Altamura, alla scoperta di Santa Maria Assunta: la Cattedrale voluta da Federico II
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venerdì 7 maggio 2021
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di Gabriella Mola - foto Valentina Rosati
L’erezione del tempio fu il primo atto della ripopolazione della cittadina disposta dall’imperatore, che nel corso di una visita nel 1232 la trovò distrutta dai Saraceni e decise così di ridarle vita. La chiesa si trasformò nel simbolo della rinascita del paese murgiano, divenendo una delle sole quattro basiliche “palatine” pugliesi, ovvero dipendenti dal sovrano e non dalla giurisdizione vescovile (le altre sono San Nicola a Bari, San Michele a Monte Sant'Angelo e la Cattedrale di Acquaviva delle Fonti).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per visitare il santuario attraversiamo Porta Bari e passeggiamo su corso Federico II di Svevia fino a Piazza Duomo. Qui incontriamo la facciata in pietra bianca dell’edificio, chiusa dalle due torri campanarie in stile romanico che sovrastano un magnifico rosone e un portale decorato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I due campanili sembrano identici ma non lo sono – svela Emiliana, guida del Museo Diocesano che ci accompagna in questa visita –. Quello a destra è la torre della prima costruzione federiciana. Quello a sinistra fu invece probabilmente edificato a metà 500 fino al secondo piano. Due secoli dopo furono costruiti i terzi livelli di entrambi i campanili e le rispettive cupole».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Percorriamo con lo sguardo gli oltre 45 metri d’altezza e scorgiamo la loggetta settecentesca, con una statua della Vergine Assunta realizzata in “mazzarò”, un tipo di pietra locale. Il rosone venne invece creato a metà del XVI secolo e dal suo centro, in cui è raffigurato l’agnello di Dio, partono quindici colonnine arricchite da motivi floreali e terminanti in arabeschi intrecciati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In alto a sinistra c’è poi una finestra gotica, tre le poche originali rimaste nel complesso. Richiama i motivi tipici dell’epoca: due colonne laterali con leoni, una cornice a foglie e un bestiario decorativo medievale costituito da elefanti e grifoni.
L’elemento che colpisce maggiormente è però il ricco portale del XIV secolo. Le sue formelle finemente intagliate narrano la vita di Gesù dalla nascita alla Pentecoste. L’Ultima Cena occupa l’architrave. Al di sopra il timpano è dominato da una Madonna con Bambino e due angeli.
Attraversiamo ora il portone ligneo “sorvegliato” da leoni stilofori cinquecenteschi. La chiesa si presenta a tre navate e il piano strutturale è quello del tempo di Federico. È subito evidente il contrasto con la sobrietà della facciata: l’interno è infatti opulento ed elaborato, frutto di interventi massicci operati nella seconda metà dell’800.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A imperare è il marmo colorato. I capitelli che sorreggono l'impianto della chiesa sono stuccati e dipinti con contrasti cromatici che vanno dall’oro al verde. Il soffitto, anch'esso impreziosito di intarsi, è costellato di stemmi di nobili e papi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ai lati dell'ingresso sono posizionate due acquesantiere barocche del 1735 con la Madonna circondata da angeli. Sulla destra troviamo anche l'ambone in pietra calcarea di Putignano del XVI secolo, sorretto da cinque colonnine e decorato da incisioni di scene della vita di Gesù.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella navata sinistra è custodito invece un presepe del 1587 attribuito alla bottega materana di Persio. Le stalattiti sono vere: appartengono alle grotte carsiche della zona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In un’altra cappella scorgiamo un altare di metà XVIII secolo con una statua di San Giuseppe con Bambino, lavoro della bottega del Bernini del 1654. Nell’ultima è invece esposto il frammento di un affresco raffigurante il volto di Cristo: datato fine XIV secolo, è l’unica testimonianza delle decorazioni che un tempo arricchivano l’intera cattedrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giungiamo quindi all'altare principale del 1735, in marmo bianco e policromo, che sostituì quello ligneo cinquecentesco. Al di sopra campeggia il dipinto dell'Assunzione della Vergine del 1546, una delle poche opere superstiti dell’artista Leonardo Castellano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alle spalle dell’altare si dispone il coro in legno, formato da 64 stalli in noce ciascuno diverso dall'altro. Assieme alla sedia episcopale e al pulpito rappresenta un prezioso lascito dell'arte napoletana dell’intaglio del XVI secolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Procedendo nella navata di destra incontriamo le altre sei cappelle. In una di esse sono collocate due delle opere più significative della chiesa: la Conversione di San Paolo di Domenico Morelli, terminata nel 1876, e la Maddalena di Francesco Netti del 1877.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Saliamo ora sui matronei duecenteschi del piano superiore che ospitano anche il Museo Diocesano (il cui ingresso costa 3 euro). Usciamo così dalla Cattedrale e passiamo sotto l'Arco Duomo. Entriamo quindi in un claustro facente parte del palazzo vescovile e accediamo a due rampe di scale che ci portano a un altezza di circa 20 metri. Attraversata una saletta, ci ritroviamo all'ingresso della parte sopraelevata della cattedrale che si estende lungo due camminamenti paralleli sovrastanti le navate laterali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Giunti sul matroneo centrale ci affacciamo dalle trifore con colonnine rivestite di marmo rosa e verde e godiamo della vista della chiesa dall'alto. Restiamo affascinati dai colori e i giochi di luce riflessi sulle decorazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Riprendiamo però il giro per osservare l’esposizione degli antichi manufatti conservati in teche apposite. Cominciamo con gli argenti: reliquiari, croci, ostensori, messali, oggetti devozionali donati all’esposizione o ritrovati nel corso di scavi archeologici nel territorio altamurano. Seguono i paramenti sacri, fatti di tessuti ricamati con varie tecniche. Tra questi c’è anche il famoso “Mantello di Murat”, di inizio Ottocento, che sarebbe stato donato dall’allora re di Napoli al prelato De Gemmis e da lui adattato a piviale. Chiude l’Archivio, che conta oltre 4000 documenti storici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Terminiamo il nostro viaggio percorrendo i ballatoi esterni. Qui, che sia nelle finestre bifore o nella serie di arcate che si susseguono lungo il loggiato nord, domina ovunque la semplicità della pietra bianca. E sul capitello di una colonnina scoviamo anche il viso Federico II, che sembra vigilare sulla chiesa da lui voluta.
(Vedi galleria fotografica)
* con la collaborazione di Giancarlo Liuzzi
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