I mille volti della Cattedrale di Bari, le cui mura raccontano la storia della città
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lunedì 20 marzo 2017
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di Salvatore Schirone
La Cattedrale si trova in piazza Odegitria, ampia area pedonale che si affaccia sul Castello Svevo. È qui che ci fermiamo ad ammirare la maestosa facciata, sulla quale spiccano un rosone a diciotto petali e una bifora sul cornicione aggettante, sorretto da colonne con capitelli corinzi che adornano il grande portale centrale. Alle spalle il campanile alto 68,90 metri. Entriamo. (Vedi foto galleria)
Si resta senza fiato varcando il portale. La luce pomeridiana invade la navata principale, sorretta da colonne, capitelli e arcate che i restauri eseguiti negli anni Trenta del secolo scorso hanno liberato dagli stucchi barocchi apposti nel 700 dall’architetto Antonio Domenico Vaccaro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al centro della navata troneggia l’Ambone (il pulpito da dove si leggono le sacre scritture), con i suoi simbolici ornamenti medievali, tra cui i bestiari e la maestosa aquila federiciana che regge il leggio. In fondo, sopraelevato rispetto al piano della navata e custodito da due leoni, c’è il presbiterio sul quale poggia l’altare, sormontato dal ciborio. La parte posteriore dell’altare nasconde un pregevole mosaico con raffigurazioni di agnelli, colombe, pavoni su un luminosissimo sfondo blu. Nell’abside centrale troviamo poi il singolare trono della cattedra del vescovo che per braccioli ha due leoni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Vorremmo a questo punto salire sul campanile, ma questa parte della Cattedrale non è visitabile. «Purtroppo il campanile non è agibile – ci dice il il sacrestano Michele Cassano - malgrado diversi progetti di consolidamento e ripristino non è stato ancora messo in sicurezza».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La torre ha avuto una vita molto travagliata. Crollata una prima volta in seguito a un terremoto, fu ricostruita nel 1315. Colpita poi ripetutamente da fulmini nel corso dei secoli, fu rinforzata con contrafforti e privata del torrino, per poi essere definitivamente demolita nel 1948 dopo le lesioni causate dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Rimessa in piedi subito dopo, già nel 1950, da allora non è stata però più resa visitabile al pubblico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«In origine i campanili erano addirittuta due – tiene a sottolineare Cassano -. Quello di destra però in seguito al terremoto del 29 novembre 1613 crollò e non fu più ricostruito. Tuttavia esiste ancora al primo piano una stanza che metteva in comunicazione le due torri campanarie».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbandonando l’idea di montare sul campanile, ci dirigiamo verso un’altra zona poco conosciuta della Cattedrale: la Trulla. L’edificio cilindrico del diametro di 11 metri addossato al lato nord del tempio oggi funge da sacrestia, ma fu un battistero fino al XVII secolo. Si presenta circondata da arredi in legno tra i quali spicca una pendola del 1600, restaurata e perfettamente funzionante. Sulla parete circolare gli affreschi degli apostoli sono sormontati dagli stemmi di alcuni vescovi di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la parte più interessante dell’edificio è quella sotterranea: il “Succorpo”, che ci immette nella storia più antica della Cattedrale. Vi si accede passando per una porticina sul lato destro del transetto. Prima che venisse aperto al pubblico il ventre della chiesa era un immenso ossario. Il lavoro di svuotamento dei resti umani, di consolidamento delle strutture murarie e l’isolamento dell’acqua di falda che invadeva i vani partì solo tra il 1966 e il 1975. E dovettero passare altri trent’anni per la realizzazione di quell’organico restauro che ci permette oggi di visitarlo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ambiente più vasto degli scavi è l’originaria basilica paleocristiana del V secolo: un impianto che restò intatto fino all’XI secolo. Presenta tre ampie navate, in corrispondenza quasi perfetta con la chiesa superiore. Il pavimento rappresenta un vero e proprio capolavoro, completamente ricoperto dal cosiddetto “mosaico di Timoteo”. Si resta letteralmente incantati davanti al pavimento splendidamente restaurato pietra per pietra e realizzato con piccole tessere policrome. E’ costituito da un vasto campo centrale, con motivo a scaglie, racchiuso da una cornice decorata con animali acquatici e pesci, tra cui il “baresissimo” polpo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma l’esplorazione del Succorpo ci permette di andare ancora più indietro nel tempo, mostrandoci i resti di un grande edificio civile di età romana, che evidentemente occupava l’area della Cattedrale prima che venisse costruita la basilica paleocristiana. Possiamo qui ammirare anche un lembo di strada basolata, forse la via Traiana. E le sorprese derivanti dal sottosuolo non finiscono neanche qui, perché in corrispondenza della Trulla sono presenti anche i resti di una più “recente” chiesa di epoca bizantina del IX-XI secolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Risaliti in superficie apriamo una porta presente in una navata laterale per andare a visitare la cripta: si tratta dell’unica area che ha conservato lo stile barocco “posticcio” del 700. Qui tra una selva di colonne poste a sostegno di una struttura absidale, viene conservata l’icona della Madonna Odegitria che la leggenda vuole essere giunta da Costantinopoli. Presenti anche le reliquie di san Sabino e quella di Santa Colomba.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E’ arrivato il tempo di andare via, ma mentre la penombra della luce del tramonto ricopre lentamente la navata centrale, il nostro sguardo cade sul mosaico pavimentale al centro della chiesa. Durante il prossimo solstizio d'estate, alle 17.10 del 21 giugno, i raggi del sole attraverseranno il rosone della facciata e l’ombra derivante dai suoi diciotto petali andrà a coincidere perfettamente con il disegno presente nella navata. Un “miracolo” che renderà ancora più splendido questo grande e antico simbolo di Bari, le cui mura raccontano secoli di storia della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica di Ilaria Palumbo)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Salvatore Schirone
Salvatore Schirone
I commenti
- michele iannone - non mi stancherò mai di leggere la storia che ci racconta gli avvenimenti puù importanti dei monumenti della nostra città vecchia. Grazie per il vostro gentile contributo !
- Giuseppe Cassano - Il rosone della facciata della cattedrale è stato lì messo durante i restauri tra il 1931 e 1934 ad imitazione di quello presente sul pavimento. Il rosone originale era ovviamente diverso. Le chiese del periodo della cattedrale di Bari, ma anche i templi egiziani o di Paestum ad esempio, venivano orientate con l'abside (l'altare) verso l'est equinoziale cioè verso il punto in cui sorge il sole all'equinozio. Vedi questa presentazione come punto di partenza https://www.mat.uniroma1.it/sites/default/files/LM-21.01.15_Lanciano.pdf
- Giuseppe Cassano - La lettura di questo articolo molto interessante mi ha suggerito di studiare l'argomento. A proposito dell'orientamento dell'asse portale-altare della Cattedrale, dopo aver lasciato il commento precedente, ho trovato uno studio molto dettagliato che tu lettore puoi trovare qui http://archeoastronomia.altervista.org/wp-content/uploads/2019/07/SIA5-6_11.pdf