di Stefania Buono

Il Bridge, gioco di carte e anche sport: «Mica è semplice come il burraco»
BARI – I giochi di carte sono tantissimi, sia quelli con le carte napoletane, che quelli con le carte francesi. Ma in tutto il mondo solo uno è considerato alla stregua di uno sport, poiché riconosciuto, dal 1993, come disciplina associata dal Coni. Si tratta del bridge, nato nel 1873 in Inghilterra e poi diffusosi a partire dai primi anni del Novecento. Perciò quello che a prima vista sembra solo un semplice passatempo, in realtà dispone di una federazione che gestisce la sua attività agonistica, organizzando campionati regionali, nazionali e internazionali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ovviamente non stiamo parlando di una attività fisica, di azione e di movimento, ma di uno “sport per la mente”, un po’ come gli scacchi e la dama. Nel bridge troviamo tutte le componenti dell’agonismo sportivo: disciplina, prestazione, performance, competizione, confronto, studio, allenamento. Tuttavia si potrebbe obiettare che anche ad esempio il poker o il tressette sono giochi che necessitano di questi fattori per essere praticati al meglio. E allora perché solo il bridge è riconosciuto a livello mondiale come sport?

A giocare a suo favore è il fatto che, come si legge in un comunicato della Federbridge: “Tutte le componenti del gioco, sia teoriche che pratiche, hanno un’assoluta matrice logica, matematica e statistica e ciò impegna il praticante a continui ragionamenti, ne migliora le capacità di concentrazione, di sintesi e di analisi, lo pone di fronte a continui problemi di strategia, ne incrementa le possibilità mnemoniche”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È quindi la sua complessità logico-matematica a non renderlo un semplice gioco. «Non è semplice come il burraco, non basta mica un’ora per imparare a giocare –afferma il 53enne Giuseppe Trevissoi, insegnante di bridge e presidente dell’associazione “Bridge Bari” situata in Via Russo Frattasi-. Servono dei corsi di primo e di secondo livello per poterne comprendere le basi, nonché tanta pratica per diventare bravi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il bridge è in effetti piuttosto complesso. Innanzitutto va detto che non si compete singolarmente, ma in coppia. «L’affinità con il compagno è molto importante – chiarisce l’insegnante - ma è anche necessario confrontarsi con tanti giocatori: per questo motivo consigliamo di non giocare sempre assieme alla stessa persona ma di cambiare partner». 

In ogni tavolo si sistemano due coppie che si sfidano con un mazzo di carte francesi senza jolly (per un totale di 52 carte) che vengono distribuite equamente tra i quattro giocatori al tavolo (per un totale di 13 carte a testa). Nella prima fase, detta licita (o dichiarazione), il giocatore stipula una sorta di “contratto” in cui si impegna a realizzare nel corso della mano un determinato numero di prese, in base alle carte che ha a disposizione e che presume possa avere il suo compagno. Nella seconda fase c’è il gioco vero e proprio, quella in cui prendendo le carte dell’avversario ogni giocatore ha il compito di rispettare il suo contratto. Vince la coppia che realizza più punti alla fine di un certo numero di mani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«A causa di non corretti passaparola, molte persone si sono fatte un’idea sbagliata del bridge – avverte però il presidente -. Per cominciare, non si tratta di un gioco di élite, visto che non si mettono in palio grosse somme di denaro ma semplicemente la quota di iscrizione a tornei o campionati, che non è mai altissima. Inoltre non è un gioco da “vecchi”: è una disciplina adatta a tutti e in particolar modo ai giovani, che hanno una capacità di apprendimento superiore agli adulti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma di fatto di ragazzi che giocano ce ne sono pochissimi.  In Puglia esistono 13 associazioni di bridge, due delle quali hanno sede a Bari: l’Angiulli e "Bridge Bari”. E tra i circa 150 iscritti dei due club, c’è un numero ristrettissimo di under 30. «Un vero peccato – sottolinea Trevissoi - perché già dai dieci anni si potrebbe imparare a giocare e dai 13 a competere, ma i giovani oggi preferiscono altre attività, sportive e non e quindi manca un ricambio generazionale ai tavoli. Per fortuna ci sono tante donne appassionate».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il presidente parla di competizioni, perché il bridge, essendo un sport prevede dei veri e propri campionati ufficiali. Le coppie di giocatori che alle competizioni regionali si qualificano tra le prime accedono di diritto ai campionati nazionali, poi ai continentali e così via fino ai mondiali. In Italia le gare si svolgono quasi sempre a Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma. Le partite possono essere “miste”, ovvero aperte a uomini e donne di tutte le età, oppure riservate a sole a sole femmine oppure a determinate fasce d’età (ad esempio under 30 o over 65). Inoltre si può prendere parte a tornei a coppie oppure a squadre, dove una singola associazione compete con le altre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’Italia è stata ed è ancora oggi molto competitiva a livello mondiale. Del resto alcune squadre, come quelle di Roma e Milano, dispongono anche di sponsor piuttosto importanti che finanziano le attività agonistiche dei loro “atleti”. In passato inoltre esisteva il Blue Team, la squadra nazionale, che ha rappresentato il Bel Paese nelle maggiori competizioni internazionali, dominando incontrastata la scena per circa un ventennio, dalla metà degli anni 50 alla metà degli anni 70, vincendo 13 titoli mondiali e 11 europei.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E nel capoluogo pugliese invece? «Bari non è certamente una capitale del bridge e attualmente qui non ci sono grandi campioni –evidenzia il presidente -. Ma in passato abbiamo avuto dei nomi di tutto rispetto: ad esempio Guglielmo Siniscalco, che è stato membro del Blue Team e Guido Barbone, grande maestro che è stato capitano non giocatore del Blue Team per un certo periodo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Se però in Italia esistono migliaia di giocatori di scopa, poker e burraco, è difficile trovarne di bridge. «È vero, pur essendo molto affascinante, il bridge oggi non è molto popolare – ammette Trevissoi-. Secondo me ciò è dovuto al fatto che attorno a un tavolo non ci si vuole impegnare e si preferiscono sempre giochi più facili». Del resto è inevitabile: il bridge è uno sport, mica un semplice svago.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui il sito della Federazione italiana gioco bridge.


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