La storia dello stabilimento "Marzulli Alla Minerva": la più elegante baracca balneare di Bari
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lunedì 30 novembre 2020
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di Mina Barcone - foto Sonia Carrassi
Parliamo di una delle cosiddette “baracche” che un tempo caratterizzavano il litorale del capoluogo pugliese. Si trattava di quelle palafitte sopraelevate che permettevano ai baresi, tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, di raggiungere più facilmente acque più profonde e pulite. Una sorta di lunghe passerelle in legno al termine delle quali piccoli capanni consentivano di spogliarsi al coperto. Questo in un’epoca in cui non c’era ancora il monumentale lungomare a separare i cittadini dall’Adriatico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra gli stabilimenti più rinomati ricordiamo il “Savoia”, il “Mineccia”, il “Carone”, ma anche il “Real Bagno”, “Al Sole” o il “Bersagliere”. Ma tra tutti il più signorile era proprio quello intitolato alla divinità romana Minerva, che si trovava nei pressi dell’ansa di Marisabella.
Se infatti la maggior parte dei lidi erano posti sul lungomare di levante, nel tratto di costa soprannominato “U Felòscene” (tra la Camera di Commercio e Pane e Pomodoro), il Minerva si stagliava sul litorale di ponente, più o meno alla fine dell’odierna via Brigata Regina.
A fondarlo fu l’imprenditore Vitantonio Marzullo: un “figlio d’arte”, visto che suo padre Francesco (detto "Gnaccaride") a fine 800 era stato il creatore della "barracche de la pertèdde", posta ai piedi del Fortino Sant'Antonio. All’epoca infatti Bari Vecchia era adagiata sull’Adriatico. Sotto la Muraglia ancora oggi sono visibili delle porticine murate: gli ingressi dei depositi utilizzati da pescatori e marinai.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo ripercorso la gloriosa storia di questa famiglia con la 73enne Annamaria Rizzi-Marzullo, nipote di Vitantonio, che (come la 78enne sorella Rosangela) nella propria abitazione conserva con nostalgia vecchie immagini, ritagli di giornale e quel che resta degli oggetti che un tempo arredavano gli antichi lidi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Veniamo quindi accolti dalla donna nella sua casa di Bitritto, lì dove ci mostra subito una foto posta in bella mostra nel salottino. Ritrae il lido con la sua lunga passerella che terminava con la costruzione in legno sulla quale si stagliava l’insegna Premiato stabilimento Marzulli Alla Minerva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Marzulli appunto: ma il cognome di Vitantonio non era con la “o” finale? «Sì trattò di un errore del falegname che realizzò la targa – chiarisce Annamaria -: il nonno però non lo fece correggere e rimase per sempre così. Questo però negli anni a seguire portò a confondere la sua baracca con il Gran Lido Marzulli che sorse nel Dopoguerra sul lungomare sud. In realtà tra i Marzullo e i Marzulli non c’è mai stata nessuna parentela».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La donna ci mostra anche delle foto dell’imprenditore, sempre elegante con un cappello in testa, gli occhialini e i baffetti che nascondono il sorriso. E ci indica alcuni oggetti che un tempo abbellivano il Minerva, come il grande specchio ovale e un orologio da muro con numeri romani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La sua baracca veniva montata tra marzo e aprile, per poi essere smontata in autunno – ci spiega la 73enne -. Le assi in legno di noce ed ebano erano accatastate in via Vallisa a Bari Vecchia e il nonno passava l'inverno a raddrizzare le viti che venivano poi utilizzate nella stagione successiva».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Annamaria ci fa vedere anche due articoli di giornale a firma di Alfredo Giovine, nei quali si racconta dei fasti dell'antico stabilimento. Lo scrittore definisce il Minerva come “il più elegante” della città, sottolineando come nel 1909 vinse anche un premio dal Comune di Bari che gli rilasciò il “diploma di I° grado”.
«Nel vano d'attesa addobbato come un salotto liberty, dotato di tende con frange e arricchito dalle foto delle dive del cinema Francesca Bertini e Pina Menichelli – si legge in un pezzo - non mancava un grammofono a tromba, troneggiante in un angolo con la manovella impaziente di girare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Vi era anche un pianoforte a muro – aggiunge la donna -: spesso veniva suonato da Umberto, un uomo elegante come tutti gli avventori del Minerva che in seguito, sposando mia zia, diventò il nipote acquisito di Vitantonio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Perché il "Marzulli" era frequentato dall'élite barese di inizio 900. Le donne, con i loro abiti lunghi e pesanti, si immergevano in acqua semi vestite e le loro gonne si gonfiavano "come paracadute". «Mio padre Antonio – ci confida Annamaria – raccontava spesso di come lui e i suoi amici spiassero le giovani che si facevano il bagno nascosti dietro le travi delle cabine: come se poi ci fosse davvero qualcosa da vedere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Gli uomini invece si sfidavano in gare di nuoto come quella del 19 luglio 1906 che vide come vincitore un tal Renato Orsi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La baracca vantava anche una "buvette" con un vasto assortimento di pasticceria, birre, liquori, gassose. E di sera poi, una volta posti sul pavimento dei grandi tappeti, si trasformava in un salone da ballo con camerieri eleganti disposti a soddisfare ogni desiderio dei clienti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Furono davvero momenti felici per mio nonno e la mia famiglia – rammenta la padrona di casa - ma a partire dagli anni 30 i cambiamenti alla città (tra nuovo porto e lungomare) e la nascita di nuovi e più grandi stabilimenti balneari portarono all’obsolescenza delle baracche, che non ressero la concorrenza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tra gli avveniristi lidi che nacquero in quegli anni ci fu la spiaggia del Levante (che poi divenne San Francesco), lido di San Girolamo dotato di cabine che permettevano di indossare i primi costumi da bagno. «Il proprietario - sottolinea la signora – chiese a mio nonno di entrare in società, ma lui, uomo rigoroso, rifiutò categoricamente. Non accettava infatti i succinti costumi delle donne: mostravano troppo il corpo, non era decoroso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Così Vitantonio dovette arrendersi alla “modernità”. Continuò a mandare avanti la sua baracca, ma con scarsi risultati e così alla metà degli anni 30 decise di chiudere. «Quando smontò per l'ultima volta le travi della palafitta, senza tra l’altro aspettare la fine della stagione – conclude Annamaria – fece bruciare tutto, con sdegno della nonna che si arrabbiò molto perché quel legno poteva essere recuperato e venduto. Ma lui era troppo addolorato per la fine del suo adorato Minerva e di un’epoca gloriosa che non sarebbe tornata mai più».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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