di Gabriella Quercia

Mungivacca, lì dove giacciono 41 treni abbandonati: è il "cimitero dei rotabili"
BARI –  Lo chiamano “il cimitero dei rotabili” perché dal 2001 accoglie quarantuno tra vecchi e inutilizzati locomotori, carri merci, automotrici e carrozze delle Ferrovie sud-est, che riposano su binari morti della stazione di Mungivacca, quartiere di Bari. In attesa di essere demolite, le ormai scolorite vetture giacciono dimenticate alla mercè di graffitari e senzatetto. (Vedi foto galleria)

La piccola stazione sorge alle spalle del colosso scandinavo dell’Ikea, in una zona contrassegnata da tanti edifici abbandonati, come la discoteca Camelot, l’oleificio Sapio e la fabbrica di gelati Sanson.  E’ domenica quando decidiamo di andare a visitare il cimitero. La stazione è deserta, complice la sospensione del servizio nei giorni festivi. Entriamo da un piccolo cancelletto aperto, giriamo a destra e costeggiamo la biglietteria, la sala d’aspetto e un piccolo edificio, la cui architettura richiama quella di una chiesa: in realtà è una sottostazione elettrica che alimenta una porzione di linea ferroviaria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Percorriamo qualche metro prima di scorgere i primi locomotori “morti”. Dinnanzi a noi una sorta di bivio separa i binari in uso da quelli inutilizzati: il presente e il passato si intrecciano in una manciata di metri. Sulla sinistra tra gli alberi, ci sono i grandi tralicci della corrente elettrica che aprono la strada per i vagoni diretti a Triggiano e Valenzano, sulla destra invece, neanche troppo nascosti, sono fermi i vecchi treni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci avviciniamo percorrendo un dritto marciapiede, anche se il tragitto è intervallato da pezzi di binari tagliati e ormai arrugginiti sparsi qua e là. Erba spontanea si è fatta largo tra la ferraglia e sulla destra, un cumulo di macerie accantonate si nutre dei caldi raggi del sole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ormai di fronte ai rotabili. A vederli questi giganti di ferro sembrano quasi minacciosi, come se fossero un plotone d’esecuzione. Eppure non possiamo fare a meno di avere l’impressione di sentire i loro acuti e nostalgici fischi riecheggiare nell’aria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sono disposti su tre binari e sono quasi tutti colorati da graffiti disegnati da intraprendenti writers. La fila centrale è capeggiata dall'automotrice Breda - Aerfer Ad 52, posto più avanti degli altri. Probabilmente la sua livrea originale era di un bel rosso sgargiante, che il tempo ha trasformato in un arancione pallido e smorto. Dei vetri che una volta proteggevano l’abitacolo non resta più nulla, probabilmente distrutti dalla mano di qualcuno armato di sassi. Anche i fari, creatori di fasci di luce nelle sere più buie, divelti dalla loro originaria incastonatura, si incrociano in un insolito gioco di “sguardi”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Passiamo sui binari, costeggiando a fatica le vetture, poiché la breccia ha lasciato il posto a pietre ben più grosse. Decidiamo di salire su uno di questi vagoni. In ogni singola carrozza lo spettacolo che ci si presenta davanti ai nostri occhi è impietoso: alcune delle poltrone dei passeggeri sono state sradicate dal pavimento e gettate a casaccio sul pavimento, le più fortunate sono rimaste al loro posto, ricoperte da strati di polvere e pezzi di vetro, di altre ancora resta solo la struttura in ferro. Le tendine per ripararsi dal sole sono ridotte a brandelli, lacerate e ingiallite. Anche i tetti in lamiera sono stati tirati giù e lasciati crudelmente appesi, così come le porte che chiudevano le carrozze.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


In una delle cabine scorgiamo pezzi di legna, tagliati e lasciati lì probabilmente per essere accesi nelle notti più gelide. Poco più avanti è l’odore di legna bruciata recentemente e la visione di sassi anneriti dalla combustione che ci convince che qui qualcuno ha fatto di questi vagoni la propria casa. In un treno merci, più ermetico rispetto alle normali carrozze e quindi più caldo, un consumato e squarciato materasso azzurro è adagiato su un lato, tra cumuli di rifiuti e cassettoni rovesciati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Continuiamo a camminare tra i binari, incontrando spazzatura, pezzi di vetro, porte, sedili e imbottiture sventrate dagli interni delle carrozze. Intravediamo un locomotore Marelli - Reggiane BB 163 appartenente alle Fse. Il suo inusuale colore verdastro e i pezzi di vernice sollevati richiamano alla nostra mente il muschio. Curiosi finestrini a forma di oblò si incastrano in un’imperfetta ma sorprendente simmetria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A un certo punto un forte odore di gasolio penetra nelle nostre narici. Proviene da un vagone la cui salita è resa facile da piccoli gradini. All’interno un enorme groviglio di fili, cavi metallici si diramano su un grosso motore. Non riusciamo ad avvicinarci perché lo spazio è ridotto al minimo, lasciandoci una parziale immagine di questa informe creatura. Alle nostre spalle ci sono dei comandi, ma l’unico a cui riusciamo a dare un vago significato è il pulsante verde con su scritto “tromba”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nostro viaggio in questa “necropoli” ferroviaria sta per concludersi. Ma prima di lasciarla la nostra attenzione viene attirata da un insolito vagone: è infatti a due piani, più grande degli altri e decorato da sgargianti graffiti viola. Su una delle colonne laterali c’è scritto “pos 300”, dove “pos” sta per posti. Il piano di sopra, per quel poco che scorgiamo, è uno sfacelo di sedili sparpagliati e accatastati l’uno sull’altro. Il pavimento del piano di sotto è sommerso in buona parte dall’acqua e una bombola di gas è stata lasciata lì per chissà quale motivo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci allontaniamo, ma mentre ci avviamo verso l’uscita un cartello con uno slogan quasi beffardo cattura la nostra attenzione: c’è scritto “Investiamo nel vostro futuro”. E non possiamo fare a meno di pensare che al contrario alle nostre spalle, da quattordici anni, vecchie locomotive sono testimoni impassibili di un passato troppo ingombrante per essere smaltito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
La piccola stazione di Mungivacca
L'inizio dei binari morti sui quali si trovano i locomotori abbandonati
Una foto ravvicinata dei primi tre vagoni
Uno scatto d'insieme dei primi tre vagoni
I vagoni sono colorati da graffiti disegnati da writers
Alcuni disegni molto variopinti
Sedili ammucchiati all'interno di uno dei primi vagoni
Di molti posti a sedere resta solo la struttura in ferro
La tenda parasole squarciata e ingiallita dal tempo
Un pezzo di lamiera del soffitto sospeso nell'abitacolo
Pezzi di legna accatastati nella cabina di una locomotiva
All'interno di un carro merci un materasso semi distrutto è poggiato su un lato
Curiosi finestrini a forma di oblò si incastrano in un’imperfetta ma sorprendente simmetria
Sui binari, imbottiture sventrate dagli interni delle carrozze
Un treno modello BB 163. L'antico colore verdastro sembra quasi muschio
Un grosso motore dal quale si sprigiona odore di gasolio
I tasti di comando posti nell'abitacolo
I resti dei due piani del vagone



Gabriella Quercia
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  • Boris - Fa piangere il cuore vedere questi treni ridotti così. Ricordo quand'ero piccolo quando erano in funzione, ci ho viaggiato parecchie volte, ricordo ancora il rumore del motore e il loro bel colore arancione. Non meritavano di essere abbandonati così.


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