a poco, andando ad aumentare il numero di vittime dell’attacco nazista.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E da allora, da più di 70 anni, i loro corpi giacciono nel “Bari war cemetery”, uno dei 154 cimiteri creati dall’organizzazione Commonwealth War Graves Commission per ospitare le salme dei ragazzi caduti durante la Guerra fuori dai confini nazionali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a visitare questo storico camposanto così diverso dagli altri: un luogo immerso nella quiete e nel silenzio, con un grande prato verde, alti pini e panchine di pietra. Un posto che sembrerebbe un parco, se non fosse per le 2251 lapidi disseminate sul suo suolo, poste lì a ricordare oltre ai caduti del 1943 anche i soldati deceduti durante l’attacco al porto del 9 aprile 1945, quando a esplodere fu la nave “Charles Henderson”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per raggiungerlo basta percorrere via Fanelli in direzione Valenzano: all’altezza di Carbonara bisogna svoltare a sinistra sulla provinciale 144, strada che porta a Triggiano. Dopo un chilometro il “Bari war cemetery” appare sulla sinistra. (Vedi foto galleria)
Si tratta di un cimitero senza portoni d’ingresso. E’ infatti visitabile sempre, a ogni ora. Sono presenti solo due bassi cancelli messi qui per evitare l’accesso ai cani randagi. Di regola basterebbe inserire un codice (“1221”) per sbloccarli, anche se quando ci proviamo le serrature non si aprono, forse perché troppo arrugginite. Così entriamo da un cancelletto laterale lasciato aperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci ritroviamo così catapultati in un ampio prato dove all’ombra di verdi arbusti sono poste migliaia di lastre bianche verticali. Si tratta naturalmente di lapidi, dove è inciso il nome puntato, il cognome, il reparto e l’età del soldato caduto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un luogo dove non ci sono né mausolei nè cappelle, ma solo centinaia e centinaia di tombe tutte uguali, che non rendono possibile distinguere il ricco dal povero e dove è facile imbattersi in una lapide con su incisa una croce accanto a un’altra contraddista dalla stella di Davide. Insomma qui ebrei e cristiani (e non solo) riposano insieme, uniti da un unico e triste destino.
Le pietre sepolcrali sono poste in modo ordinato, quasi a ricordare il rigore militare che ha segnato la vita di questi soldati. La pulizia del silenzioso sito è perfetta, non una carta o quant’altro sul terreno: erba e alberi sembrano curati con attenzione e costanza. Su due lati sono presenti persino delle panchine in pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Purtroppo con un po’ di malinconia ci accorgiamo che non c’è un fiore o un oggetto personale che attesti visite da parte dei parenti dei combattenti. La Gran Bretagna, ma anche il Canada, l’Australia, il Sudafrica e la Nuova Zelanda (le forze alleate provenivano da tutto il mondo) sono Paesi infatti troppo lontani da qui. E poi a più di settant’anni di distanza i famigliari più stretti di questi ragazzi saranno probabilmente morti anche loro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ragazzi sì, perché l’età media dei deceduti è bassissima. Leggiamo di giovani che hanno perso la vita a 21 anni come T.B. Tate o a 19 anni, come D. Watson. E per 170 di loro non c’è nemmeno un riferimento utile a ricordare chi fossero: si tratta di militari che non è stato possibile identificare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Passiamo ora davanti all’alta “croce del sacrificio”, per poi ritrovarci sul lato opposto, in un angolo chiuso da due piccole costruzioni con i tetti spioventi al centro del quale campeggia un blocco marmoreo. E’ “la pietra del ricordo”, lì dove si trova incisa una scritta in inglese: their name liveth for everymore. “Il loro nome vive per sempre”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)
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Nicola Imperiale
Nicola Imperiale
I commenti
- Mariano Argentieri - In riferimento all'avvenimento del porto del 9 aprile 1945: l'esplosione della SS Charles Henderson fu provocata da un'errata procedura nello scarico degli armamenti e per via di una fatalità si determinò una potente deflagrazione.