Bari, quando ad ogni Carnevale andava in scena il mondano Veglionissimo della stampa
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lunedì 17 febbraio 2020
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di Giulia Mele
Aperto a tutta la cittadinanza, ma in realtà riservato ai pochi che potevano permettersi l’elevato costo del biglietto, si svolgeva di sabato sera, tre giorni prima della fine del Carnevale. Si chiamava “della stampa” perché ad organizzarlo per primo fu proprio un quotidiano: quel Corriere delle Puglie che nel 1928 divenne poi La Gazzetta del Mezzogiorno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La prima edizione si tenne il 5 febbraio del 1921. Per l’occasione la platea del Piccinni venne trasformata in una enorme sala da ballo: le sedie furono rimosse e l’orchestra posta al centro del palcoscenico. Centinaia di persone appartenenti alla borghesia barese accorsero entusiaste, occupando perfino le piccionaie, con i festeggiamenti che si protrassero fino all’alba.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fu quindi un successo e così da quel momento in poi si decise di replicare ogni anno il Veglionissimo, che diventò un evento imperdibile per i baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Caratteristica peculiare della festa – ci spiega l’esperto di tradizioni baresi Gigi De Santis - erano le sue maestose scenografie e decorazioni, che ogni Carnevale venivano realizzate seguendo un diverso tema. A lavorarci venivano chiamati i più estrosi pittori e stuccatori del barese, tra cui ricordiamo Guido Prayer e i fratelli Francesco e Raffaele Spizzico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo una pausa di sei anni (dal 1941 al 1946) causata dalla guerra, il galà riprese con ancora più entusiasmo nel 1947.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Non appena venne dato l’annuncio della sua riproposizione da parte dell’Ordine interregionale della stampa di Puglia e Basilicata, una miriade di artisti si propose per dare un contributo, presentando al comitato organizzatore progetti di scenografie curati nei minimi particolari. Inoltre le più importanti attività commerciali della città fecero pervenire numerosi doni per premiare le più belle maschere e le migliori esibizioni della serata del “grande ritorno”, che si tenne il 15 febbraio 1947.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Gli anni del Dopoguerra furono senza dubbio quelli di maggiore splendore del Veglionissimo - afferma De Santis -. Si diede sempre più rilievo alle luci multicolori, alle scenografie e alla grande musica. Furono poi introdotti il concorso di bellezza “Miss Stampa” (nel 1948) e quello di comicità barese (nel 1949). Spettacolare fu poi l’edizione del 2° marzo 1957, che vide l’esibizione dell’orchestra del celebre maestro genovese Pippo Barzizza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tutto però finì all’inizio degli anni 70. Il clima politico stava cambiando e il periodo di contestazione toccò anche il Veglionissimo, che fu accusato di essere troppo ricco e borghese: lontano anni luce dai bisogni del popolo barese. Seguirono così manifestazioni di protesta fuori dal Piccinni, che segnarono le ultime edizioni del galà, tra cui quella conclusiva del 3° marzo 1973.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’anno dopo infatti, complice anche la crisi energetica e la conseguente austerity (che portarono addirittura al divieto di circolazione dei veicoli nei giorni festivi), si decise infatti di non organizzare il veglione, che da lì in poi non tornò mai più ad animare il carnevale barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E così oggi, a distanza di tanti anni, di quelle sere di lusso e mondanità rimane solo un lontano e flebile ricordo, dispersosi al vento come un colorato coriandolo.
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Giulia Mele
Giulia Mele
I commenti
- Vito Sante Rubino - Quante cose ha perso la nostra bella città, non ultime la proprietà della Fiera del Levante, della squadra del Bari, della Gazzetta del Mezzogiorno, il Saicaf etc etc. :-(
- Gianvito Spizzico - guido prayer non ha mai scenografato i veglionissimi. gli scenografi erano Francesco e Raffaele Spizzico e le luci di Sabino Paolicelli. lasciatevelo dire da chi è figlio e nipote dei maestri e nel piccinni ci andava a giocare, prima di crescere e partecipare
- Gianvito Spizzico - il veglionissimo non finì per ridicole contestazioni che volevano imitare quelle della scala ma per il colera di quell'anno
- Gigi De Santis - Gentile Direttore, in riferimento ai due commenti del signor Gianvito Spizzico, su l'interessante articolo della brava giornalista Giulia Mele, desidero gentilmente rispondere. Forse il signor Gianvito Spizzico, non ha letto dall'inizio l'articolo, se ha scritto che "Guido Prayer non ha mai scenografato i veglionissimi". Invece è confermato che negli anni '20-'30 (la prima edizione del Veglionissimo avvenne il 5.02.1921) fu Guido Prayer che firmò le scenografie. Mentre i fratelli Spizzico, scenografarono il Veglionissimo dal 1947, dopo la parentesi della seconda guerra mondiale. L'altra affermazione del signor Gianvito Spizzico in riferimento alla notizia: "Il veglionissimo non finì per ridicole contestazioni che volevano imitare quelle della scala ma per il colera di quell'anno". Mi spiace, signor Gianvito Spizzico, confermo quello che ha scritto la giornalista Giulia Mele. L'edizione del Veglionissimo della Stampa non avvenne perché già dal 2 dicembre 1973, per sei mesi (2 giugno 1974), ogni domenica e i giorni festivi ci fu il divieto di circolazione delle auto private. Per quanto riguarda il problema del colera, scoppiato a Bari in agosto 1973, a dicembre la città ritornò a vivere nella normalità con le dovute precauzione e nel nuovo anno (1974), non si parlò più dell'emergenza colera.
- Gianvito Spizzico - caro de santis, su prayer mi sono sbagliato ma è ovvio perchè la mia memoria parte da quando sono nato io e non da prima. Da bambino nei giorni di allestimento andavo a trovare papà e lo zio raffaele che con i loro assistenti preparavano le scenografie. a volte mi mettevo ad aiutarli a fare i dischetti di carta colorata sensibile alle lampade al mercurio che, una volta spente tutte le luci, facevano risaltare le vernici fosforescenti e i bianchi, e che venivano incollati sui teloni delle scene. per quanto riguarda la fine del veglionissimo indirettamente conferma che non fu certo per le contestazioni simil scala di milano. e quegli anni, studiando architettura a roma, li ricordo molto bene da sessantottino della capitale.