C'è chi li chiama obbrobri ma sono "capolavori": ecco i più bei palazzi moderni di Bari
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mercoledì 23 gennaio 2019
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di Antonio Giannoccaro
Perché, come abbiamo detto più volte, la città a partire dal Secondo Dopoguerra fu investita da una speculazione edilizia che portò a effetti devastanti. Furono rasi al suolo edifici ottocenteschi e palazzi in stile liberty per far posto a grandi strutture che oggi è facile definire “obbrobri”. Epicentro di questo fenomeno fu il quartiere murattiano, lì dove però riuscì anche a trovare spazio una minoritaria architettura di grande pregio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Vi abbiamo già parlato del lavoro di Chiaia-Napolitano, ma gli “americani di Bari” non furono i soli progettisti a riuscire, come afferma l’esperto Nicola Signorile nella sua pubblicazione “Occhi sulla città- Architetti e architetture a Bari”, «a sottrarsi al ricatto di un’economia rapace e a imporre una progettazione di qualità».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo così andati nel rione Murat a scovare le opere più rappresentative: un’impresa non facile vista l’attuale confusione stilistica di questo quartiere che porta a confondere lo sguardo dell’osservatore. (Vedi foto galleria)
PALAZZO LATERZA - Il nostro tour inizia da via Sparano, precisamente ad angolo con via Dante, lì dove possiamo ammirare il palazzo degli editori Laterza (foto 1). Lo stabile fu realizzato tra il 1960 e il 1962 dal marchigiano Alfredo Lambertucci, uno dei pochi “stranieri” ad aver progettato un edificio nel perimetro del Murat lì dove hanno da sempre lavorato in gran parte professionisti pugliesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La preoccupazione dell’autore non è stata quella di attirare l’attenzione su di se come è successo in molti esempi di architetture coeve, ma piuttosto quella di inserirsi armoniosamente nel contesto del murattiano. Il risultato è un fabbricato sobrio ed elegante dall’apparenza fortemente compatta come quella dei fabbricati storici del quartiere, ottenuta grazie all’utilizzo di pochi aggetti, ovvero di elementi “sporgenti” quali balconi e pensiline.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La facciata, sapientemente composta e ordinata, è modulata da pannelli di cemento misto a graniglia di vari tipi di marmo che le conferiscono il caratteristico colore rossiccio e che scomparendo lasciano spazio alle aperture a tutta altezza e alle logge (2). Caratteristico, nei piani residenziali, è lo “svuotamento” dell’angolo, ovvero la presenza di un'apertura in posizione angolare, tipica del linguaggio contemporaneo (3).
PALAZZO DE FLORIO - Proseguendo in Via Dante svoltiamo a sinistra in Via Argiro dove al numero 73 troviamo palazzo De Florio (4). L’edificio fu commissionato nel 1957 a Onofrio Mangini dalla famiglia di commercianti De Florio proprietaria dello stabile ottocentesco abbattuto per fare spazio alla nuova struttura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’approccio in questo caso è esattamente l’opposto rispetto a quello del progetto precedente. Si tratta infatti di un’architettura dalla forte individualità, in netto ed intenzionale contrasto con l’esistente. Non solo non mancano gli aggetti ma è l’intera facciata a sporgersi vertiginosamente in avanti piegandosi «come se i volumi fossero costretti dai palazzi confinanti e premessero verso l’esterno», suggerisce Signorile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le superfici inclinate sono caratterizzate da finestre a nastro che si alternano ad aperture vetrate a tutta altezza (invertendosi di posizione tra un piano e l’altro) in corrispondenza degli uffici (5), e a logge nei livelli adibiti a residenza (6). Le parti piene del prospetto sono ricoperte da un lucente manto di gres bianco mosaicato che conferisce unitarietà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
IL PALAZZO DEL BANCO DI NAPOLI - Continuiamo a percorrere Via Argiro in direzione corso Vittorio Emanuele per circa un isolato e mezzo e svoltiamo a sinistra in via Abate Gimma dove al numero 101 troviamo la sede del Banco di Napoli (oggi Intesa-San Paolo) progettata da una delle figure di spicco della scena barese negli anni 60 e 70: Vito Sangirardi (7).
Un edificio robusto dalla facciata estremamente modulata, disegnato e realizzato tra il 1960 e il 1967, la cui caratteristica principale è l’azzardato accostamento tra un materiale nuovissimo come l’alluminio e uno tradizionale quale la pietra calcarea (8). I profili in alluminio marcano gli spigoli dei pilastri e finti pilastri rivestiti con la pietra locale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
PALAZZO CONTE CELIO SABINI - Ci dirigiamo ora verso corso Vittorio Emanuele per giungere all’incrocio con via Sparano dove troviamo una seconda opera progettata da Sangirardi. Si tratta di Palazzo Conte Celio Sabini, una torre che assieme a Palazzo Borrea di Chiaia e Napolitano crea un monumentale ingresso moderno alla principale via dello shopping barese (9).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La facciata elogia la libertà costruttiva del cemento armato con ampie vetrate ritmate e da pilastri leggermente in aggetto rivestiti di marmette quarzate che conferiscono una forte verticalità al suo aspetto (10). Da notare l’uso della pietra come tamponatura in angolo che viene privata della sua pesantezza e fatta “fluttuare” tra un piano e l’altro separando i setti con finestre a nastro (11).
Elegante la soluzione per il coronamento del fabbricato con l’intelaiatura lasciata a vista a creare quasi un pergolato che richiama la tradizione costruttiva mediterranea (12).
PALAZZO ANDIDERO - Proseguiamo ora verso Piazza del Ferrarese per giungere all’ultima tappa del nostro viaggio, ovvero un edificio tanto iconico quanto vittima di infinite critiche sin dal primo giorno di apertura del suo cantiere nel 1977. Parliamo di Palazzo Andidero, situato all’inizio della Muraglia (13).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Un obbrobrio - commenta senza esitazione la signora Lina, incuriosita dal nostro fotografare il palazzo -., Non avrebbe mai dovuto sorgere in questo punto». E invece Palazzo Andidero ha la sua unica ragion d’essere proprio nel trovarsi in quella posizione. I suoi progettisti Marcello Petrignani, Marina Ruggero e Mauro Buffi ben studiarono l’ambiente circostante creando un’architettura contemporanea che dialoga perfettamente con il contesto storico (14).
Come nota ancora Nicola Signorile, il basamento obliquo, lo spigolo appuntito, il muro pieno rivestito di pietra rigata, le finestre orizzontali “come vani di cannone” sono evidenti richiami al Fortino e all’architettura militare aragonese in genere, nonché alla stessa Muraglia. Le proporzioni poi sono quelle degli edifici circostanti e la facciata è discretizzata in tanti volumi separati a richiamare forse le tipiche case a torre di Bari Vecchia (15).
Il fabbricato, che si sviluppa su cinque livelli, presenta al piano terra un ampio spazio vuoto che fa da filtro tra esterno e interno circondato da una cancellata bronzea realizzata dal grande artista pugliese Raffaele Spizzico (16).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La nostra passeggiata si conclude qui. La speranza è che i palazzi di cui abbiamo parlato possano un giorno essere finalmente apprezzati per ciò che sono: piccoli capolavori che, come fari, donano uno sprazzo di luce al buio della moderna edilizia barese.
(Vedi galleria fotografica di Alessandro Palermo)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Antonio Giannoccaro
Antonio Giannoccaro
I commenti
- Vito Pascale - Ciao Antonio Giannoccaro, bellissimo servizio sui palazzi moderni condivido, anche sulla bellezza di quel palazzo che una volta ospitava la Banca Puglia e Basilicata, bello e moderno, ma scusami, secondo me messo in quel punto fa veramente pena... ciao e buon proseguimento...
- Vito Masi - Il mio edificio a terrazzi di v. Marzano denominato Archè