Corato, quell'edificio in bugnato che ricorda Ferrara: è il "Palazze de re pète pezzute"
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lunedì 24 giugno 2019
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di Luciana Albanese - foto Valentina Rosati
Il motivo sta nel suo affascinante rivestimento rossiccio in bugnato a punta di diamante. Un accorgimento architettonico particolare che ricorda quello di una costruzione più antica e famosa: il Palazzo dei Diamanti di Ferrara. E non si tratta di un caso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
É l'inizio del 500 quando i contatti tra il nord barese e la città estense si intensificano per via del matrimonio tra Lucrezia Borgia, reggente del ducato di Bisceglie e Corato, e Alfonso I, duca del centro emiliano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un legame che porta conseguenze anche a livello urbanistico, visto che nel 1579 il bugnato del noto monumento è "importato" per la fabbricazione a Corato di Palazzo De Mattis, voluto dalle famiglie Patroni e Griffi, riunitesi in un unico casato nel 1530. Con la stessa tecnica viene eretto a poca distanza anche Palazzo Ducale, che andrà però distrutto quattro secoli dopo, nel corso del disastro idrogeologico che colpì il paese nel 1922.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il Palazze de re pète pezzute sconta comunque una lunga incuria, la cui la parola fine è stata messa solo in tempi recentissimi, grazie all’opera dell’avvocato Ettore Quinto. «Mi dispiaceva vederlo lì abbandonato e messo a dura prova dalle infiltrazioni d'acqua – afferma – e così ho deciso di acquistare l’immobile una decina di anni fa, allo scopo di ristrutturarlo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I lavori, terminati nel 2017, hanno previsto l'idropulitura del prezioso bugnato: una lavorazione muraria con pietre a file sfalsate, che nel caso in questione assumono proprio le fattezze di un diamante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La struttura si trova nel centro storico cittadino. La raggiungiamo percorrendo la pittoresca scalinata di via Roma, che ci porta in via De Mattis, lì dove si staglia la facciata principale del palazzo, divisa in due parti. Quella inferiore è di color grigio e caratterizzata da blocchi di tufo di varia dimensione, mentre quella è superiore è in uno splendido bugnato. Le pietre, a forma di “gemme”, hanno un'accesa tinta rossa che quasi luccica alla luce del sole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Altri 13 massicci "diamanti" bianchi racchiudono poi il portone d'ingresso in ferro marrone, il cui battiporta raffigura un grifone, simbolo dei Griffi. Ma prima di varcare l'entrata puntiamo la nostra attenzione sul resto delle pareti esterne dello stabile. All'angolo con via Roma spicca ad esempio lo stemma della dinastia: la parte sinistra rappresenta l'ancora dei Patroni, mentre a destra ritroviamo il suddetto grifone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un altro ornamento bianco dalle sembianze "vegetali" sta invece a indicare la produzione di vino alla quale era dedito il casato, mentre il volto di un cherubino è lì a testimoniarne la fede cattolica della famiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con Quinto entriamo ora nel ventre dell'edificio. Il primo ambiente che calpestiamo è un androne quadrangolare dove un tempo vivevano i domestici: qui un lampadario in ferro del 500 sovrasta una pavimentazione di graniglie di primo 900. «Gli interni - sottolinea Ettore - sono stati più volte modificati da coloro che si sono succedute qui dentro nel corso dei secoli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Davanti a noi imbocchiamo la scalinata in pietra lavica che conduce al piano superiore, quello nobiliare. L'accesso alle stanze avviene attraverso due porte in legno con decorazioni di cinque secoli fa. Osserviamo così una serie di vani che riprendono i tratti distintivi dell'androne: sono stati da poco ristrutturati e risultano completamente privi di arredamento. Avvistiamo anche delle nicchie, dove probabilmente venivano riposte statue e immagini di santi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Volgiamo così lo sguardo verso l'alto, ammirando su uno dei soffitti un affresco realizzato in età moderna. Il disegno ritrae un cielo con quattro donne, ciascuna raffigurante una virtù raccomandata dal cattolicesimo: la prudenza, la giustizia, la forza e la temperanza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Dopo aver riportato il bugnato al suo antico splendore ho intenzione di pulire tutte le pareti della casa - conclude il proprietario -. Spero possano saltar fuori altri dipinti invisibili da secoli, nascosti all’interno di quello rappresenta un vero e proprio tesoro dell’arte pugliese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Luciana Albanese
Luciana Albanese
Foto di
Valentina Rosati
Valentina Rosati