''Crudo'', verdura, pochi dolci: storia e fondamenti della cucina barese
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martedì 23 settembre 2014
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di Stefania Buono
Qual è la caratteristica principale della cucina barese?
La povertà. La cucina barese è fondamentalmente povera e i suoi piatti “forti” sono infatti il pesce e tutto ciò che ha a che fare con l’agricoltura. A Bari si mangia “semplice”. Ad esempio il pesce non deve essere esageratamente condito (a differenza di ciò che avviene in altre regioni d’Italia): il barese quando lo assapora vuole sentire “l’odore del mare”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il pesce è apprezzato in tutto il mondo, ma quello non cotto appassiona in pochi: i giapponesi, i baresi…da dove deriva questo particolare gusto per il “crudo”?
Non è facile capire quando nella sua storia il barese ha iniziato a mangiare pesce crudo. A questa domanda non è mai stata data risposta certa, sarebbe infatti troppo facile dire “Bari è una città che si affaccia sul mare e poiché la pesca è una delle sue principali attività i suoi abitanti mangiano pesce crudo”. Il cibarsi di frutti di mare, molluschi e crostacei non cotti è infatti un’esclusiva barese. In altre città dove c’è comunque il mare e attività come la pesca sono sempre state fondamentali (basti pensare alle “repubbliche marinare” Venezia, Amalfi e Genova) non c’è questa stessa passione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Ndr) In realtà in un precedente articolo noi abbiamo provato a dare una risposta. Sembrerebbe infatti che nel Neolitico una crisi climatica portò come conseguenza penuria di cibo e così i “baresi primitivi” si “buttarono” sui molluschi marini, che divennero la base della propria dieta.
Altro piatto che non manca mai sulle nostre tavole è quello a base di verdure…
Certamente, essendo come già detto quella barese una cucina semplice e considerato che il popolo barese è stato fin dalle sue origini un popolo agricoltore, è inevitabile che molti dei suoi piatti tipici (dalle orecchiette alle cime di rapa a fave e cicorie) siano basati su ortaggi, erbe spontanee e altri tipi di verdura. Inoltre siamo grandi produttori di olio d’oliva e quindi anche questo prodotto è alla base della nostra cucina, così come le olive, di diversi tipi, che si mangiano spesso come antipasto a tavola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A proposito di antipasti: in casa o a ristorante quelli non mancano mai, anzi spesso diventano la portata principale visto che c’è chi arriva a servirne anche una ventina...
Direi che molto dipende dalla tradizione casalinga. A Bari, in particolare a partire dal boom economico degli inizi anni 60, con le famiglie che cominciarono a permettersi pranzi abbondanti, vi era l’usanza di riunire i parenti la domenica per passare una giornata tutti assieme mangiando in compagnia. Una volta arrivata l’ora, la tavola si riempiva di ogni ben di dio, tanto che se ci si sedeva all’una e ci si alzava che era quasi arrivata sera. Ciò che distingueva il pranzo “della domenica” barese da quello di altre città era quello di mettere i "sopataue" (“sopra tavola”), ovvero molti antipasti: si poneva sulla tavola tutto ciò che era a disposizione in cucina, proprio per sottolineare l'importanza della “mangiata” con tutta la famiglia allargata. Tutto questo è rimasto anche oggi e anche i ristoranti si sono adattati a questo "abbondare di sopataue", diversamente dal resto d’Italia dove l’antipasto è necessario sempre e comunque ordinarlo ed è formato da pochi “assaggi”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Però la cucina barese è povera di dolci a differenza di quella napoletana o siciliana. Come mai?
Sì, a Bari manca una vera e propria cultura di pasticceria e questo è legato alla nostra storia, visto che qui non c'è mai stata una dominazione araba. In Sicilia ad esempio gli arabi hanno portato i loro dolci a base di panna o crema. I nostri dolci invece sono più legati ad una tradizione contadina. Sono a base di vin cotto, semolino o mandorle, come le cartellate, le scarcelle e come un dolce che oggi non viene più preparato: il "ppane fenìscke" o pan vinesco, dolce a base di vin cotto di fichi e semolino.
Anche la carne non è che da noi sia così prelibata: bisogna andare nei paesi più interni per gustarla e comunque ci si limita solo ad alcune tipologie.
Poiché il popolo barese è stato più pescatore ed agricoltore piuttosto che allevatore, il consumo di carne è stato sempre minore rispetto a quello di pesce. Anche se comunque a Bari si mangia ad esempio il cavallo (la brasciola è un altro dei piatti della domenica) o l’agnello, in particolare durante le festività.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Finora abbiamo parlato della tradizione. La ristorazione barese resta legata alle sue origini o cerca di innovarsi?
Ogni buona cucina parte dalla tradizione, ma la ristorazione barese è un po’ ferma al “piatto tipico” e ciò viene considerato dagli esperti di cucina italiani come un limite. Pur essendo una cucina salutare, alla base della dieta mediterranea, quella barese è troppo semplice: non a caso di cucine “stellate” in Puglia ce ne sono poche. Noi abbiamo una grande base, i nostri piatti sono apprezzati da italiani e stranieri (a parte forse il pesce crudo) e c’è da dire che in quasi tutti i locali della città si mangia bene, ma questo saldo legame con la tradizione forse ha ingabbiato la creatività. Almeno questo è il pensiero degli esperti enogastronomi non pugliesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qual è invece la sua opinione?
Io penso che entrambe le cucine abbiano una loro dignità, sia quella creativa ed innovativa che quella tradizionale. Ma la gastronomia italiana oggi tende a preferire la prima, cercando di prendere esempio dalle cucine francesi e spagnole, non rendendosi conto che è proprio l’unicità della tradizioni delle singole città a rendere la cucina italiana così amata ed apprezzata. E Bari, in questo senso, non è da meno.
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Scritto da
Stefania Buono
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