Tante storie e un giardino segreto: i tesori del seicentesco palazzo Gironda
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lunedì 24 ottobre 2016
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di Laura Villani
Pur essendo incastonato nel groviglio di viuzze del centro storico, questo piccolo tesoro è abbastanza facile da raggiungere. Partiamo dal lungomare. Da qui ci muoviamo camminando per un centinaio di metri lungo corso Vittorio Emanuele prima di svoltare in Strada dè Gironda, praticamente la prima traversa a destra. Ci lasciamo alle spalle tre isolati e quasi di fronte alla chiesa di San Michele Arcangelo, sulla sinistra al civico 22 troviamo il portone del palazzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A farci da Cicerone è Roberto Sublimi, membro dei Milella, la famiglia che da più di due secoli possiede la struttura, il cui piano terra in realtà è stato affittato da qualche anno a un noto pub del centro storico. «Fino al 1812 apparteneva ai Gironda, marchesi di Canneto che si erano stabiliti qui dal 1400 - racconta la nostra guida -. Furono loro a costruire gradualmente il Palazzo che sorse su alcune case già esistenti, innalzate già nel XIV secolo. Poco alla volta unirono e uniformarono i vari ambienti ambienti interni con un raffinato arredamento in stile rococò: tra questi c'era anche una cappella, ma non sappiamo dove fosse esattamente posizionata. L'opera fu completata con il bugnato esterno, il caratteristico rivestimento tuttora presente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Con il cambio di proprietà - continua Roberto - quella che era una delle tante residenze nobiliari dell'area si trasformò in un centro per la vendita dell'olio. I miei avi erano infatti dei commercianti che qui depositarono diverse cisterne e aprirono rivendite al dettaglio». Oggi l'immobile ha perso la vocazione mercantile ed è semplicemente composto da appartamenti privati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il rinascimentale portale d'ingresso celebra l'accoglienza con un'iscrizione latina sull'architrave: dum probus atque insons recta huc devotior hospes (“L’ospite è qui gradito purché giusto e senza colpa”). Ai suoi lati spiccano due medaglioni in pietra che ritraggono Iapige e Barione, due personaggi mitici legati alla fondazione di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varcata l'entrata calpestiamo un pavimento di ciottolato che immette nel cortile: qui parte una scalinata che conduce al primo piano. Lungo tutto il percorso si notano sui muri decorazioni a stucco che rappresentano soggetti mitologici. Pare infatti che uno dei marchesi Gironda facesse parte dell'Accademia dell'Arcadia, istituzione letteraria nata nel 1690 che prestava grande attenzione ai miti dell'antica Grecia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una volta salite le scale ci troviamo di fronte a due porte, una alla nostra sinistra e l'altra di fronte a noi. La prima conduce nelle ampie sale in cui dal 1935 al 1986 si è riunita la Polifonica di Bari: le stanze, luminose e col soffitto posto a sette metri di altezza, sono state appena ristrutturate e presentano un arredamento minimale con ricercati armadi a muro. Sul parquet dell'ultimo vano si apre una finestrella protetta da un vetro, al di sotto del quale si intravede una porzione del pavimento maiolicato originale del 600.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Torniamo indietro e oltrepassiamo l'altra porta: siamo nell'abitazione privata dei Sublimi. Uno dei vani che attraversiamo è quasi pronto per diventare una biblioteca in grado di accogliere parte dei migliaia di libri custoditi dai Milella. È l'ultima tappa prima di approdare nell'atrio che precede il giardino "segreto".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nella macchia verde ci si immerge passando sotto un loggiato, in realtà una quinta teatrale realizzata nel 700, mentre in lontananza si staglia la cupola della chiesa di Santa Teresa dei Maschi. Tra la fitta flora balza all'occhio un grazioso chiosco con un tavolino al centro. «Le piante che possiamo ammirare sono soprattutto essenze di agrumi - sottolinea Roberto -. Non sappiamo a quale epoca risalgono: potrebbero avere anche due secoli di vita».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Sublimi infine ci indica un rilievo in pietra, una sorta di stemma incluso in una nicchia. «Li è raffigurato un berretto frigio, simbolo della rivoluzione francese - conclude il signore -. Quella decorazione forse ha un significato particolare: potrebbe essere collegata alla cessione di una parte del Palazzo all'esercito napoleonico nel 1803». Un'ipotesi suggestiva: sarebbe infatti una preziosa testimonianza del passaggio tra queste mura delle truppe che sconvolsero l'Europa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)
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