di Federica Calabrese

Il tesoro archeologico di Torre a Mare: tombe e antichi reperti tra spiagge e bagnanti
BARI – Li hanno recuperati lì dove tanti baresi prendono il sole e si fanno il bagno, sulla rocciosa costa di Torre a Mare. Parliamo di centinaia di manufatti appartenenti a un periodo che va dal Neolitico fino all’Età del Ferro: fornelli, coppette, frammenti di vasi, pezzi di ceramica, moli, tombe, alcuni dei quali risalenti addirittura a 8000 anni fa. (Vedi foto galleria)

Gli scopritori sono gli studenti di archeologia del dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Bari che (con il patrocinio della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città di Bari) e diretti dal loro docente Giacomo Disantarosa, sono tornati alla fine di giugno nei luoghi in cui tra gli anni 70 e 80 furono già rinvenuti numerosi reperti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

All’epoca però si prelevò solo una parte del “tesoro” in un’area che con il tempo fu nuovamente abbandonata e dimenticata. Si tratta di siti come Cala Scizzo, Punta della Penna, Cala Colombo o Scamuso, posti su un litorale libero e molto frequentato, ma al contempo invaso dai rifiuti e per nulla valorizzato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La spedizione degli esperti (dal nome "Il sistema portuale tra Antichità e Medioevo: archeologia subacquea e dei paesaggi costieri del litorale da Bari a Bisceglie - Future in Research") in quella che è stata definita "la culla dei primi baresi" comincia dalla foce di Lama Giotta, situata alla fine dell’omonima via, lì dove si trovano i parcheggi delle auto e i punti di accesso alla piazzetta di Torre a Mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui, tra ciottoli, alghe ed enormi massi, riaffiorano i primi manufatti. Balza all'occhio un antico fornello rettangolare, simile alle nostre piastre in pietra, con segni di bruciatura ancora evidenti nonostante sia stato realizzato ben otto millenni fa. Accanto poi i ragazzi scovano anche un antico peso forato nella parte centrale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma siamo solo all’inizio. Superato il porticciolo di Torre a Mare inizia via Grotta della Regina, strada che affianca l’insenatura “Cala Fetta”, sulla quale si affaccia un bar a forma di baita e il circolo Unione . Qui, sotto lo sguardo sopreso dei bagnanti, gli archeologi si accorgono subito della presenza di numerose tombe preistoriche disseminate sulla superficie della costa, alcune larghe anche qualche metro e ormai piene di sabbia e vegetazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Vengono poi prese le misure di quello che sembra un comune scoglio che fuoriesce dall’acqua, ma che in realtà è ciò che rimane del braccio di un molo antico. Degna di rilevanza è poi la scoperta di una struttura in pietra seminascosta dall'erba alta, dotata di tre grandi fori. «Queste aperture servivano per sostenere il peso di grossi pali lignei - spiega Disantarosa -. Di sicuro questa era la base di un imponente edificio preistorico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una volta lasciata Calafetta e superato lo scheletro dell’ex locale Grotta Regina incendiato nel 2015, si apre il tratto di litorale di Punta della Penna, denominato "bunker" per via della roccaforte difensiva situata a pochi passi dal mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In questo punto gli archeologi si ritrovano circondati di reperti (che verranno poi portati in laboratorio). Dietro un enorme masso vengono scovati pezzi di ceramica a vernice nera diffusa tra il VI e il I secolo a.C. C'è anche un manico nero di una coppetta monoansata con tre apici, risalente al secondo millennio a.C. E dopo aver prelevato tra le pietre antichi frammenti di ossa animali, ci si accorge della presenza tra gli scogli di tante piccole “piscine”: si tratta in realtà di cave per l'estrazione di pietra, utilizzate almeno dal Neolitico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma la scoperta più interessante è quella di una serie tombe che nascondono all’interno (tra rifiuti ed erbacce) frammenti di olle e coppe da vino ioniche chiamate "kylikes", databili intorno a 2500 anni fa. «Sono tutti manufatti che si trovavano all’interno dei sepolcri – fa notare il professore -. Siamo infatti davanti a un’antichissima necropoli adagiata sul mare: un cimitero purtroppo dimenticato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Li hanno recuperati lì dove tanti baresi prendono il sole e si fanno il bagno, sulla rocciosa costa di Torre a Mare. Parliamo di centinaia di reperti archeologici appartenenti a un’epoca che va dal Neolitico fino a all’Età del Ferro (ora custoditi in laboratorio)
Gli scopritori sono gli studenti di archeologia del dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Bari che, diretti dal loro docente Giacomo Disantarosa, sono tornati alla fine di giugno nei luoghi in cui tra gli anni 70 e 80 furono già rinvenuti numerosi reperti: in quella definita come "la culla dei primi baresi"
La spedizione degli esperti comincia dalla foce di Lama Giotta,  situata alla fine dell’omonima via, lì dove si trovano i parcheggi delle auto e i punti di accesso alla piazzetta di Torre a Mare
Qui, tra ciottoli, alghe ed enormi massi, riaffiorano i primi manufatti...
...tra questi un antico peso forato nella parte centrale
Ma siamo solo all’inizio. Superato il porticciolo di Torre a Mare, inizia via Grotta della Regina, strada che affianca l’insenatura “Cala Fetta”, sulla quale si affaccia un bar a forma di baita e il circolo Unione
Qui gli archeologi si accorgono subito della presenza di numerose tombe preistoriche disseminate sulla superficie della costa...
...alcune larghe anche qualche metro ma ormai piene di sabbia e vegetazione
Vengono poi prese le misure di quello che sembra un comune scoglio che fuoriesce dall’acqua, ma che in realtà è ciò che rimane del braccio di un molo antico
Ma la scoperta più importante è quella di una struttura in pietra seminascosta dall'erba alta, dotata di tre grandi fori. «Queste aperture servivano per sostenere il peso di grossi pali lignei - spiega Disantarosa -. Di sicuro questa era la base di un imponente edificio preistorico»
Una volta lasciata Calafetta e superato lo scheletro dell’ex locale Grotta Regina incendiato nel 2015, si apre il tratto di costa di Punta della Penna, denominato "bunker" per via della roccaforte difensiva che si trova qui a pochi passi dal mare
In questo punto gli archeologi si ritrovano circondati di reperti. Dietro un grosso masso a pochi metri dal mare vengono scovati pezzi di ceramica a vernice nera diffusa tra il VI e il I secolo a.C.. C'è anche un manico nero di una coppetta monoansata con tre apici, risalente al secondo millennio a.C.
...ci si accorge della presenza tra gli scogli di tante piccole “piscine”: si tratta in realtà di cave per l'estrazione di pietra, utilizzate almeno dal Neolitico
Ma la scoperta più interessante è quella di una serie tombe che nascondono all’interno (tra rifiuti ed erbacce)...
...frammenti di olle e coppe da vino ioniche chiamate "kylikes", databili intorno a 2500 anni fa



Federica Calabrese
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  • Mirko Saponaro - Ciao ragazzi, siete nell'antica Netium, limitrofa a Kattry, che va da Cala Paduano (Mola di Bari) a Scizze! Il quartiere pullula di storia (non valorizzata!) che va dal Neolitico ai tempi d'oggi. Diverse 'tombe' e opere preistoriche sono coperte da circa 50 cm di terreno, posto appositamente per protezione. C'è ancora tanto da portare alla luce.. sicuramente è un intervento prestigioso per l'Università di Bari e per il Comune di Bari. Non fatevi scappare l'occasione.. P.S. Ancora oggi vengono utilizzati dai pescatori i massi forati (naturalmente o artificialmente) come zavorre per mille necessità. Diverse modellazioni della roccia, sparse qua e là soprattutto nei pressi dell'area portuale, sono solo depositi artificiali risalenti al 1800 all'interno dei quali facevano essiccare le alghe da utilizzare come compost (tant'è che quell'area è chiamata Cala (in)Fetta proprio per questo motivo). Le cave, caratterizzate da tagli sin troppo precisi per il Neolitico, sono infatti risalenti agli anni '70: periodo nel quale tutto ciò che poteva essere valorizzato è stato italianamente fagocitato dal cemento. Mirko Saponaro (A disposizione per confrontarci: saponaromirko@yahoo.com)
  • Anna - Ottimo articolo. Complimenti


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