Lo storico Palazzo Simi, quello che i giornalisti non possono raccontare
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giovedì 7 maggio 2015
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di Mina Barcone
Ma a noi di Barinedita piace la “cultura nascosta”: uno dei nostri obiettivi è proprio quello di mettere in luce ciò che Bari ha da offrire, ma che spesso è inspiegabilmente poco pubblicizzato da istituzioni e amministrazioni. Per questo avevamo deciso di raccontarvi questo Palazzo, chiaramente con foto e video, nella speranza di suscitare l’interesse dei nostri lettori. Ma non ci è stato permesso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E’ il 23 aprile scorso quando con fotografo e cameraman andiamo alla scoperta di Palazzo Simi. Entriamo, ma subito ci viene detto che non sarebbe stato possibile fotografare e rimprendere gli ambienti interni. La motivazione? «Le immagini potrebbero essere utilizzati per scopo di lucro», ci dice un funzionario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
“Scopo di lucro”: ma chi è che si comprerebbe le foto di un palazzo? E poi per farne che? Per venderle a sua volta e alimentare il “business di Palazzo Simi”? Nonostante le nostre proteste il funzionario è irremovibile, ma ci mette in contatto telefonico con Francesca Radina, responsabile del Centro Operativo per l’Archeologia. Lei ci dice che per scattare foto è necessario una richiesta scritta da spedire al suo ufficio e a Taranto, all’attenzione di Luigi La Rocca, soprintendente per i Beni archeologici della Puglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Assecondiamo la sua richiesta e chiudiamo la telefonata. A quel punto chiediamo ai funzionari di fornirci l’indirizzo email a cui spedire il tutto. Ma ci viene risposto: «Niente email, dovete inviare due lettere via fax». Nell’era di internet c’è chi ancora chiede di comunicare via fax. Incredibile. Ci vengono forniti i numeri, ma prima di congedarci veniamo invitati a firmare il libro delle visite, che come detto appare alquanto spoglio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il giorno stesso inviamo i due fax, a Bari e Taranto. Aspettiamo ben 5 giorni, fin quando il 28 aprile ricontattiamo gli uffici di Palazzo Simi per chiedere delucidazioni: come mai non abbiamo ancora ricevuto una risposta? Ci consigliano di chiamare il giorno dopo «perché la Radina non è in sede». E va bene. Il 29 aprile mattina richiamiamo, due volte, ma in entrambi i casi ci viene risposto che la responsabile «non è ancora arrivata». Riproviamo il pomeriggio, ma questa volta «la dottoressa è in riunione e non può rispondere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Decidiamo a quel punto di non telefonare più, nella speranza che nel frattempo arrivi l’autorizzazione a fotografare il Palazzo. Ma ad oggi, 7 maggio, a due settimane dalla nostra richiesta, nulla ci è stato fatto sapere. E allora non ci è restato altro da fare che scrivere un articolo, non purtroppo sulle bellezze e la storia del monumento, ma sulla incapacità delle istituzioni di valorizzare ciò che la città offre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lo avevamo raccontato con la casa di Piccinni (immobile storico abbandonato al degrado), con la Chiesa di San Giorgio Martire (nascosta in campagna e poi anche bruciata e infine murata), con la Pinacoteca di Bari (isolata e poco visitata), con la storica Radio Bari (lasciata nell’oblio), con l’assenza di cartelli che possano indicare ai turisti i luoghi di interesse della città, con le tante chiese di Bari Vecchia poco pubblicizzate e spesso chiuse al pubblico. E questi sono solo alcuni esempi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
D’altronde nel caso di Palazzo Simi non si tratta nemmeno di soldi che non ci sono per ristrutturare o riqualificare. L’edificio è aperto, c’è del personale (pagato), dei funzionari e responsabili (pagati), ci sono tutti i servizi (pagati). Ma allora perché non far conoscere ai baresi ciò che gli appartiene? Parlare e scrivere un articolo giornalistico sul Palazzo sarebbe stata magari l’occasione per riempire quel desolato registro delle presenze, che rimane aperto solo nella speranza che un visitatore capiti, per sbaglio, in strada Lamberti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Michele - Che tristezza! Bari è una città molto bella. Avrebbe tanto da offrire. Si potrebbero creare tanti pacchetti interessanti per i turisti. Ma per alcuni, pare sia sufficiente accostarla solo ai soliti stereotipi.
- Remo - Fedele descrizione del "burocrate": colui che non capisce un tubo ! Ci lamentiamo tanto che non valorizziamo il ns patrimonio: ma se i diretti interessati (Beni Culturali) non lo fanno, se i pochi "pazzi" (come voi...) che ci provano e vengono guardati come ExtraTerrestri...allora di cosa ci lamentiamo/lamentate ?
- pasquale balice - Carissima Si.ga Mina Barone, credo che siate unici ed eccezionali nel scrivere notizie straordinariamente belle e interessanti, soprattutto se riguardano la storia, la cultura e tutto cio' che riguarda la nostra citta. Larticolo in questione e' emblematico e paradossale nel suo aspetto in quanto questi signori, privilegiati per il lavoro che svolgono hanno confuso una proprieta' privata con PUBBLICA. Perche' nn dare l'accesso e spiegare quantomeno il perche' del loro rifiuto, tutto cio' e' vergognoso e intollerabile,un BRAVI per il Vs. lavoro fatto di passione e competenza. p.balice
- BARINEDITA - Grazie mille per i complimenti signor Pasquale!