di Paola Setteducati

Circoli esclusivi, maggiordomi e balli di corte: la nobiltà in Italia è viva e vegeta
Sono decaduti da più di 70 anni, dal momento in cui la Costituzione stabilì che nell’Italia repubblicana non sarebbero più stati riconosciuti i loro titoli. Parliamo dei nobili: re, principi, duchi, marchesi e conti, che dopo secoli di monarchia, a partire dal 1948, sono stati costretti a “trasformarsi” in persone comuni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma davvero la nobiltà in Italia è sparita? Davvero gli aristocratici hanno accettato questo “declassamento” senza battere ciglio? La risposta sembrerebbe essere “no”. Nel 2019 nel Belpaese esistono ancora circoli esclusivi, feste mondane e balli di corte che tendono a preservare lo status che ha contraddistinto la vita dei “signori” fino alla Seconda Guerra Mondiale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Abbiamo cercato di saperne di più, guidati dal 63enne piemontese Pier Felice degli Uberti, grande esperto di diritto nobiliare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma l’aristocrazia è viva e vegeta…

Solo se si parla di alta nobiltà. Questo ceto è sempre stata molto eterogeneo e anche ora lo è. Pertanto si possono distinguere famiglie di “piccola nobiltà”, che magari vanno a lavorare esattamente come chiunque altro, di “media nobiltà”, che portano avanti piccole attività in proprio e di “alta nobiltà” che vivono ancora di rendite attribuibili ai beni ereditati. Queste ultime hanno mantenuto i tratti distintivi dei tempi della monarchia, continuando a chiamarsi con il titolo di appartenenza (seppur accorpato nel cognome) o a incontrarsi in occasione di eventi dedicati o nei circoli a loro riservati. Se vogliamo, ancora oggi discendere da una famiglia importante riserva qualche privilegio, come ottenere lavoro più facilmente a parità di curriculum.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parliamo di questi circoli.

Si tratta di club molto esclusivi, dove gli aristocratici si incontrano a scopo ricreativo e nei quali è possibile accedere solo se discendenti di famiglie nobili o in qualche modo collegati a loro. Vi possono far parte sono gli uomini, in virtù del fatto che, quando furono fondati, le donne non conducevano la vita sociale di oggi, un tempo era riservata solo al sesso maschile. Lì i gentiluomini si riuniscono, leggono, discutono di questioni private o di interessi vari (mai di lavoro), creano contatti, organizzano balli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tutti i nobili possono essere ammessi?  

È necessario possedere requisiti quali moralità, ottime condizioni economiche, buone maniere e un certo stile. Per accedere negli ambienti dei circoli è richiesto un “dress code” che prevede giacca, cravatta e camicia, per fare un esempio. Chiaro che non tutti possono sostenere tali regole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quali sono i principali club in Italia?


Certamente quelli che fanno parte dell'Uci (Unione dei circoli italiani). A tal proposito si possono citare i club della Caccia o degli Scacchi di Roma, il circolo Nazionale dell'Unione di Napoli, quello del Whist-Accademia Filarmonica di Torino o il circolo degli Uniti di Siena, il più antico del mondo, nato nel XVII secolo. Anche a Bari è presente un club: il Circolo Unione ubicato all’interno dei locali del Teatro Petruzzelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci sono eventi dedicati solo ai nobili?

Si sono numerosi. In Italia forse il principale è il "Il ballo dei 100 e non più 100", che si tiene ogni anno nel Palazzo Treville a Casale Monferrato, in Piemonte, alla metà del periodo di Quaresima. Si chiama così perché nasce da una tradizione risorgimentale che prevedeva la partecipazione alla festa di un massimo di 199 persone, a quel tempo scelte fra non più di 100 della nobiltà e non più di 99 della borghesia. Quest'anno hanno preso parte aristocratici provenienti da tutto il mondo. Giusto per citarne qualcuno: il principe marchese Maurizio Ferrante Gonzaga, la principessa Luciana Pallavicini Hassan d’Afghanistan, la principessa d’Ungheria Monika d’Asburgo e la principessa Maria Teresa di Borbone Parma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Molti nomi stranieri: quindi nonostante sia decaduta l’aristocrazia italiana è riconosciuta all’estero?

Sì certo. Ad esempio c’è il Royal Club of Dubai riunisce i discendenti delle grandi casate regnanti mondiali: ne fa parte anche Emanuele Filiberto di Savoia. I “signori” si conoscono tra loro e si frequentano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quante e quali famiglie sono ancora presenti in Italia?

In realtà mai nessuno si è preso la briga di contarle, neanche durante il Regno d'Italia. Un tempo si era comunque iscritti al Libro d'oro della nobiltà italiana, conservato nella sede della Consulta Araldica, un organo consultivo del governo soppresso con l'avvento della Repubblica. In questo elenco si trovavano 1200 nomi. La maggior parte di queste famiglie è rimasta in Italia anche dopo il 1948. Penso ad esempio ai laziali Gaetani dell'Aquila di Aragona, agli emiliani Principi Gonzaga, ai Conti Manfredi di Piacenza o ai Principi Borghese e Caracciolo di Napoli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al di là della mondanità, la vita privata degli aristocratici continua a mantenere un certo “livello”?

Dipende sempre dallo stato economico. Comunque molti hanno ancora al loro servizio un maggiordomo, beneficiano per i propri figli dell’istruzione privata impartita da tutori, per poi mandarli a studiare nei college stranieri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Pensa che l’Italia possa un giorno nuovamente ammettere il ceto nobiliare?

Me lo auguro. Perlomeno sarebbe auspicabile un riconoscimento pubblico alle “famiglie storiche”, per i meriti che hanno avuto a rendere grande il Paese.


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  • Leda Cheimak Salza - Me piacerebbe moltíssimo che fossimo una altra volta un reino. Infarto, penso lavorare su puesto tema con le persone che paisano aiutarmi: io moro in Argentina ma in mío nono era un conde italiano. María Gabriela Di Savoia abitava in Argentina


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