Turisti, erasmus e crocieristi: è Pane e Pomodoro, dove Bari diventa "internazionale"
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martedì 10 luglio 2018
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di Luca Carofiglio - foto Antonio Caradonna
Perché se vero che Bari già da qualche tempo è interessata da fenomeni migratori (la città pullula infatti di ucraini, russi, nigeriani, rumeni, cinesi, albanesi, mauriziani, indiani, bengalesi), è divenuta meta di turisti solo da qualche anno. Questo grazie alle navi che fanno tappa in città, ma non solo: sono in tanti a scegliere la Puglia per i propri viaggi e c’è chi approfitta per fare un salto nel capoluogo con il desiderio di esplorare il centro storico e assaporare la cucina locale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In molti poi tra una chiesa e un piatto di orecchiette, fanno sosta in quella che rappresenta la spiaggia più vicina al centro di Bari e uno dei pochissimi accessi al mare del centro abitato. Il tutto nonostante l'annoso problema dello scarico fognario, causa di inquinamento ogni volta che si scatena un temporale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È mezzogiorno quando decidiamo di andarci a fare un giro a Pane e Pomodoro. La nostra meta è affollatissima: i bagnanti sono circa 400, la metà dei quali viene fuori dall'Italia. (Vedi video)
Subito ci imbattiamo in un gruppo di gitanti spagnoli, intenti a parcheggiare le loro mountain bike. «Siamo scesi stamattina dalla nostra nave da crociera - spiega uno di loro, il 25enne Enrique -. La sosta era "obbligata" dal tour previsto dalla compagnia, ma non ci è affatto dispiaciuto visitare Bari Vecchia in bici e poi venire qui».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Salutiamo l'allegra combriccola, avvistando a poca distanza una famiglia russa che si sta sciacquando i piedi accanto a una fontana. Sono poco propensi a scambiare due chiacchiere, ma anche loro hanno l'aria di essere dei turisti in ferie. Ben più loquace è un'altra famiglia dell'est Europa che incontriamo nei paraggi: arrivano da Vilnius, capitale della Lituania. «Siamo in vacanza - racconta Casemiras, il capofamiglia, assieme alla moglie e alla figlia -. Avevamo voglia di visitare un posto sul mare dove si mangia bene: è stato fantastico vedere le signore che preparano la pasta tra i vicoli della città vecchia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Altrettanto socievoli sono i 25enni Marcos, Klaus e Raissa, tre ingegneri in erba stesi sui rispettivi teli da mare. «Proveniamo dalla Germania e dalla Spagna - dicono i ragazzi - e ci fermeremo per tre mesi in città per uno stage al Politecnico. Speriamo di non annoiarci: onestamente ci aspettavamo un po' più di movida durante la sera». Accanto a loro c'è un gruppetto di studenti Erasmus più soddisfatti. «Bari è una città molto allegra - sottolinea la francese Sharon, una componente del "drappello” -. E poi è raro trovare un posto dove dai un esame e dieci minuti dopo sei già in spiaggia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Continuiamo la passeggiata. Tra un ombrellone e l'altro fanno capolino alcune ragazze in topless, evidentemente straniere: difficilmente infatti le baresi si “svestono in pubblico” o perlomeno se lo fanno scelgono luoghi più appartati. Notiamo poi diversi bagnanti dalla carnagione bianchissima, cosa inusuale a queste latitudini, a luglio. C'è chi ha lo sguardo rivolto verso il telefonino, chi scatta semplicemente una foto, chi legge un libro all'ombra di un alberello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Osserviamo anche una signora dai tratti nordici che sta comprando un paio di occhiali da un venditore ambulante di colore e una donna africana intenta ad addobbare il capo di una turista con delle treccine. Perché qui a Pane e Pomodoro avviene l’incontro tra la Bari degli immigrati e quella dei turisti.
Passiamo accanto a un ragazzino mulatto seduto sulla sabbia, mentre da lontano, sotto un ombrellone dai colori vivaci, due donne e un bambino dalla pelle nera ci scrutano sorridenti. A poca distanza da loro c'è Aga, 27enne polacca giunta nel capoluogo assieme a un'amica con un volo low-cost. «Mi sono informata sulla città tramite Google - evidenzia la giovane -. Non mi aspettavo di trovare chissà quali attrazioni, ma per passare tre giorni di relax e buon cibo è una meta che va benissimo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci viene poi in contro Buva, 24enne senegalese ospite di una famiglia barese nell'ambito di uno scambio interculturale. È in compagnia di due ragazze, una connazionale e l'altra italiana. «In questa spiaggia vedo più stranieri che persone del posto - chiosa il giovane -. Poco male: sto facendo un sacco di amicizie e non vedo l'ora di apprezzare le opere d'arte della Puglia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
All'ombra di una pianta ci fermiamo per parlare un attimo con una signora slovacca, alla sua seconda vacanza in città. «Qui l'acqua è molto bassa - afferma la donna -, la situazione ideale per far divertire i miei due bambini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Incrociamo infine il bagnino, italiano ma anche lui di colore. «Siamo nella zona di mare balneabile più vicina al Porto e alla Stazione centrale - sostiene Alessandro, questo il suo nome -, ecco perchè i turisti che hanno fretta di farsi il bagno vengono qua. Alcuni di loro sono parecchio “vivaci”: esagerano con gli alcolici e si gettano in acqua a capofitto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Insomma, Pane e Pomodoro sta definitivamente abdicando al titolo di "spiaggia dei baresi". Un appellativo che sarebbe più giusto attribuire al Canalone, ben più a nord, dove ruote di focaccia, Peroni e l'amato dialetto locale regnano ancora incontrastati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Nel video (di Gianni de Bartolo) il nostro giro nella Pane e Pomodoro “internazionale”:
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Luca Carofiglio
Luca Carofiglio
Foto di
Antonio Caradonna
Antonio Caradonna
I commenti
- VITO PETINO - STORIA DEL NOME DA PANEPMMDOR A PANE E POMODORO A precisazione degli avvenimenti di quei primi anni 50, racconto l’evolversi della nascita e successivo trasloco della spiaggia “Panepmmdor”. Se non altro per assegnare a quei ragazzini di Japigia la paternità del rustico nome, e per ovviare ad alcuni refusi, come quello del ponte che scavalca la ferrovia in via Messapia, ponte pedonale che, se fosse esistito all’epoca, ci avrebbe risparmiato di scavalcare la staccionata di cemento della ferrovia su via Imperatore Traiano. La storia vissuta dai ragazzini, che hanno realizzato il sito originario della spiaggia nei primi anni 50 a sud del vecchio Lido Marzulli, va integrata col successivo interessamento di due di quei ragazzi che, in qualità di consiglieri del comune di Bari, avviarono l’iter burocratico relativo al nome da dare all’attuale spiaggia. Premessa Gli artefici che realizzarono nell’estate del 1954 la spiaggia di Panepmmdor, a sud del muro di cinta del vecchio lido Marzulli, furono i piccoli ragazzi dieci-quattordicenni della Quarta Traversa di Japigia, oggi racchiusa nel quadrilatero delle strade viale Japigia, via Magna Grecia, via Peucetia e via Daunia. Fra questi in primis Pasquale Abrescia, poi agronomo della Regione Puglia e consigliere comunale, e io, poi geometra e consigliere circoscrizionale di Japigia-Torre a Mare. I nostri ruoli istituzionali, successivamente conseguiti, influirono in qualche misura nella successiva fase di dare un nome alla spiaggia a nord dell’attuale doppia carreggiata, tratto del lungomare Perotti, sorto dove una volta c’era il Lido Marzulli, a sud del quale c’era la nostra Panepmmdor originaria. Pane e pomodoro sud Con i compagni della Quarta traversa contribuimmo fattivamente a realizzare il campo da calcio di via Magna Grecia, dove per anni si sono disputati accaniti tornei gestiti dall’Uisp di Vincenzo Lanza. Ho avuto, quindi, il privilegio di far parte di quei ragazzi di Japigia anni ’50, ben educati e appartenenti a famiglie di brava gente, quasi tutte con un solo stipendio. Anche se a dirla tutta eravamo ragazzi che della strada avevamo fatto la nostra università di vita, ma non nel senso odierno, di ragazzacci di strada. La marachella più grossa che si commetteva era quella di infilarsi sotto il fil di ferro spinato delle campagne intorno alle nostre case per “rubare” finocchi, fioroni, mandorle, gelsi o qualche altro frutto maturo, che consumavamo sul posto, se non inseguiti dai contadini, che non andavano mai oltre lo spaventarci. Trascorrevamo le giornate fra partite di calcio, giochi di comitiva come “staccio”, “palla mazzaridd”, “nascondino” a cui partecipavano attivamente le ragazzine, soprattutto di sera, con gli iniziali approcci che ci davano i primi sobbalzi al cuore; caccia grossa a lucertole e scorzoni, a poveri uccellini nei prati intorno alle nostre case; eravamo cattivi, selvaggi, noi adolescenti d’allora con gli indifesi animaletti; e infine il passatempo più bello per l’intera estate, i bagni a mare, che facevamo, come già accennato, a sud del Lido Marzulli dove creammo la nostra “Panepmmdor”. Pane e pomodoro nord Anni dopo andavo spesso a trovare il dottor Pasquale Abrescia nel suo ufficio della Regione al primo piano; ufficio che gli ho sempre invidiato, perché vi si godeva una delle più belle viste sul nostro splendido Lungomare. L’ultima volta che sono stato da lui nel Palazzo dell’Agricoltura, dove svolgeva mansioni di agronomo, era giugno del 2008. Guardavamo la gente che affollava Pane e Pomodoro attuale, quando nei nostri occhi passò tutta la vicenda burocratica di quel nome riciclato per la spiaggia realizzata e strutturata, così come oggi è, dal Comune alla fine degli anni 90. Ricordammo la nostra Panepmmdor più a sud, e realizzammo in quel momento di essere stati fra il gruppo di ragazzi che “fondarono” la spiaggia dal nome originale. Il dottor Abrescia era stato Delegato Sindaco del rione Japigia per un decennio, prima che fossero istituite le circoscrizioni a Bari. È stato negli anni 80, lui Consigliere Comunale, io Circoscrizionale per Japigia-Torre a Mare, che l’amministrazione De Lucia cominciò a pensare a un progetto per una spiaggia libera attrezzata lungo la striscia di sabbia creatasi fra la strada a doppia carreggiata ultimata e il mare; striscia che la gente del popolino cominciò a occupare nei mesi estivi per abbronzarsi e immergersi in acqua, come noi negli anni 50 più a sud. Allora come in passato, da Japigia veniva gente con quella che è la tradizionale colazione da mare della gente con pochi soldi, il pane col pomodoro. Il dottor Abrescia, impegnato dalle sue pratiche d’ufficio, mi suggerì di preparargli una relazione con la nostra storia di ragazzini, che avrebbe portato in commissione comunale per proporre alla nuova spiaggia il nome di Panepmmdor. Non è che io avessi tempo da perdere, ma con la mia libera professione di geometra, fra cantieri e studio, avevo più libertà d’azione, e misi giù l’istanza, che altri poi provvidero a portare avanti, sino all’approvazione in consiglio del nome definitivo da dare alla spiaggia. La nostra iniziativa nulla toglie all’incarico professionale che la giunta De Lucia affidò all’esimio architetto Gianvito Spizzico per la sistemazione definitiva della spiaggia a cui dette logo e nome italianizzato di Pane e Pomodoro. Anni dopo scrissi alla Gazzetta per far riconoscere la nostra paternità storica, relativa al vecchio nome di Panepmmdor, merito comunque di tutti i ragazzi di quella meravigliosa estate del 54, che poi eran quelli che giocavano a calcio nel cortile interno alle palazzine I, L e H, chiamati “I ragazzi del campo Bianco”, per il fondo in polvere di tufo di quel campetto irregolare come la pista di un autodromo da formula 1. Ed eccoli elencati quasi tutti i ragazzini d’allora divisi per palazzine in senso orario sulla planimetria, allegata con alcune foto d’epoca. Palazzina I/1 Nicola e Gino Botta, Gianni Nicola e Gino Mastrangelo, Peppino e Romano Fiore, Giovanni Costantino, Francesco Fernando e Carmelo Angelico, Ninni e Mimmo Langianese, Pinuccio Cafagno; palazzina I/2 Attilio e Vito Schepsi, Feluccio Peppino Mimmo Romeo Maurizio Silvana e Flora Clarelli, Giusy e Marco Caputo, Rosanna e Massimo Ranieri, Giampetruzzi, Danese, Vincenzo e Raffaele Clarelli, cugini dei precedenti; palazzina I/3 Gigi e Tonio Melcarne, Michele D’Urso, Nicola Pasculli; palazzina I/4 Nicola Paparella, Saverio Vincenzo Mimmo e Nicola Lisco, Mimmo Maria e Franco Cesario, Peppino Mimmo Michele Angelo Anna Annoscia, i Langianese, Mimmo Varrese; palazzina I/5 Alberto Ninetta Rosetta Tagliola, Tonino e Michele Dentico, Gildarosa Dabbicco, Mimmo Tommaso Rina e Tonia Cellamare, Vito e Michele Petino, Enzo Manzo; palazzina I/6 Lorenzo e Franchino Castelletti, Michele Lorusso, Pasquale Carella, Federico Padovano, Agnello e Giorgio Zoppo; palazzina L/1 Giovanni e Rosetta Ruggero, Giovanni Attolico, Sabino Mongelli, Pasquale e Nicola Abrescia, Gino e Annetta Lorusso, Enzo e Mario De Bellis; palazzina L/2 Michele e Nicola Galletta, Gianni Di Bari, Lello e Gino Pignatelli, Gianni La Carbonara; palazzina L/3 Nicola Cazzorla, Pierino Coletta, Saverio Chimenti, Pinuccio e Mario Scolozzi; palazzina H/1 Toruccio Silvano e Nicola Rinaldi, Nicola e Gino Zambetta; palazzina H/2 Lello Lillino e Gianni Fiore, Feluccio e Mario Minerva. Qualche nome è sfuggito, ma anche loro hanno contribuito a creare Panepmmdor. Ho visto Pasquale Abrescia il 6 settembre del 2008, giorno del suo compleanno. Non pensavo fosse l’ultima volta che ci abbracciassimo. Due mesi dopo è venuto a mancare. Caro Pasquale, quegli anni indimenticabili non si scordano più…