di Elena Lisco - foto Antonio Caradonna

Bari, la vilipesa Madonna delle Grazie: antica e affrescata chiesetta rurale
BARI – Antiche, suggestive ma abbandonate. Sono i tratti distintivi delle sette chiese rurali di Bari, piccoli luoghi di culto disseminati nelle campagne e nei rioni periferici della città. Di esse ben cinque sono chiuse, compresa quella di San Giorgio Martire, gioiello medievale addirittura murato dai proprietari nel 2014 dopo un incendio appiccato da ignoti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Soltanto due sono dunque “visitabili”. Una, abbastanza curata, è quella dell'Annunziata, situata a ridosso di Lama Balice e aperta al pubblico due volte l'anno. L'altra è quella della settecentesca Madonna delle Grazie, edificio religioso trascuratissimo e di fatto fruibile solo perché privo di un portone. Nonostante ciò la chiesetta mantiene un certo fascino, posizionata com’è all’interno di una lama e impreziosita da un affresco raffigurante la Madonna di Costantinopoli. (Vedi foto galleria)

Siamo andati a visitare la struttura, accanto alla quale si trova anche una masseria ottocentesca disabitata costruita sopra un ipogeo. (Vedi video)

Per raggiungerla dobbiamo allontanarci dal centro cittadino percorrendo via Fanelli in direzione Valenzano. All’altezza di Carbonara svoltiamo a sinistra in via Madonna delle Grazie per proseguire poi per 500 metri e girare a destra in strada Trota. Dopo una cinquantina di metri la nostra meta apparirà sulla destra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci ritroviamo davanti a un cancello malmesso e stretto tra due colonne: su quella destra sono disegnate in rosso le lettere V e C. Alcuni signori che stanno cogliendo delle olive ci aprono, permettendoci di varcare l'ingresso. Percorriamo così un vialetto che ci porta dinanzi alla masseria predetta. La costeggiamo sul lato destro e ci immergiamo in lama La Trofa, “affluente” di Lama Fitta, uno dei nove ex fiumi di Bari. Circondati da coloratissime margherite raggiungiamo la chiesetta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La facciata principale, abbastanza semplice, è orientata verso ovest, a dispetto dell’antica "regola" che vuole le cappelle disposte verso est, cioè in direzione di Gerusalemme. Al centro, sotto una finestra protetta da un'inferriata, c'è l'entrata: ci affacciamo. L'interno è costituito da un unico ambiente rettangolare posto due metri sotto il livello del terreno, tant'è che siamo costretti a scendere degli scalini per accedervi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Secondo quanto apprendiamo da uno studio effettuato dall’ingegner Raffaele De Rosa, il tempio cristiano sarebbe stato edificato sopra un preesistente ipogeo. Tale ipotesi sarebbe confermata anche dal diverso materiale delle pareti: in tufo pugliese quelle sopra il livello del suolo, in roccia calcarea (tipica delle costruzioni sotterranee) al di sotto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Esploriamo il vano completamente spoglio, camminando su una superficie resa scivolosa dalla fanghiglia. La pavimentazione originaria è stata infatti trafugata, al pari dell'acquasantiera un tempo posizionata sulla sinistra rispstto all'accesso. Addossate sui muri notiamo qua e là delle lastre di pietra scampate alle attenzioni dei ladri. Dalle pareti poi, oltre alla muffa imperante, sbucano persino alcune piante di capperi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A fatica riconosciamo quel che rimane dell'altare, affiancato da due archi in stile classicista che immettono in una minuscola sagrestia. Al di sopra di esso spicca però in una nicchia uno splendido affresco che raffigura la Madonna di Costantinopoli con Gesù bambino. La Vergine, avvolta da un mantello azzurro, indossa una corona dorata e sorveglia con sguardo amorevole il messia, il quale tra le mani coccola un cardellino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È questo senza dubbio l'elemento meglio conservato dell'angusto e vilipeso luogo di culto. E’ chiaro che l'edificio, innalzato tra il 1738 e il 1780 per volere dei fratelli Pietro e Diego La Torre, necessiterebbe di un serio restauro. Purtroppo però il terreno su cui sorge appartiene a una settantina di eredi che non riescono ad accordarsi sui lavori da effettuare. Un vero peccato. Uno di loro ci ha confidato addirittura che l'eventuale ristruttuazione costerebbe la cifra di un milione di euro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta che lasciare la chiesetta per tornare sui nostri passi. La prossima meta è la masseria che avevamo costeggiato prima. La tenuta, il cui perimetro esterno ha un pallido colore rosa, presenta tre ingressi. Quello principale reca sulla sommità l'anno di costruzione: 1874.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo dal varco principale, anch'esso sguarnito: la porta in legno è stata infatti abbattuta senza troppi complimenti. Le stanze che visitiamo sono tutte completamente vuote, a eccezione di detriti e macerie che puntellano il pavimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A questo punto usciamo e notiamo una piccola finestra posta in basso: è quella che si affaccia su un ipogeo del XVI secolo situato sotto la masseria. Ci introduciamo nella cavità sotterranea attraverso un passaggio laterale: in essa convivono pareti calcaree e muretti evidentemente realizzati in epoca più moderna. Riusciamo anche a distinguere i resti di una cisterna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Torniamo infine all'esterno, lasciandoci alle spalle lama, masseria e chiesetta, consapevoli di aver assistito a un ennesimo spreco di bellezza, cultura e storia.  

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni de Bartolo) la nostra visita alla chiesa rurale della Madonna delle Grazie:


 


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Per raggiungere il sito dobbiamo allontanarci dal centro cittadino percorrendo via Fanelli in direzione Valenzano. All’altezza di Carbonara svoltiamo a sinistra in via Madonna delle Grazie per proseguire poi per 500 metri e girare a destra in strada Trota. Dopo una cinquantina di metri la chiesa della Madonna delle Grazie apparirà sulla destra
Ci ritroviamo davanti a un cancello malmesso e stretto tra due colonne: su quella destra sono disegnate in rosso le lettere V e C
Varchiamo l'ingresso e percorriamo un vialetto che ci porta dinanzi a una masseria ottocentesca disabitata
La costeggiamo sul lato destro e ci immergiamo in lama La Trofa, “affluente” di Lama Fitta, uno dei nove ex fiumi di Bari
Circondati da coloratissime margherite raggiungiamo la chiesetta della Madonna delle Grazie
La facciata principale, abbastanza semplice, è orientata verso ovest, a dispetto dell’antica "regola" che vuole le cappelle disposte verso est, cioè in direzione di Gerusalemme
Al centro, sotto una finestra protetta da un'inferriata, c'è l'entrata: ci affacciamo
L'interno è costituito da un unico ambiente rettangolare posto due metri sotto il livello del terreno, tant'è che siamo costretti a scendere degli scalini per accedervi
Esploriamo il vano completamente spoglio, camminando su una superficie resa scivolosa dalla fanghiglia. La pavimentazione originaria è stata infatti trafugata, al pari dell'acquasantiera un tempo posizionata sulla sinistra dell'accesso. Addossate sui muri notiamo qua e là delle lastre di pietra scampate alle attenzioni dei ladri
A fatica riconosciamo quel che rimane dell'altare, affiancato da due archi in stile classicista che immettono in una minuscola sagrestia. Al di sopra di esso spicca però in una nicchia uno splendido affresco che raffigura la Madonna di Costantinopoli con Gesù bambino
La Vergine, avvolta da un mantello azzurro, indossa una corona dorata e sorveglia con sguardo amorevole il messia, il quale tra le mani coccola un cardellino
Non ci resta che lasciare la chiesetta per tornare sui nostri passi. La nostra meta è la masseria che avevamo costeggiato prima. La tenuta, il cui perimetro esterno ha un pallido colore rosa, presenta tre ingressi
Quello principale, preceduto da una piccola scalinata, reca sulla sommità l'anno di costruzione: il 1874
Entriamo dal varco principale, anch'esso sguarnito: la porta in legno è stata infatti abbattuta senza troppi complimenti
Le stanze che visitiamo sono tutte completamente vuote...
...a eccezione di detriti e macerie che puntellano il pavimento
A questo punto usciamo e notiamo una piccola finestra posta in basso: è quella che si affaccia su un ipogeo del XVI secolo posto sotto la masseria
Ci introduciamo nella cavità sotterranea attraverso un passaggio laterale
Nell'ipogeo convivono pareti calcaree e muretti evidentemente realizzati in epoca più moderna e con difficoltà riusciamo anche a distinguere i resti di una cisterna



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  • Michele - Brava come sempre Elena


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