Le pescherie di Bari, quei negozi dai nomi fantasiosi dove si respira l'aria del mercato
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lunedì 15 ottobre 2018
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di Marianna Colasanto - foto Antonio Caradonna
Un'atmosfera pimpante di cui avevamo già avuto un saggio due anni fa, quando facemmo visita alla "Pescheria del popolo" di viale Japigia. Qui il 64enne Peppino Antonacci, proprietario dell'attività, attira i clienti cantando a squarciagola canzoni di successo, rivisitate in chiave ittica. E così ogni giorno grazie alla sua voce possente il brano "Quando i bambini fanno oh” si trasforma in "Quando le triglie fanno oh" e "Il mondo" di Jimmy Fontana diventa "Il polpo".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In viale Jacini, nei pressi della zona di San Marcello, si trova invece “Gagang”. Il nome, che in barese sta a indicare qualcuno che cerca di mettersi costantemente in mostra, deriva dall'appellativo attribuito a Domenico “Minguccio” Carofiglio, colui che aprì attorno al 1940 una prima rivendita di pesce situata in strada del Carmine, a Bari Vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«In effetti mio nonno era un tipo arzillo che non stava mai fermo - ci spiega il nipote Vito –. Tutti da allora conoscono la mia famiglia con questo appellativo: perciò i suoi nove figli hanno voluto dare lo stesso nome a tutte le nostre pescherie sparse per la città, per portare avanti la memoria del “vecchio” scomparso undici anni fa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci spostiamo in corso Alcide De Gasperi, strada che ospita un altro negozio ittico che presenta un nome in dialetto: "Ciccil U' gnore". Ad accoglierci, davanti a una parete decorata col disegno di due coralli, c'è il titolare, il 48enne Massimo. «L'attività - racconta l'uomo - si chiama così in ossequio al soprannome del nonno di mia moglie, che era scuro di carnagione. Siamo qui dal 1990, quando fu chiusa la nostra sede storica di piazza Mercantile, aperta nel Dopoguerra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Salutiamo Massimo e ci dirigiamo a nord, nel quartiere San Girolamo, dove sul Lungomare IX Maggio sorge un altro esercizio dalla denominazione curiosa: "Spirito di patate", espressione con cui si boccia l'umorismo di chi fa battute poco divertenti. «Era il nomignolo di mio nonno, da cui abbiamo ereditato l’indole allegra - evidenzia il gestore 42enne Antonio, dietro a un tavolo "ripulito" dai clienti -. Fu lui settant’anni fa ad aprire qui dentro un ristorante, poi trasformato in pescheria da mio padre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il nostro tour non può che finire in strada della Marina, a San Giorgio, vera e propria "patria" delle pescherie baresi (ce ne sono ben sei). In quest'area si percepisce subito come il pesce sia un rito: sia sulla tavola, ma anche al momento dell'acquisto. Auto e motori occupano quasi tutta l'arteria e un gran vociare in sottofondo si confonde con il rumore dei macchinari del ghiaccio usato per mantenere fresca la mercanzia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Entriamo nella "Pescheria dal Nonno", nata nel 1947, dove impera il colore arancione. Si tratta di una chiara scelta di marketing, come del resto lo è anche l'aver messo un team di sole donne a servire gli avventori. «Il nonno in questione - sottolinea il 64enne Filippo, dipendente del negozio - era Francesco Caccuciolo, fondatore di quella che un tempo era una semplice rivendita di cozze, diventata però nel corso degli anni un punto di riferimento cittadino».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche qui l’atmosfera è particolarmente allegra. «Rispettiamo il cliente ma cerchiamo sempre di essere divertenti – ci dice Giuseppe, mentre pulisce un sarago -. A domande del tipo “Come sono le cozze?”, rispondo “Piene” e se mi incalzano dicendo “Se le trovo vuote?” parto con un “Signora le fai ripiene”. Poi c’è chi esclama “Mi raccomando all’acqua!” e noi: “Non si preoccupi siamo onesti quando rubiamo”. E a chi mi chiede “Sono freschi quei pesci?” io dico: “Certo sono nel ghiaccio”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un ambiente gioviale è anche quello che troviamo dell’altra pescheria storica di San Giorgio: “Gino il marinaio", la cui entrata è sorvegliata dall'80enne Maria. «Gino è stato mio marito - illustra l'anziana signora -: fu sia pescatore sia membro della Marina militare: ecco spiegato ciò che leggete sull'insegna. Oggi a dirigere gli affari ci sono mio figlio Giorgio e mio nipote, anch'egli di nome Gino».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il negozio è stato inaugurato nel 1979 - spiega il 37enne nipote, che ci mostra una razza davanti a una parete in mattonelle raffigurante suo nonno in barca - ma la mia famiglia era già attiva con una bancarella di cozze all'ex mercato di via Montegrappa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche qui ci sono donne al bancone: questa volta però non si tratta di una scelta di marketing ma di una decennale tradizione di famiglia. «Quando ha aperto la pescheria - ci racconta sempre Gino – ad occuparsi della vendita c’erano mia madre e le mie zie, che vivevano qui. Perché il nostro non era solo un esercizio commerciale, ma pure la nostra casa. L’attuale cella frigorifera era la camera da letto dei miei genitori e io spesso da bambino giocavo nelle vasche dove si vendevano le cozze. Qua la domenica mattina l’odore del ragù si mescolava a quello del pesce».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Nel video: Peppino, il pescivendolo canterino
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Scritto da
Marianna Colasanto
Marianna Colasanto
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna