Ipogei, chiesette e stanze abitate dagli Alleati: è l'ottocentesco Palazzo Capitaneo di Palese
Letto: 10990 volte
lunedì 15 marzo 2021
Letto: 10990 volte
di Mina Barcone - foto Valentina Rosati
La dimora si trova laddove nel 700 sorgeva una costruzione rurale con torre annessa appartenente alla famiglia De Rossi. I proprietari provenivano da Modugno, città che inglobava l'odierno quartiere del capoluogo pugliese, all'epoca scarsamente abitato e considerato poco più che una marina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I Capitaneo entrarono in possesso dello stabile dopo il matrimonio di un loro membro con un esponente dei De Rossi e nel 1840 lo rifecero completamente seguendo il progetto dell'architetto Pietro Castellucci.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ancora oggi è l'antica famiglia a gestire la residenza, divisa tra i cugini Antonio e Clara. È proprio quest'ultima ad accompagnarci alla scoperta della residenza, che si affaccia sull’omonima piazzetta puntellata da alberi e panchine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giungiamo dinanzi alla nostra meta non prima di aver avvistato nelle vicinanze altri due fabbricati storici di Palese: la masseria fortificata Villa Amari Cusa risalente all'800 e il "portico di Papapiccolo", caratteristico palmento settecentesco con volta a crociera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il Palazzo, a pianta rettangolare, ci appare con la sua facciata ordinata e armoniosa in stile neoclassico, dotata di un loggiato con sette balconi. Il piano terra presenta invece sei finestre con inferriate e un portale sul quale campeggia l'insegna di un bed and breakfast. Clara ha infatti convertito la sua "porzione" in una struttura ricettiva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varchiamo l'ingresso, ritrovandoci in un androne coperto da una volta a vela e una a botte lunettata. Il pavimento, composto da bianche chianche, non è stato mai sostituito sin dall'innalzamento del caseggiato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ai lati spuntano speculari gli accessi a quelle che furono le stalle. Quello a destra è sbarrato da una porta che reca una scritta in lingua inglese: "N 127 sp Transit nco Sleeping qts and Reception". La dicitura suggerisce che uno dei locali sia stato temporaneamente usato come dormitorio dagli Alleati, probabilmente nel 1943: un'ipotesi verosimile, visto che dopo l'armistizio di Cassibile il generale britannico Harold Alexander scelse proprio Palese come sede del suo quartier generale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Saliamo ora con Clara nelle sue stanze del primo piano, nell'ala sinistra del complesso, ammirando lungo la rampa la scultura che riproduce lo stemma dei Capitaneo: una formella rettangolare con cinque bande, sovrastata da un mascherone con corona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In cima alle scale si apre uno stanzino impreziosito da una statua di San Michele, patrono del quartiere. Ma il vero pezzo forte è il salotto: un ambiente dai colori caldi dove è conservato con cura l'arredamento d'epoca, con divanetti e poltrone rossicci e infissi in legno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«In questo luogo così elegante durante la Seconda guerra mondiale si riunivano alte cariche dell'esercito inglese», spiega Clara. Siamo insomma in uno dei tanti posti di Palese in cui furono decise le sorti del conflitto, come Villa Verina che ospitò il futuro capo di Stato jugoslavo Tito, Villa Rosa che accolse il colonnello sovietico Solokov o villa Longo De Bellis che fu teatro di un incontro tra Eisenhower, Alexander e Badoglio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La signora mostra con orgoglio alcune vecchie foto del palazzo, ritratto quando tutt’attorno c'era solo campagna. In una delle immagini si nota anche un menhir collocato all'interno del giardino, purtroppo andato perso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma l'ampio spazio verde riserva comunque ancora oggi piacevoli sorprese. Per scoprirle torniamo al piano terra, lasciandoci alle nostre spalle l'androne, al termine del quale avvistiamo un concio che separa l'arco di accesso da un balconcino. Il blocco di pietra riporta l'anno di ultimazione dei lavori di muratura, il 1848, oltre a una curiosa sigla: "S.M.V.". «Potrebbe far riferimento a una citazione latina di Ovidio - evidenzia Clara -, traducibile in "Scegliete una materia adatta alle forze"».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci muoviamo quindi verso il cancello che permette di immergerci nell'area ricolma di vegetazione: l'entrata, "annunciata" ai lati da vistose piante grasse, è ricoperta da fogliame rampicante. Da qui si dirama un sentiero che si fa largo tra due ali di piante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo pochi passi, sulla destra, spunta un piccolo ingresso parzialmente coperto da una miriade di fiori gialli. Vi si accede tramite una rampa che conduce così negli ambienti sotterranei del palazzo. Di fronte ce n'è uno chiuso da una porta in ferro, mentre a sinistra un varco immette in una vera e propria grotta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci troviamo infatti in quella che nel Medioevo era una chiesetta rupestre dedicata a San Giovanni delle Camere. L'intitolazione del luogo sacro derivava probabilmente dalla sua pianta a croce greca, sovrastata da una cupola detta appunto "camera". Spazi ipogei che furono utili durante la Seconda guerra mondiale, quando vennero utilizzati come rifugio antiaereo per la popolazione locale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Torniamo sul sentiero, passeggiando rilassati tra agrumeti e alberi in fiore. Una stradina sulla sinistra, invasa dalle piante, porta verso una costruzione che custodisce un frantoio ipogeo, purtroppo non accessibile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ultima tappa della nostra visita è la cappella del palazzo, alla quale si accede dal lato destro dello stabile. La sua presenza è segnalata da una croce incastonata tra l'entrata e una finestrella.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L'interno è semplice quanto angusto, coperto da una volte a botte e occupato da sedie in legno e da un altare in pietra. «É aperta al pubblico solo nei giorni che precedono il Natale, il Venerdì santo e San Giuseppe, al quale è dedicata - conclude Clara -. Alcune fedeli si riuniscono qui per recitare il rosario, facendo così rivivere per qualche ora questo piccolo tempio ottocentesco da sempre appartenuto alla famiglia Capitaneo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Paolo Marturano - ben documentato e interessante la storia di questo palazzo ,In particolare quanto riguarda il periodo bellico che seguo e mi interesso da anni